di Luca Brancher (articolo in partnership con Tennis.it)
Proponiamo un articolo similare a quello già pubblicato per l’ambito maschile, che ha come oggetto un’analisi numerica di quanto avvenuto nella stagione da poco conclusa nel circuito WTA
Roma – Essere la numero 1: un sogno quello che sta vivendo la danese Caroline Wozniacki, in parte rovinato da quella pecca che già, in precedenza, aveva messo in dubbio la reale consistenza della leadership di alcune sue colleghe, come Jelena Jankovic oppure Dinara Safina. La mancanza di un titolo Slam. La giovane tennista nata a Odense da padre polacco però può sempre far riferimento al fatto che da poco ha compiuto i 20 anni, che, nel tennis attuale, la fa comparire come una mosca bianca: c’è tempo, insomma, per dare tono a quel palmares che al momento è privo di titoli major. Tuttavia Caroline, a parte ciò, in questo 2010 già si è tolta diverse soddisfazioni, che le hanno permesso di apporre sulla sua testa la corona mondiale.
Per cominciare i suoi 6 titoli in ambito Wta non sono stati eguagliati, e tantomeno superati, da nessuna giocatrice, sebbene nella prima parte di stagione Caroline potesse vantare soltanto la vittoria nel torneo Internationals di Ponte Vedra. Dopo aver fatto bottino pieno nella novità di calendario di Copenaghen, la stagione di Wozniacki è definitivamente decollata, dato che da quel momento in poi, nei restanti 6 tornei a cui ha preso parte – escludiamo sempre in questi riepiloghi il Masters di fine anno, avendo natura di competizione di tutt’altro genere – ne ha conquistati ben 4, tra cui il “Premier Mandatory” di Pechino, i “Premier 5″ di Tokyo e di Montreal e il “Premier” di New Haven. Una piccola digressione, però, sulle varie tipologie delle manifestazioni femminili, a questo punto, mi pare doverosa. Infatti, oltre alle consolidate quattro prove Slam (72.176 i punti assegnati), il circuito femminile ha fondamentalmente diviso in due tronconi le rimanenti 51 prove stagionali: quelli più importanti rientrano nella categoria Premier, i restanti sono riconoscibili, invece, dall’etichetta di Internationals. Questi ultimi sono ben più numerosi, con 32 prove (45.951), mentre le restanti 19, le Premier appunto, vengono ulteriormente diversificate nel loro grado di rilevanza. Dopo gli Slam, le competizioni di Indian Wells, Miami, Madrid e Pechino sono i tornei di spicco, chiamati infatti Mandatory (ovvero Obbligatori, con 28.610 punti in palio), seguiti dai Premier 5 (28.716), ovvero le 5 kermesse di Dubai, Roma, Cincinnati, Montreal e Tokyo, per chiudere con i 10 semplici Premier (24.079), la categoria meno prestigiosa. Tornando alla Wozniacki, quindi, notiamo come dei suoi 6 successi, ben 3 rientrino tra Premier Mandatory e Premier 5, il che le permette di affermare come, nelle manifestazioni appena al di sotto degli Slam, abbia comunque fatto emergere il suo valore. Ma non c’è soltanto il numero delle prove vinte a suggellare il dominio perché Caroline, in barba all’usanza che non vorrebbe la giocatrice dominante anche maggiormente impegnata, è sia la prima nel ranking delle partite vinte, con 60 acuti – e fino a qui ci può stare – ma è anche la leader della graduatoria delle partite disputate, con 75 presenze singole in campo. E questo dato, in realtà, è piuttosto sorprendente. Per riassumere potremmo dire che la sua leadership si è trasformata, col tempo, da quantitativa a qualitativa, ed ora la danese di Odense dovrà provare a sporcare quel tassello ancora candido di prove dello Slam vinte. Melbourne è la prossima, ghiotta, occasione.
Insomma, tanta Wozniacki, ma chi c’è alle sue spalle? Nel numero di partite giocate, e di vittorie, spunta il nome dell’israeliana Shahar Peer. Curiosa la vicenda della 23enne di Gerusalemme, visto che quest’anno, a differenza del precedente, non è stata capace di aggiudicarsi alcun titolo (contro i 2 datati 2009), eppure, a fine 2010, vanta un bel +18 nel saldo delle posizioni scalate in classifica, garantendosi in questa maniera il best ranking di 13esima giocatrice al mondo. A questo risultato hanno sicuramente contribuito i 68 match disputati, con ben 47 vittorie, che le hanno consentito di raggiungere la finale nel torneo di Hobart e ben 6 semifinali – primato stagionale WTA – tra Auckland, Dubai, Stoccarda, Madrid, Pechino e Osaka. Una continuità disarmante, durata tutto il 2010, che non poteva che spingerla così in alto in classifica. A 68 partite giocate, alla pari quindi di Peer, rinveniamo anche la nostra Flavia Pennetta, la quale meriterebbe un premio Stakhanov se venissero considerate anche le partite giocate in doppio, dove la pugliese è stata una delle regine di specialità; Flavia stacca di tre lunghezze un’altra tennista azzurra, Sara Errani, mentre si ferma a 63 Vera Zvonareva reduce da una stagione straordinaria. Per quanto concerne Errani va ricordato che il suo quarto posto nel ranking delle tenniste che hanno giocato il maggior numero di sfide è indissolubilmente legato ad un altro primato che la tennista romagnola ha conquistato nel corso della stagione appena conclusa, ovvero il numero delle manifestazioni cui ha preso parte, ben 29, una in più dell’eterna statunitense Jill Craybas e della bielorussa Olga Govortsova e due sopra all’australiana di recente acquisizione Anastasia Rodionova.
Vera Zvonareva, invece, ha concluso al secondo posto la migliore stagione della sua carriera, in cui ha saputo conquistare il primato, forse non così edificante in verità, nella graduatoria delle pluri- sconfitte in finale, con 5 (Charleston, Wimbledon, Montreal, U.S. Open e Pechino), a fronte dell’unica vittoria nell’Internationals di Pattaya, in Thailandia. Un 1-5 piuttosto mortificante per una giocatrice come Vera, che però non può togliere valore alla qualità del tennis da lei messo in campo in questi mesi: alle sue spalle, a quota 3 finali, c’è Maria Sharapova (Birmingham, Stanford e Cincinnati). Queste tenniste dovrebbero prendere esempio da Kim Clijsters, che nella sua prima carriera, prima del concepimento di Jade, era riconosciuta come una giocatrice che spesso si arrendeva in finale, mentre ora, nella sua nuova vita, è divenuta mefistofelica, come dimostrato dal suo record di 4-0, che le è servito per aggiudicarsi le corone di Brisbane, Miami, Cincinnati e U.S. Open. Tornando invece a discettare attorno alle vincitrici, dopo questo inciso su Clijsters abbiamo compreso come, delle 55 prove 2010, ben 10 siano finite tra le braccia della coppia belga-danese, mentre diverse sono state le doppiette. Le autrici, in rigoroso ordine alfabetico, sono Victoria Azarenka (Stanford, Mosca), Elena Dementieva (Sydney, Parigi), Justine Henin (Stoccarda, Hertogenbosch), Alisa Kleybanova (Kuala Lumpur, Seoul), Aravane Rezai (Madrid, Bastad), Francesca Schiavone (Barcelona, Roland Garros), Maria Sharapova (Memphis, Strasburgo), Agnes Szavay (Budapest, Praga), Serena Williams (Australian Open, Wimbledon) e Venus Williams (Dubai, Acapulco). Nell’elenco sopra riportato c’è da segnalare la performance della russa Kleybanova, perché a Kuala Lumpur ha festeggiato il primo successo WTA assoluto, come accaduto anche a Mariana Duque-Marino (Bogotà), Julia Goerges (Bad Gastein), Jarmila Groth (Guangzhou), Kaia Kanepi (Palermo), Alla Kudryavtseva (Tashkent), Ekaterina Makarova (Eastbourne) e Anastasija Sevastova (Estoril). Alona Bondarenko (Hobart) e Tamira Paszek (Quebec City) sono risalite sul gradino più alto del podio a distanza di quattro anni dalla prima volta, mentre Iveta Benesova ha bissato a Fes il suo unico successo, quello di Acapulco, risalente addirittura al 2004.
Una giocatrice che vince pochi tornei, rispetto al tennis che è in grado di mettere in campo, è indubbiamente l’australiana Samantha Stosur, che attualmente in bacheca vanta solo i titoli di Osaka (2009) e Charleston (2010), nonostante da tempo sia tra le giocatrici che possono assolutamente sbaragliare la concorrenza in ogni torneo. Su questo incide probabilmente l’incapacità di esprimersi al meglio nei momenti che contano, come sottolinea il peculiare record di ben 6 sconfitte ai quarti di finale (Miami, Madrid, San Diego, New Haven, U.S. Open e Osaka), uno in più rispetto a quanto fatto da Dominika Cibulkova (Auckland, Sydney, Hertogenbosch, U.S. Open e Mosca), Kaia Kanepi (Memphis, Birmingham, Wimbledon, U.S. Open e Tokyo), Nadia Petrova (Australian Open, Charleston, Roma, Madrid e Roland Garros) e Sara Errani (Bogotà, Varsavia, Birmingham, Palermo e Linz). Poteva essere invece la sorpresa a tutto tondo di questo 2010, Aravane Rezai, ed invece la transalpina lo è stata solo in parte, soprattutto in quella settimana di metà maggio, quando ha sorpreso tutti mettendo in bacheca il titolo del “Premier Mandatory” di Madrid, bissato successivamente con quello meno prestigioso di Bastad. Eppure la transalpina avrebbe le qualità per potersi regalare risultati più confortanti, certamente più di quanto non emerge da un dato allarmante, vale a dire le 13 eliminazioni al secondo turno nelle 25 manifestazioni cui ha preso parte, tra cui tre Slam (Australian Open, Wimbledon e U.S. Open). Il primato più triste, però, spetta alla bielorussa Olga Govortsova, che in ben 17 occasioni si è arresa al primo turno, su 27 presente nei main draw WTA, cui c’è da aggiungere anche la sconfitta al secondo turno, dopo bye al primo, nella competizione di Birmingham. Tuttavia la finale a Ponte Vedra e il terzo turno a Dubai hanno concesso a Olga di rimanere nella top-100 WTA nonostante l’annata nera, soprattutto dal mese di aprile in avanti, momento dal quale non è più riuscita a vincere due incontri consecutivamente.
Tra le tenniste meglio distintesi in qualificazione si fa largo la sagoma, non propriamente di primo pelo, dell’ungherese di Germania Greta Arn, a segno in 8 tornei, su 13 tentativi, con una striscia di cinque qualificazioni consecutive ottenute nelle prime kermesse dell’anno (Bogotà, Acapulco, Fes, Roma e Varsavia), prima di perdere alcuni colpi, che non le hanno impedito di portare comunque a a termine la missione a Wimbledon, Cincinnati e Tokyo. Fatiche che le sono valse il rientro nella top-100, anche se a questo primato non può affiancare quello relativo al numero di singoli successi, perché le sue 24 vittorie vengono superate dalle 25 dell’iberica Nuria Llagostera Vives, che si è però fermata a quota 7 accessi al tabellone principale. La greca Eleni Daniliidou e la sudafricana Chanelle Scheepers sono invece le giocatrici col maggior numero di sconfitte nei tornei secondari, ben 15, con 17 tentativi totali portati dall’europea e 18 dall’africana. Da questo punto di vista, allora, ha fatto peggio la francese Severine Beltrame, con 13 fallimenti su 13 approcci. Chi ride, invece, è la 20enne russa Anastasia Pivovarova, unica giocatrice ad essere stata ripescata in 2 occasioni in questa stagione (Wimbledon e Palermo), sebbene in entrambi i casi sia poi stata sconfitta al primo turno. Non sono state molte le volte in cui si sono verificati dei ripescaggi: solo 29 in 55 tornei, con Jarmila Groth (Estoril) e Varvara Lepchenko (Ponte Vedra) ad aver ottenuto il risultato migliore, vale a dire un quarto di finale. Per il resto 7 sconfitte al secondo turno e 20 al primo. Meglio è andata alle 203 tenniste che sono state accreditate di wild card, sebbene la maggior parte di queste (125) sia stata eliminata al primo turno. In ben 7 casi la giocatrice invitata si è aggiudicata la kermesse, ma il discorso, visto il valore delle trionfatrici, è il medesimo già affrontato in campo maschile: Justine Henin (Stoccarda e Hertogenbosch), Victoria Azarenka (Stanford), Ana Ivanovic (Linz), Na Li (Birmingham), Maria Sharapova (Strasburgo) e Yanina Wickmayer (Auckland) non sono propriamente atlete di secondo piano. Justine, inoltre, è stata la maggiore beneficiaria di wild card, assieme all’australiana Alicia Molik, con 6 inviti (Brisbane, Hobart, Australian Open, Kuala Lumpur, Indian Wells e Miami).
In chiusura, per mantenere vivo il parallelo con quanto elaborato nel maschile, valutiamo infine quale sia stato l’anno di nascita con maggiori titoli all’attivo: c’è un ex-aequo, tra il 1990 – le sei perle di Wozniacki cui accorrono in aiuto Paszek e Sevastova – e il 1987 – due volte Sharapova e Rezai, oltre a Kudryavtseva, Chakvetadze, Ivanovic e Groth – che hanno raggiunto quota 8, un successo in più rispetto al 1983 e al 1989. Situazione equilibrata, che vede agli estremi Anastasia Pavlyuchenkova, nata il 3 luglio del 1991 – come atleta più giovane – e Tamarine Tanasugarn, che ha compiuto 33 anni il 24 maggio. Per la thailandese, però, vincere non è di certo una novità, dato che vi è riuscita per il terzo anno di fila
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