(Martina Hingis e Steffi Graf durante la premiazione del Wta Championships del 1996)
di Salvatore Greco
Un giorno di fine novembre a New York, mancano due giorni al Ringraziamento e il Madison Square Garden è gremito. Non per una partita dei Knicks, né dei Rangers. Al posto del ghiaccio o del parquet, c’è un tappeto di 23,77 x 10,97 metri di un vivace blu elettrico con qualche linea e una rete in mezzo. Sul campo, al posto dei giganti del basket o dei guerrieri sdentati dell’hockey, una donna di 27 anni dall’aria saggia e una ragazzina di 16 anni con la faccia da furbetta. Insomma, siamo a fine novembre al Madison Square Garden e si sta per giocare la finale dei WTA Championships tra Steffi Graf e Martina Hingis. Ah, è bene ricordarlo, siamo nel 1996, ma se vi venisse il dubbio basta chiudere un attimo gli occhi e concentrarvi sul chiacchiericcio della gente: parlano dell’ultima puntata di Friends, qualcuno cerca un telefono a gettoni, un ragazzino chiede alla madre di comprargli le Big Babol.
Insomma è pieno di gente più o meno appassionata che è venuta a vedere la finale delle finali del tennis femminile. La partita che chiude la stagione e che vale quasi quanto uno slam. Qualcuno borbotta un po’ perché è una finale tra una tedesca e una svizzera, le americane in finale non ci sono arrivate. La beniamina, Monica Seles, è uscita subito dal tabellone in una partita che praticamente non c’è stata: ritiro sul 4-5 contro la giapponese Kimiko Date per un problema alla spalla che l’ha costretta a fermarsi. E poi Lindsay Davenport, questa ragazza di vent’anni ancora non esplosa come prometteva, che è stata eliminata proprio da Steffi Graf ai quarti di finale: 6-4 7-6 senza storia.
Mentre Steffi entra in campo, gli applausi scrosciano pressoché unanimi: è la tennista più forte del mondo, ha praticamente dominato per quasi un decennio e ha conquistato ventuno trofei dello slam, quasi un record assoluto nell’era open. E poi quest’anno ha sfiorato di nuovo il Grande Slam: ha vinto il Roland Garros, ha vinto Wimbledon e ha vinto pure lo US Open in finale contro Monica Seles, se solo l’avesse giocato avrebbe probabilmente vinto anche l’Australian Open. Insomma, quasi imbattibile la seriosa tedesca. Certo, qualcuno borbotta, se non ci fosse stato Gunter Parche chissà dove saremmo… È vero, lì sugli spalti, lo pensano tutti, chi più chi meno. Senza l’accoltellamento della Seles di qualche anno fa forse parleremmo di un tennis diverso. Ma, si sa, i conti con il passato si fanno e basta, non si può chiedere indietro nulla.
Intanto entra anche Martina Hingis, il peperino che viene dalla Svizzera -anzi, dalla Slovacchia- ma il passaporto ormai dice Svizzera da tempo. È molto carina Martina, con i capelli corti e quello sguardo radioso che promette un grande, grandissimo, futuro. Quest’anno ha già fatto vedere grandi cose, intanto -come se fosse poco- ha vinto Wimbledon in doppio (a sedici anni!) assieme alla ceca Sukova (foto a sinistra), è arrivata in semifinale agli US Open dove ha perso proprio da Steffi Graf, a Filderstadt un mesetto fa ha conquistato il suo primo trofeo, battendo in finale Anke Huber, ed è entrata in top ten. E poi questa settimana incredibile dove, zitta zitta, questa ragazzina che corre come un furetto ha spazzato via Kimiko Date e poi anche Iva Majoli prima di arrivare qui, oggi, a contendere il trono alla regina.
Iva Majoli, Kimiko Date, Amanda Coetzer… Tanti nomi che girano tra le bocche degli spettatori che, in attesa che inizi il match, fanno un po’ un resoconto della settimana. Provate a immaginare, sicuramente c’è un signore seduto nelle file davanti che racconta a quelli vicino a lui com’è andato in generale il torneo. Si riesce quasi a vederlo, ha un taccuino fitto fitto di appunti, ma non è un giornalista, dice, solo un grande appassionato con il pallino per le statistiche. Parla a chi lo ascolta di Conchita Martinez, che qui ha perso un po’ a sorpresa dalla Majoli, una diciannovenne jugoslava -pardon, croata- molto in gamba, per 7-6 7-6. No, lui di certo non se l’aspettava. Anche se… E poi c’era Jana Novotna che ha vinto il primo turno contro la piccoletta sudafricana, Amanda Coetzer, per 6-4 6-1 e poi la Arantxa Sanchez Vicario che quest’anno è arrivata in finale sia a Wimbledon che a Parigi. La Novotna, d’altro canto, è una grande doppista, ma a giugno ha raggiunto anche la semifinale in singolo al Roland Garros. E qui al Madison Square Garden ha fatto penare per un set la Graf che poi ha vinto 4-6 6-4 6-3 e oggi ce la troviamo qui.
Qualcuno lo chiede di certo: e la Sabatini? E di sicuro l’uomo con il taccuino ora lo vediamo sorridere affabile e intenerito, quasi fosse sul punto di confessare a un bambino che Babbo Natale non esiste. La Sabatini, gli dice, si è ritirata un mesetto fa dopo il torneo di Zurigo. Lui infatti l’ha vista qualche giorno fa sul campo, ma in abito da sera e non in tenuta da tennis, era venuta a dire addio al circuito, a soli 26 anni e con uno US Open nel palmares.
Ora però l’arbitro chiama il tempo, il riscaldamento è finito ed è ora di iniziare. Il brusio cala improvvisamente e l’uomo con il taccuino si mette in posizione molto attenta.
La Graf serve per prima e inizia una vera e propria danza. Steffi con il diritto mette la palla praticamente dove vuole, ma la Hingis è una scheggia, ribatte colpo su colpo e a rete mostra dei riflessi incredibili. Non è facile farle punto. Il set va via regolare, segue i servizi, fino a quando la Graf non strappa un break sul quattro pari. La Hingis perde un po’ la concentrazione e poi anche il set. 6-4.
Ora serve per prima Martina che sbaglia tantissimo e regala il break alla Graf. Ma la tedesca non ne approfitta e da lì inizia un valzer di break e controbreak con la Graf che aumenta la potenza dei colpi perché vuole chiudere in fretta, la finale dei Championships è l’unica partita dell’anno che si gioca al meglio dei cinque set e nessuna è mai sicura che il fisico tenga così tanto senza esserci abituato. Ma i colpi forti e meno lavorati della Graf paradossalmente la portano a sbagliare qualcosa in più. La Hingis è lì, regolare, tranquilla e sul 5-4 in suo favore strappa l’ennesimo break e si porta a casa il secondo set 4-6.
Quello che succede nel terzo è una storia incredibile. Steffi Graf inizia un po’ incerta, porta il primo turno di servizio ai vantaggi, ma poi compone un’opera con una nota sola e chiude il set senza cedere un game 6-0.
C’è stupore sugli spalti, ma perlopiù la sensazione che ormai sia quasi finita. Sì, ok, la Graf ha perso un set, ha avuto fretta, ma dopo questo 6-0 il quarto sarà un’altra passeggiata. E poi la Hingis ha 16 anni, come si metabolizza a 16 anni una botta del genere?
Il quarto set inizia con la Hingis al servizio e lo tiene, nonostante un doppio fallo (dubbio, i fischi piovono dagli spalti sui giudici). Se annichilimento dev’essere, sembra che sia ancora per strada. Secondo game, serve la Graf e Martina ottiene un insperato break e lo conferma con qualche difficoltà vincendo pure il terzo game. 3-0 Hingis; dopo aver perso 6-0 non è affatto male, il pubblico attorno si esalta davvero. La Graf tiene il turno di servizio successivo, ma sembra affaticata e un po’ confusa, la Hingis c’è eccome e lo dimostra tenendo il servizio dopo un game interminabile. Si va sul 4 a 1. E a questo punto la partita si fa incredibile, la svizzera si esalta e lo stadio con lei. Strappa un altro servizio alla Graf e va avanti 5-1. Steffi sembra non capirci più nulla, è rintronata e stanca, il suo sguardo ha perso la classica flemma e tradisce una certa preoccupazione. Ma 21 slam non si vincono per caso e infatti Steffi Graf ricomincia a giocare come sa, tirando colpi degni dell’accademia della balistica e riesce a recuperare fino al 5-4, mandando la Hingis un po’ in frustrazione e approfittando nel nono game dei crampi che quasi bloccano la svizzera. Ora la Graf serve per completare l’epica rimonta, ma Martina Hingis ricomincia a correre come se non ci fosse un domani, annulla sette palle del cinque pari e alla seconda palla break conquista il set.
E qui si entra nell’epico, lo sanno tutti al Madisone Square Garden. Potete scommetterci, se qualcuno finora poteva essersi distratto ora c’è spazio solo per l’attesa di questo quinto set. Al diavolo Friends, al diavolo il tacchino, una folla intera vuole capire chi ne uscirà vincitrice dopo quattro set incredibili, di certo un pronostico adesso è impossibile.
Il set inizia, la Hingis serve per prima, ma è visibilmente stanca e la velocità mostrata fino a qualche minuto fa sembra un lontano ricordo. La Graf lo intuisce e conquista il break con facilità. La partita perde un po’ di spettacolarità, tanti errori, doppi falli, la stanchezza è palpabile. Ed è in circostanze come queste che l’esperienza di una campionessa matura vale più del talento e della freschezza: Steffi Graf snocciola un game dopo l’altro e vince un altro set, come il terzo, senza lasciare le briciole. Finisce 6-0. Game, set, match Graf.
Che dire? Uno spettacolo straordinario vinto da quella che è ancora la giocatrice più forte del mondo. Domani i giornali sportivi apriranno parlando di scontro generazionale, forse chi oggi è al Madison Square Garden non li leggerà, al massimo ci ripenserà mentre compra -stavolta davvero- il tacchino, penserà forse di aver visto una partita che diventerà storica tra una campionessa ancora all’apice e una promessa notevole. E chi può dar loro torto? Questa sera al Madison Square Garden è certo che la stella di Steffi Graf non è ancora tramontata, ma quella di Martina Hingis è appena sorta e pare lucentissima. Chissà se il futuro ci darà ragione, intanto buona giornata dal 1996.
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