Nella notte tra venerdì e sabato Serena Williams è tornata a vincere un match nel torneo di Indian Wells, boicottato per quasi tre lustri dalle due sorelle Williams che da giovani ritenevano quella manifestazione come quella di casa e grazie alla quale hanno iniziato a costruire le fondamenta delle loro strabilianti carriere. Il secondo turno (al primo, come tutte le 32 tds, ha usufruito di un bye) contro Monica Niculescu presentava più di un’insidia: la rumena è una giocatrice atipica, dotata di un dritto sempre “choppato” dai rimbalzi irregolari che spesso manda fuori palla le avversarie; se la si lascia entrare nello scambio non riuscendo a dominarla con la potenza dei colpi, può risultare assai fastidiosa da affrontare. La Serena giunta in California non è al top della forma (lo dimostrano immagini prese durante l’allenamento di giovedì che la ritraggono nel momento in cui viene trattata da fisioterapisti prima ancora che la sessione giungesse al termine), ma mai avrebbe dichiarato forfait, dal momento che è stato proprio quello l’evento scatenante dei tristi fatti del 2001 quando, al termine della vittoria in rimonta su una giovane Clijsters, riferì: “Piansi per ore negli spogliatoi dopo quella vittoria e guidai fino a Los Angeles con la sensazione di aver subito la più grande sconfitta, non in una partita di tennis ma nella battaglia per l’uguaglianza”.
Sono passati anni e da quando ha annunciato a inizio 2015 l’intenzione di voler accettare la wild-card per il torneo l’attenzione di organizzatori, tifosi e addetti era tutta su di lei; la Williams ha dichiarato: “Sono fortunata ad essere arrivata ad un punto della mia carriera nel quale non devo dimostrare più nulla. Gioco per il piacere di farlo. Ho una nuova consapevolezza del vero significato del perdono e ritornerò orgogliosamente ad Indian Wells”. Le sue dichiarazioni, alle quali hanno fatto eco parole di elogio da parte di atleti come LeBron James e Maria Sharapova, sono parse assolutamente sincere e il match di ieri l’ha dimostrato: non è scesa in campo per se stessa, ma ci teneva a portare a casa almeno una vittoria davanti a quel pubblico che l’ha profondamente ferita. Nonostante la sua figura di atleta plurititolata e dal gioco oltremodo aggressivo sia spesso accostata a quella di una pantera, ieri è parsa in primo luogo una donna matura, vogliosa di fare pace con il proprio passato e con quel pubblico, mostrando ancora una volta la sua grandezza come persona ed atleta. Proprio gli Stati Uniti sono stati il palcoscenico degli episodi che più ne hanno segnato l’immagine in modo negativo, come appunto l’episodio a Palm Springs del 2001, le minacce al giudice di linea in occasione della semifinale a New York nel 2009 contro la Clijsters e le dure parole contro la Azderaki sempre agli Us Open nel 2011 in finale contro la Stosur. Se nel mondo doveva scegliere un posto in cui mostrare come i grandi atleti possano essere da esempio per tutti, prima a livello di umanità piuttosto che di gesti tecnici, quello è senza dubbio Indian Wells: come lei stessa ha confessato nell’intervista post match, i giorni precedenti al debutto di ieri notte sono stati caratterizzati da ansie e paura di non essere perdonata dal pubblico, e le emozioni hanno preso il sopravvento man mano che la partita d’esordio si stava avvicinando. Una volta entrata in campo però è stata accolta da calorosi applausi, grida di incoraggiamento e ammirazione per i tanti titoli vinti e per le peripezie vissute durante la sua vita di donna ed atleta che è riuscita a superare grazie all’aiuto della famiglia, dei fan di tutto il mondo e della fede.
Il match non è iniziato nel migliore dei modi, in quanto l’americana è parsa contratta in particolare da fondo e il diritto, colpo che più spesso rischia di perdere, ha faticato ad ingranare; solo con il “solito” servizio è riuscita ad evitare che la rumena scappasse 3-0 avanti con due break, e proprio al termine del punto dell’ 1-2 ha emesso un urlo che non era uno dei suoi classici (o di tante altre colleghe che esprimono in modo più o meno corretto nei confronti dell’avversaria lo scampato pericolo): in quelle grida c’era tutta la tensione accumulatasi in questi 14 anni, tutte le insicurezze di una donna fortissima a livello tecnico ed atletico ma che in più di un’occasione non ha temuto di esprimere le sue emozioni, neppure quelle più intime e delicate. Durante l’intero match è stata protagonista di una lotta sia contro se stessa che contro i colpi insidiosi di un’ottima Niculescu, capace di non demoralizzarsi per le occasioni sprecate (vantaggio di 5-3 nel primo e set point concesso dopo un più che ingenuo occhio di falco chiamato su una palla chiaramente buona di Serena a scambio ancora in corso) e di non indietreggiare troppo di fronte alla potenza strabordante della padrona di casa, non disdegnando discese a rete, ma infine uscendo sconfitta dalla numero 1 del mondo per 7-5 7-5.
Guardando il match ci si è accorti che però ciò a cui si stava assistendo era assimilabile ad una situazione in cui due amici di vecchia data, divisisi molti anni prima in seguito a screzi apparentemente insanabili, con la maturità sviluppata nel corso del tempo provano a tutti i costi a riavvicinarsi e a fare il possibile affinché la delicata situazione venutasi a creare in passato sia messa finalmente alle spalle: così Serena, che in cuor suo probabilmente si era aspettata per anni passi avanti da parte del pubblico di Indian Wells, ha pensato che poteva essere lei nella posizione ideale per fare il primo, delicato e grande passo verso questa sorta di riappacificazione. Non potendo giungere a questa tanto bramata pace solo attraverso le parole, non vedeva l’ora di accostare le sue dichiarazioni a vittorie (non necessariamente convincenti) per quello che è tornato a ritenere il “suo” pubblico. Così si possono spiegare le urla, gli incitamenti e gli sguardi preoccupati verso il suo clan: questa volta non avevano nulla da spartire con le classiche situazioni che si vengono a creare durante i match dei tornei importanti, in cui tutto è guidato quasi esclusivamente dalla voglia di vincere e di portare a casa il risultato. Le emozioni dimostrate prima della stretta di mano, quando ha seriemente “rischiato” di piangere di fronte ai fan di tutto il mondo (nel momento dell’ingresso era visibilmente commossa ma la concentrazione per il match pareva renderla meno sensibile alla situazione creatasi sul centrale di Palm Springs rispetto alle battute finali), sono la testimonianza della grandezza di una donna che, dopo aver vinto tutto e senza più nulla da dimostrare, ha deciso di riprendersi tutto quello che pensa le manchi a livello soprattutto personale.
Serena stessa faticherà a metabolizzare tutto quello che sta succedendo e succederà nei prossimi giorni nel deserto californiano, ma le parole “Personalmente percepisco questa vittoria come uno dei momenti più grandi e di cui andare maggiormente orgogliosa della mia carriera” suonano come tra le più sincere mai dette in seguito a un successo in un match di tennis e hanno un valore ancora superiore se si tiene conto dell’importanza relativa in termini di prestigio di questa vittoria. Se il centrale di Indian Wells, dotato di 16.000 posti, ha fatto registrare il tutto esaurito in occasione di una sessione serale in cui erano programmati soltanto dei match di secondo turno, il merito è tutto di una donna, prima ancora che di un’atleta, mai banale e che ha saputo imparare nel tempo a vivere da vera professionista e a “sfruttare” la sua posizione per diventare un esempio per tutti; se spesso viene accusata di rendere ovvi gli esiti di determinati tornei, per queste due settimane tutti i fan di tennis, suoi supporters o no, non possono che tifare per una sua vittoria finale che segnerebbe uno dei capitoli più importanti della storia recente del nostro sport e non solo.