Il Qatar Total Open di Doha consegna al circuito una nuova Victoria Azarenka, rigenerata nel gioco e rinfrancata dai risultati. La sua corsa si è fermata in finale, stoppata da una Lucie Safarova che finalmente ha dato seguito concreto ad un potenziale da sempre riconosciutole. Ma il suo torneo va comunque equiparato ad un successo, per il tennis espresso nella settimana e per la tenuta fisica tornata su discreti livelli.
Per rivedere un’Azarenka di nuovo competitiva ai massimi c’è voluto il torneo di Doha, un posto particolarmente caro alla bielorussa visto che nella cittadina qatariota non aveva mai perso prima della finale di ieri, vincendo due edizioni consecutive dell’appuntamento nel 2012 e nel 2013. Nella settimana la ragazza di Minsk ha regalato agli astanti sprazzi della Vika vera, quella capace di salire per due volte sul trono più alto del tennis mondiale, quella in grado di portarsi a casa due prove dello Slam (entrambe a Melbourne, altra città della provvidenza per la bielorussa). Due i match da ricordare nel torneo: i quarti di finale, dove ha spazzato via dal campo un’inerme Wozniacki rifilandole un perentorio 6-3 6-3, e la semifinale, dove ha avuto ragione di una Venus Williams tirata a lucido battendola rimontando un set di svantaggio in quella che resta a mani basse la miglior partita del torneo. In finale poi Azarenka si è arresa, si è arresa ad una splendida Safarova, si è arresa ad una condizione fisica che, dopo una settimana così dura, non poteva essere ottimale.
Ci sono, tuttavia, cose che non mutano tra chi campione lo è per davvero. C’è l’atteggiamento, l’orgoglio, gli occhi che se ne infischiano del fisico arrugginito o della prima di servizio che non entra. E lo sguardo di Vika, il suo modo di esaltarsi ed esaltare, la sua sana cattiveria agonistica di chi vorrebbe scuoiare chi c’è dall’altra parte della rete piuttosto che arrendersi, sono caratteristiche immutate. Il 2014 è stato per lei un lungo calvario, fatto di continui stop & go, illusioni che tutto va bene seguite da docce ghiacciate che riportano alla realtà. Il leitmotiv della stagione è stato l’infortunio al piede destro, un’infiammazione che ha costretto Azarenka ad andare avanti a strappi.
Il 2015 deve, invece, essere l’anno della rinascita, una rinascita non solo sportiva ma anche personale. Ad inizio stagione Azarenka viene scaricata da Sam Sumyk, suo allenatore da cinque anni e di fatto molto più di un semplice allenatore come la stessa bielorussa ha sempre dichiarato. Vika si sente non solo abbandonata, ma anche tradita perché Sumyk contestualmente inizia a lavorare con Eugenie Bouchard, sua diretta competitor.
Azarenka non cede, cade e si rialza perché così fanno i campioni, assolda un nuovo coach, Wim Fissette, e parte in una nuova scalata al ranking che la scorsa settimana la recitava posizione numero 48 e che domani la vedrà già trentottesima. Vika ha bisogno del tennis, ma soprattutto il tennis ha bisogno di Vika, un personaggio troppo forte per farne a meno.
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