Di Giulio Gasparin
A 35 anni compiuti ancora in estate Venus Williams si è mostrata più forte di una malattia autoimmune che da anni ne condiziona il rendimento e trovando la più bella stagione dal 2010 ad oggi ha acciuffato all’ultimo un traguardo incredibile come la chiusura dell’anno tra le prime 10 del mondo. Cinque anni fa era stata l’ultima annata che aveva chiuso tra le top 10, ma era da sette anni che non conquistava tre titoli all’interno della stessa stagione e da otto che non vinceva più di 40 match in una stagione, ma soprattutto non mostrava una continuità di risultati assimilabile a quella di quest’anno.
La finale con Karolina Pliskova valeva questo traguardo eccezionale, perché una sconfitta l’avrebbe relegata all’undicesimo posto, vedendosi sorpassata proprio dalla ceca di Louny. Non poteva essere un match più bello a decidere un traguardo che significava tantissimo per entrambe, ma per motivi diversi. La nuova formula del WTA Elite Trophy quest’anno ha messo in palio moltissimi punti, forse troppi a detta di molti (il titolo a Zhuhai dava più punti di una semifinale a Singapore da imbattuti), ma ha vissuto un epilogo emozionante e di altissima qualità, tra due giocatrici che comunque fosse finito il match avrebbero meritato di chiudere l’anno tra il Gota del tennis femminile. Il fato però ha arriso all’americana, che ha giocata magistralmente la maggior parte dell’incontro, venendo aiutata anche dalla dea bendata nel tiebreak del secondo set, quando alla Pliskova si sono rotte le corde su un dritto altrimenti vincente, uscito di pochissimo e che ha ridato alla più esperta delle sorelle Williams la parità. Questo non toglie il merito assoluto di un match e di un torneo giocato in maniera magistrale, dal primo match contro Madison Keys, che l’aveva fermata ai quarti di finale a Melbourne, fino proprio alla finale odierna.
Venus aveva iniziato l’anno al numero 19 del mondo, ma aveva mostrato una condizione ottimale già ad Auckland, dove aveva alzato il primo trofeo stagionale al termine di una finale spettacolare con Caroline Wozniacki. Di lì agli Australian Open, dove trovò il primo quarto di finale a livello slam dal 2010. Ancora buoni risultati a Doha e a Miami, prima di una parentesi più difficile sulla terra.
Il feeling storico con l’erba si è riacceso a Wimbledon dove si è arresa solo alla sorella al quarto turno al termine di un match di qualità, destinato all’ennesimo nuovo capitolo pochi mesi dopo sul cemento di New York nei quarti di finale. Il match nello slam di casa è stato visto da molti come uno dei più belli prima degli atti finali, con entrambe le sorelle capaci di esprimere un tennis di qualità assoluta, come non sempre era successo in quell’affare di famiglia. Alla fine Venus si era arresa sperando che la sorellina potesse conquistare quel traguardo storico ed eccezionale come il Grande Slam, ma il rovescio slice di Roberta Vinci aveva altri piani e l’azzurra interruppe i sogni di gloria della famiglia Williams.
Ma se Serena ha deciso di prendersi una pausa, Venus si è dedicata anima e corpo come poche altre volte negli ultimi anni aveva fatto per poter chiudere la stagione al top. L’assenza di Serena alle WTA Finals le dava una chance di qualificarsi ed in un match carico di mille significati si è giocata le sue carte proprio contro la Vinci. Al termine di un match estenuante in cui tutto è successo, tra cui un breve diverbio sui tempi di attesa tra i punti, Venus ha piegato la resistenza dell’azzurra e poi catturato il secondo titolo stagionale sul cemento cinese di Wuhan. Quel titolo però non l’ha qualificata per Singapore e così la top 10 è dovuta passare attraverso Zhuhai ed il nuovo WTA Elite Trophy. La pressione, la stanchezza ed avversarie ispirate hanno reso il percorso difficile, ma con il carattere e la stoffa della campionessa che ha dimostrato di essere tante volte, Venus ha preso il titolo a piene mani e con questo una classifica che da domani la vedrà al numero 7 del mondo.
Leggi anche:
- None Found