di Antonio Zucca (Coach di Laura Siegemund)
Da quando ho conosciuto Laura e abbiamo iniziato a lavorare insieme, non è la prima volta che ci siamo dovuti rimboccare le maniche per recuperare da un infortunio serio. Non c’è stato un movimento vero e proprio che le abbia causato questa lesione o una rottura com’è accaduto la prima volta a Norimberga cinque anni fa.
Il primo campanello d’allarme è arrivato a Miami nel marzo della passata stagione dopo aver vinto con Cristina McHale: all’improvviso, dopo un’ora dalla fine della partita, non riusciva più a piegare il ginocchio e a camminare bene. Ha fatto subito dopo una risonanza che ha evidenziato una lesione al menisco anche se non si sapeva bene se fosse un qualcosa di nuovo o legata all’operazione precedente. Di comune accordo, abbiamo deciso che avrebbe continuato a giocare con delle infiltrazioni e degli antinfiammatori perché il suo sogno era prender parte ai Giochi Olimpici di Tokyo. Una settimana dopo la spedizione giapponese si è fatta operare. La lesione al menisco era di 8 mm e il medico ci ha confidato che se tutto fosse andato per il verso giusto avrebbe potuto giocare il torneo di Indian Wells ad ottobre. Noi eravamo positivi, ma poi la cruda realtà è venuta a galla. Aperto il ginocchio, il dottore si è reso conto che c’erano calcificazioni varie che si portava dietro dalla vecchia operazione e ha dovuto ripulire tutto quanto. Secondo lui dopo circa un mese sarebbe potuta tornare in campo e invece camminava e male trascorse quattro settimane dall’intervento. La riabilitazione è stata fatta in Sardegna con il team della Dinamo Sassari di basket che ringrazio per il lavoro svolto. Alla fine è tornata a giocare verso fine novembre ripartendo dal Portogallo ma è stato un periodo a dir poco travagliato.
Laura non è una che si scoraggia facilmente. All’inizio era molto arrabbiata, com’è normale che sia. In molti erano speranzosi e le dicevano che non si sarebbe dovuta operare un’altra volta. Dopodiché è arrivata la classica doccia fredda con il medico che le ha detto senza giri di parole: “Se non ti operi adesso, a 50 anni non potrai neanche calciare un pallone assieme ai tuoi figli”. Laura è scoppiata a piangere. In quel momento pensi che oltre il tennis c’è anche una vita e un futuro davanti. Ha tenuto le stampelle per tre settimane, poi ha ripreso gradualmente a correre ed è tornata in Germania per una visita. Le hanno iniettato del suo sangue centrifugato nel ginocchio ma al rientro non correva più e ha fatto un bel passo indietro rispetto ai miglioramenti precedenti. È stata durissima, perché le è sembrato di aver perso del tempo. All’inizio ho provato ad essere positivo, ma era difficile perché non si andava avanti. “Sei forte” “Non mollare” “Andiamo in cucina di corsa” provavo a stimolarla il più possibile. C’è un messaggio fra i tanti che le ho scritto che legge prima di ogni partita come sorta di promemoria per caricarsi. Laura è forte, sono sicuro che anche senza il mio sostegno sarebbe riuscita a tornare a buono livelli. Come capita in queste occasioni ci sono stati momenti più tesi ma per fortuna ora siamo qui a giocarcela.
Ora è importante testare e valutare il ginocchio ogni giorno. Nel torneo c’è più tensione che in allenamento, per cui è fondamentale non sottovalutare alcun dettaglio. A Miami è in tabellone grazie al ranking protetto. Probabilmente andrà a giocare anche a Charleston sulla terra verde qualora dovesse entrare, poi ci sarà la Billie Jean King Cup con la Germania e vedremo se avrà wild card a Stoccarda. A 34 anni ora vorrà misurare il proprio livello con le altre in singolo e vedere quali risposte le darà il fisico. Diversamente potrebbe prendere la decisione di concentrarsi totalmente sul doppio.
Obiettivo WTA Finals? Dopo il titolo vinto agli Us Open nel 2020 è stato un peccato fermarsi a causa dell’infortunio. Per il momento non è un obiettivo, attendiamo prima di capire come si sviluppa questa stagione. Utilizzeremo il ranking protetto per alcuni WTA 250 sulla terra battuta. Magari in alcuni tornei dopo Wimbledon dove il livello dovrebbe essere un po’ meno alto e si potrebbero racimolare più punti. Probabilmente non faremo né Madrid né Roma a meno che non deciderà di schierarsi in doppio. Il desiderio è quello di risalire la china in singolare nel ranking e rientrare in top 100. Se tutto dovesse andar bene continuerà a dedicarsi ad entrambe le specialità, al contrario si vedrà cosa fare. Nella sua posizione bisogna valutare le cose per gradi.
Il titolo a Lione, ad esempio, ammetto che è arrivato in maniera del tutto inaspettata. Vera Zvonareva non era neanche iscritta, Laura le ha dato rassicurazioni sul fatto che stesse bene e allora si sono riunite. Tra l’altro Vera non poteva neanche tornare in Russia visto la guerra con l’Ucraina. Ripercussioni fra giocatrici? All’interno del circuito non vedo grandi differenze in termini di comportamento. Ucraini e russi continuano a parlarsi tranquillamente. Gli ucraini ovviamente la stanno vivendo male e pensano ai loro cari a casa. Ho visto Marta Kostyuk piangere più volte, mi dispiace tantissimo per lei e tutte coloro che stanno vivendo questa tragica situazione. Lione? Ah, certo. Hanno dato alla fine una wild card top 20 a Zvonareva. L’obiettivo di Laura e Vera era di giocare almeno una partita e vedere come andava per poi volare in direzione di Indian Wells. La prima partita non l’hanno disputata a causa di un ritiro e per mancanza di lucky loser. Si sono ritrovate che era già giovedì e che dovevano ancora esordire. Il livello magari non era altissimo, ma alla fine sono riuscite a trionfare in Francia. Dopo tutti questi mesi senza giocare, vincere così subito un titolo è stato un risultato allucinante che le ha dato una bella iniezione di fiducia. Credo che i punti di forza della coppia siano tanti: entrambe amano lavorare e si danno consigli a vicenda. Si adattano bene al gioco delle avversarie e si completano molto bene perché sono entrambe tecniche con la differenza che Laura gioca meglio a rete e Vera le crea gioco da fondo. Rimango ogni volta ammirato dalla serietà e dall’impegno che ci mettono in ogni partita. Spesso e volentieri trovano una soluzione a qualsiasi difficoltà. Laura dice che hanno lo stesso ‘mindset’. Anche quando le cose non vanno bene pensano alla stessa cosa e si rispettano molto a vicenda. Nel doppio di solito c’è un solo leader alla guida, nel loro caso sono entrambe delle leader assolute.
Cos’ho imparato in questi anni? Mi vedo migliorato sicuramente nella lettura tattica della partita in corso d’opera. Mi sono accorto che adesso riesco più velocemente a capire come sta cambiando la partita grazie all’esperienza. Decifrare l’andamento di un set e come può girare una partita in un game o due fa tutta la differenza del mondo. Un altro aspetto su cui mi sento cresciuto è la gestione. Se prima agivo con lei più d’impulso, adesso che la conosco meglio riesco a relazionarmi con più pazienza.
Il vero lieto fine è non smettere mai di ricominciare.
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