di Giovanni Cola
Chi dava Flavia Pennetta per finita, dovrebbe ricevere un Daspo. Un divieto a tempo dal poter seguire le partite del circuito Wta. Una doverosa squalifica per aver derubricato la brindisina a semplice meteora (o quasi) del mondo del tennis che conta.
Scherzi a parte, l’azzurra è arrivata con grande merito in finale ad Indian Wells, un traguardo forse anche oltre le sue più rosee aspettative, dopo aver domato nella notte italiana la tigre cinese Na Li (7-6 6-3), fresca vincitrice degli Australian Open. Un risultato prestigioso maturato grazie ad un’estrema sapienza tattica e ad una chirurgica misura dei colpi che avevano contraddistinto già il suo match contro Camila Giorgi. Flavia è molto cresciuta da inizio carriera proprio nella capacità di lettura della partita, è camaleontica, non dà troppi punti di riferimento e sa sfruttare i punti deboli delle sue avversarie.
Va detto, per onor di cronaca, che la giocatrice asiatica era tutt’altro che nella sua miglior giornata: incerta al servizio (9 doppi falli complessivi), eccessivamente imprecisa con il dritto incrociato e un po’ appannata negli spostamenti laterali. La Pennetta però ha sempre dato la sensazione di essere in controllo della sfida e, nonostante i quattro break consecutivi per parte del primo set, ha saputo aggiudicarsi perentoriamente la frazione al tie break.
Dopo un velleitario tentativo di fuga sul 2-0 della Na Li, la brindisina ha di nuovo alzato il livello del suo tennis per compiere l’allungo decisivo. Entrambe hanno commesso numerosi errori gratuiti ma in larga parte per cercare di mettere pressione già dalla risposta e prendere da subito il controllo dello scambio. Per quanto riguarda la campionessa di Melbourne però con risultati indubbiamente non sufficienti.
Flavia, che ha dichiarato a fine gara di non riuscire a smettere di sorridere per la felicità, è la prima italiana ad arrivare così avanti in tabellone in un torneo Premier Mandatory. Il suo filotto di vittorie nel deserto californiano la porterà da lunedì almeno al n.14 del ranking. Dato che sognare non costa nulla comunque, facendo i dovuti scongiuri, è lecito sperare in una sua nuova magistrale prestazione anche nell’atto conclusivo contro Agnieszka Radwanska che aveva precedentemente eliminato nell’altra semifinale Simona Halep (6-3 6-4).
In conferenza stampa, la nostra portacolori ha citato come termine di paragone per l’inizio della sua risalita, soprattutto dal punto di vista della solidità mentale, il celeberrimo incontro contro la Zvonareva agli Us Open 2009 nel quale annullò ben 6 match point e non crollò proprio dal punto di vista nervoso. Ecco, da quel momento in avanti, la sua cavalcata, infortuni permettendo, è stata quella di una vera campionessa. Anche, e non da ultimo, fuori dal campo.
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