23 Marzo 2015: sono passati circa quattro mesi dall’inizio della stagione, praticamente un terzo, e seppure ci siano ancora tre slam da giocare, i dati della race cominciano ad assumere un’importanza non trascurabile e al primo posto troviamo Simona Halep.
La rumena quest’anno ha giocato quattro tornei e ne ha vinti tre: Shenzen, Dubai e, non più tardi di ieri, Indian Wells. Una serie di vittorie che l’ha portata a vincere il primo Premier Mandatory di una carriera già piena di successi, seppur le vittorie abbiano aspettato ad arrivare. La ventitreenne di Costanza aveva perso tutte e tre le finali disputate prima della definitiva esplosione del Maggio 2013, di cui tanto è stato detto e scritto, anche da noi, come per esempio nell’articolo di Pietro Emmolo a fine del Master di Singapore.
La crescita della rumena è stata poi costante da quell’incredibile corsa verso la semifinale di Roma due anni fa, dove, curiosamente allora come ieri, aveva battuto Jelena Jankovic per ottenere un risultato che l’avrebbe proiettata verso una nuova dimensione tennistica. Nel Maggio 2013 si convinse di essere una giocatrice capace di battere i grandi nomi e vincere partite e tornei, tanto da collezionarne 6 in meno di metà stagione, su tutte le superfici. Ieri, al termine di un’altra partita incredibile ha piegato la serba, questa volta senza concedere match point, per vincere il primo Premier Mandatory e proiettarsi al numero uno della Race to Singapore.
Per lei, che aveva raggiunto la seconda posizione mondiale lo scorso agosto è un momento nuovo e, come dimostrato tante volte in passato, potrebbe essere difficile da gestire. Ieri, però, ha dato dimostrazione di una tenacia e voglia di vincere che hanno messo in secondo piano il brutto tennis mostrato da entrambe le giocatrici durante l’atto finale del torneo californiano. Perché se sicuramente una grossa mano le è stata data da una Jankovic con il “braccino”, la Halep si è mostrata più forte del dolore fisico che ne ha condizionato soprattutto il rendimento del rovescio e di una pressione che sembrava schiacciarla: quella di essere la favorita in un match importante.
Così, ancora una volta, la finalista in carica del Roland Garros ha spaccato l’opinione di esperti e appassionati, perché se vincere giocando male è caratteristica dei campioni ed è quello che spesso in passato era mancato alla numero tre del mondo, è altresì vero che nella sua scalata al titolo di Indian Wells non ha dovuto sconfiggere alcuna top 10 e ha beneficiato del walk-over della numero uno del mondo Serena Williams.
D’altro canto questa due-settimane californiana non è stata semplice per lei, che a pochi giorni dall’inizio del torneo ha subito un lutto in famiglia con il suicidio del cugino Nicia Arghir e fino all’ultimo era indecisa sulla propria partecipazione. In aggiunta, proprio nei momenti caldi del torneo che si disputa nel deserto a nord del Messico, in un’intervista a Sport 360°, Jana Novotna ha alimentato non poco il fuoco che arde tra i detrattori della rumena: “La Halep sarà sempre una buona giocatrice, solida e continua, potrebbe addirittura vincere uno slam, ma rimarrà comunque una di quelle giocatrici che, non lo dico con cattiveria, nessuno ricorderà. Una grande combattente ma lei non è ‘wow’.”
L’ex-tennista ceca, che è passata agli annali più per una sconfitta che per una vittoria, quando inconsolabile aveva necessitato della duchessa di Kent per fermare le lacrime al termine della finale di Wimbledon persa da Steffi Graf nel ’93, ha forse parlato per esperienza, ma ha sicuramente acceso il dibattito.
Della rumena, però troppo spesso, si è confuso il carattere con il gioco in campo. Perché seppur priva di quello “star power” che rende a molti affascinanti giocatrici come Sharapova e Bouchard, e che rende queste donne da copertina ideali per i magazine, Simona Halep ha saputo conquistare le simpatie di molti che hanno trovato nella sua semplicità di ragazza della porta accanto il contrappunto ideale ad un tennis sorprendente e ricco di soluzioni spettacolari, soprattutto dal comparto difensivo. Difatti se a lei si preferiscono Serena Williams e Caroline Wozniacki per le copertine di Vogue, la rumena aiuta la promozione del tennis al femminile con giocate che su youtube spopolano. A testimonianza di ciò, un video della numero tre del mondo ha recentemente passato i 5 milioni di visualizzazioni, mentre il più visto di Maria Sharapova è fermo a meno di 4.
Non va dimenticato poi l’amore di fan fedeli e sempre presenti in ogni parte del globo che sventolano il tricolore rumeno e non mancano di farsi notare per il loro rumoroso “Si-mo-na!” che accompagna tutti i suoi match. Perché, seppur ignorato spesso dai media internazionali, Simona Halep è la vera stella dello sport rumeno, nazione di più di 20 milioni di abitanti e di grande tradizione sportiva, non solo tennistica. Per lei, l’anno scorso, in diverse città di quella che una volta i romani chiamavano Dacia, sono stati allestiti mega schermi perché tutti potessero assistere alla finale del Roland Garros, la gente è scesa in strada e si è riunita nei pub per celebrarla, anche nella sconfitta.
Per essere una che “nessuno ricorderà”, Simona Halep ha già fatto molto, soprattutto nel proprio paese ma non solo, e anche i suoi sforzi per migliorare il proprio inglese, fino all’anno scorso troppo limitato, le stanno permettendo di diventare sempre più un’icona di questo sport. Anche l’Adidas, che ha investito molto per riportare la tennista rumena sotto la propria ala dopo la parentesi in Lacoste, ha puntato sul “brand” Halep, lanciando una serie di magliette portate con orgoglio dal team della rumena con tre peperoncini dei colori della bandiera del paese del conte Vlad e la scritta Halepeño.
Ora però, Simona Halep è chiamata ad un compito arduo, quello di confermare le aspettative che tutte queste premesse hanno portato e quindi smentire quello che i suoi detrattori affermano sulle mancanze nel suo gioco. Riuscirà quindi la piccola, di statura, tennista di Costanza a diventare una grande del tennis? Ovviamente le previsioni lasciano sempre il tempo che trovano, ma è difficile ad oggi pensare che uno slam e almeno una comparsata al vertice delle classifiche mondiali non siano alla sua portata.
Quello che ha reso la rumena una tennista in continua crescita è la capacità di imparare dai propri errori e trovare spunti sia nelle vittorie che nelle sconfitte. E seppure ci siano ancora spazi di miglioramento sia tecnico-tattico che mentale, la Halep è sempre più comunemente vista come una contendente ai titoli più prestigiosi e la vittoria di ieri ha contribuito in questo senso. Così, seppure per molti la sua carriera potrebbe trovarsi a ricalcare quella, fino ad ora, della Wozniacki, fatta di costanza di risultati e un lungo periodo al vertice senza alcun titolo Slam, la numero uno dei Balcani, grazie ad una capacità di combinare doti fisiche eccezionali in difesa ed ingegno in contrattacco, sembra presentarsi come una versione più aggressiva della tennista danese e per questo più atta al raggiungimento del primo titolo in carriera a livello slam.
L’altro punto di forza della tennista di Costanza, sta nella capacità di esprimersi ad un livello elevato su tutte le superfici: dal più diffuso cemento, alla “nativa” terra rossa, alla storica erba. Su ciascuna delle superfici è, difatti, in grado di esaltare diverse caratteristiche del proprio gioco, senza però snaturarlo. Ecco quindi che sul cemento si appoggia bene sui colpi delle avversarie; sulla terra lotta su ogni palla, aumenta lo spin con il dritto e sfrutta le capacità di ribattuta; mentre sull’erba esalta la capacità di trovare l’angolo giusto già dalla risposta e forza un servizio spesso sottovalutato a causa della sua altezza.
Quello che fin’ora le è mancato è stato il killer instinct nei momenti cruciali, quello che spesso ha mostrato in tutti i successi fin qui ottenuti, ma che l’ha fermata ogni volta che si è fronteggiata con Maria Sharapova, giocatrice che invece ha fatto di questa qualità la ragione prima del proprio successo. La vittoria di ieri contro la Jankovic però ha segnato una svolta, perché, giocando male e sembrando sul punto di soccombere ancora una volta alla pressione di essere la favorita, questa volta ha trovato la reazione vincente e, se c’è una cosa che ci hanno insegnato questi anni di successi di Simona Halep, quando la rumena trova una via per il successo, difficilmente la abbandona.
Per cui, intuendo come la rumena ragioni in termini di assimilazione delle critiche e delle sconfitte, mi sento abbastanza sicuro nel dire che se ha avuto modo di sentire le parole di Jana Novotna, queste non saranno che uno stimolo ulteriore per il conseguimento di una carriera tutt’altro che comune.
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