di Giorgio Giosuè Perri
“Faith”. E’ la parola che meglio descrive la vita, la carriera e le aspettative di Ana Konjuh, croata e classe 1997, che a Nottingham è riuscita a vincere il primo titolo WTA in carriera a soli 17 anni. C’è riuscita sconfiggendo in fila Shelby Rogers, Casey Dellacqua, Sachia Vichery, Alison Riske, Monica Niculescu (in finale) e, soprattutto, la pioggia.
Costretta a giocare quarti e semifinale nello stesso giorno, la croata nata a Ragusa (città meglio conosciuta come Dubrovnik), è arrivata all’atto finale senza perdere un set. Ma ha dovuto faticare per arrivarci. Doveva giocare il proprio match di quarti di finale contro la Vichery nella giornata di venerdì, ma il maltempo ha costretto gli organizzatori a spostare i quarti nella giornata di domenica (e conseguentemente anche la semifinale della parte bassa) Il, trionfale, doppio impegno ha però dato una carica in più alla giovane Ana, che in finale ha giocato una partita strana, ma una volta carburato ha sciacciato la povera Niculescu. Entra in campo tesa, gioca male, sbaglia tanto e non riesce a muoversi. Evita il bagel nel primo set, vincendo il primo game della sua partita, poi sale in cattedra e inizia a macinare. Dotata di un gioco molto solido, con fondamentali molto forti, ha iniziato a sfruttare le pale “morte” dell’avversaria per appoggiarsi e spingere praticamente sempre, cogliendo al meglio tutte le occasioni concesse dalla rumena, anche lei alla prima finale sull’erba, mettendo in mostra il suo miglior tennis e chiudendo dopo poco più di due ore con il punteggio di 1-6 6-4 6-2.
Un trionfo che era nell’aria, anche tanti si aspettavano potesse arrivare già prima. Inizia a giocare a all’età di 6 anni, con Kristijan Schneider come allenatore e Slaven Hrvoj come preparatore ateltico, prima di spostarsi a Zagabria 5 anni dopo, dove con le stesse persone continuerà a lavorare sul proprio tennis e sul proprio fisico. Perchè “Faith” ? Come tutte le ragazzine, aveva un desiderio da parecchi anni: farsi un tatuaggio. Riesce a convincere i genitori dopo svariati tenativi, decidendo così di farsi taturare una parola a lei molto cara sul polso sinistro, parola che lei stessa non pensava potesse rivelarsi così descrittiva. La carriera Juniores, è ricca di successi. A partire dalla finale in doppio a Wimbledon nel 2012, fino ad arrivare al successo all’Orange Bowl lo stesso anno. Nel 2013 vince due Slam, gli Australian Open e gli Us Open, conquistando la prima posizione mondiale davanti a Taylor Towsend e Katerina Siniakova. Ottiene anche la prima convocazione in Fed Cup, vincendo tutti gli incontri di singolare, contribuendo alla vittoria della Croazia contro la Polonia di Urzula Radwanska.
Comincia a farsi vedere anche nel circuito minore riuscendo dopo la vittoria agli Australian Open e le prestazioni in Fed Cup, a superare un infortunio alla spalla e ad arrivare a maggio a conquistare la finale in un ITF $25.000, dove partendo dalle qualificazioni si arrende solo a Polona Hercog dopo tre lottati set. Non era, però, la prima finale in un evento del genere, visto che anche l’anno prima (premiata da un Wild Card) era riuscita ad arrivare in finale in un ITF $10.000 turco. Il primo sigillo arriva poco dopo, a Montpellier, dove disputa un torneo perfetto e supera in finale Paula Ormachea molto facilmente.
Ottiene una classifica abbastanza alta per poter disputare tornei nel tour maggiore, così decide di intraprendere da piccolissima la carriera tra le grandi. Inizia a gennaio 2014 dal WTA di Auckland, dove riesce a superare il primo turno (sconfiggendo Roberta Vinci in tre set) prima di arrendersi a Lauren Davis al secondo. I segnali sono positivi, così si presenta agli Australian Open per giocare le qualificazioni. Anche in questo caso riesce a superare abbastanza facilmente il tabellone cadetto, prima di arrendersi al primo turno a Na Li, vincitrice del torneo due volte.
Conclusa l’avventura più che positiva in Australia, la giovane croata è costretta ad andare sotto i ferri per un infortunio al gomito. Faith. Si, perchè qui la parola acquisisce ancora più significato. Costretta a rimanere fuori dai campi per più di 4 mesi trova la forza di riprendersi immediatamente e, contro il parere dei medici, decide comunque di prendere parte alle qualificazioni di Wimbledon a metà giugno. In maniera eroica riesce a superare i tre turni di qualificazioni e anche due turni nel tabellone principale, facendo una capatina tra le prime 150 giocatrici del mondo. I risultati continuano ad arrivare, tanto che a inizio anno fa finalmente ingresso tra le Top 100. Più avvezza alle superfici veloci, gioca una prima parte di stagione poco esaltante, riuscendo a qualificarsi per i quarti di finale solo nel torneo di Praga. Ma sull’erba, cambia tutto. Ha un gran servizio, un dritto che sa far male su entrambe le diagonali e una mentalità che, a tante colleghe anche più grandi, fa veramente invidia.
Una predestinata, una giocatrice capace di vincere quasi tutto da Juniores, una ragazza semplice, umile e dotata di uno splendido talento. Con la vittoria odierna è riuscita a guadagnare ben 30 posizioni, raggiungendo il suo Best Ranking al numero 57. Siamo di fronte ad una futurà campionessa, su questo non c’è alcun dubbio. Perchè la vita, è tutta una questione di fede.. E Ana Konjuh, ha dimostrato di averne veramente tanta.