di Alberto Cambieri
Al termine di una settimana ricca di sorprese (si è ritirata definitivamente Li Na e la Azarenka ha dichiarato di volersi prendere una pausa fino alla fine della stagione in corso), il torneo WTA di Seoul è stato vinto da Karolina Pliskova, al secondo titolo WTA dopo la vittoria a Kuala Lumpur del 2013. Dopo il successo in terra malese dello scorso anno, arrivato quando non si trovava nemmeno classificata tra le prime 100 giocatrici del mondo, la potente giocatrice ceca sorella gemella di Krystina, anche lei tennista di livello ma non ancora del tutto sbocciata come ci si aspettava, ha passato i successivi mesi del 2013 imparando a portare a casa punti validi per la classifica giocando quasi esclusivamente sul circuito WTA e ambientandosi nel complicato mondo del tennis professionistico di alto livello. Nell’annata in corso è riuscita nel non sempre facile obiettivo di riconfermarsi tornando in semifinale nel torneo malese, ma soprattutto raggiungendo altre 4 finali del circuito maggiore: a Pattaya City è stata stoppata da una giocatrice “on fire” in questa stagione come la Makarova, sulla terra di Norimberga è stata diretta spettatrice del fino ad ora unico (ma molto probabilmente non ultimo) titolo vinto da Eugenie Bouchard, la scorsa settimana è stata superata all’ultimo atto in quel di Hong Kong da una ritrovata Lisicki e domenica in Corea del Sud, nel complesso che ospitò le Olimpiadi del 1988, ha avuto finalmente la meglio in una finale WTA battendo in 3 set la statunitense di origini uzbeke Lepchenko (alla prima apparizione in un atto conclusivo di un torneo del circuito maggiore nonostante ottimi risultati raggiunti nelle stagioni passate) con il punteggio di 6-3 6-7(5) 6-2.
Grazie a questi risultati la destrorsa delle due gemelle ceche di Louny ha raggiunto il suo best ranking di numero 31 WTA, ma è la classifica Race (che tiene conto dei soli risultati ottenuti nel 2014) ad essere particolarmente interessante: è infatti numero 23 e, con ancora qualche torneo importante nelle prossime settimane, può addirittura tentare l’assalto alle Top 20 assicurandosi il diritto di avere una testa di serie all’Australian Open di gennaio. La ragione di questa sua maturazione e dei suoi miglioramenti risiede, molto probabilmente, sia nel duro lavoro off court per migliorare i punti deboli come la mobilità (ma non potrebbe essere diversamente per una giocatrice di 186 centimetri d’altezza), sia nella tranquillità con cui affronta ogni settimana gli impegni e le sfide del Tour. A vederla durante le partite pare talmente pacata e silenziosa (mai una lamentela o urla contro se stessa) da sembrare quasi disinteressata ai match di cui è protagonista: che sia un punto importante, che abbia commesso doppio fallo o abbia appena messo a segno un ace (più probabile, visto che nel 2014 fino a luglio era addirittura la tennista con più ace messi a referto, più anche di Serena), la sua espressione è sempre la stessa e il suo modo di affrontare i punti non dipende da quanto avvenuto nei “quindici” precedenti. Anche al termine di vittorie importanti, come ad esempio lo scalpo ottenuto agli Us Open ai danni di una Top Ten come la Ivanovic, ottava testa di serie e tra le più serie candidate a conquistare il quarto Slam stagionale, esulta al massimo con un pugnetto appena accennato e un timido sguardo verso il suo angolo. E’ facile immaginare come a Dubai al terzo turno di qualificazione, opposta alla nostra Camila Giorgi, la tennista ceca possa essere sembrata più tranquilla e meno coinvolta dal match in corso rispetto alla tennista nativa di Macerata e, soprattutto, al padre di quest’ultima. Tuttavia proprio questa particolare attitudine, accompagnata da un gioco di potenza da fondo campo basato su due fondamentali solidi, piatti e profondi (il rovescio è ovviamente bimane e l’impostazione è ottima come quella di tutti i tennisti della Repubblica Ceca) e su un servizio che sembra spaccare il campo in due e da una discreta personalità, è la ragione dei suoi successi e della sua costante progressione a livello di risultati e di classifica: nel 2010 si è aggiudicata la prova juniores agli Open d’Australia battendo in finale un altro talento come Laura Robson e negli anni successivi, seppur spesso poco considerata dagli addetti ai lavori nonostante gli ottimi risultati ottenuti fin dalla giovane età e quindi con poca pressione addosso, è stata protagonista di progressi graduali nel tempo, migliorando sempre la propria classifica di fine anno (come avverrà anche sicuramente a fine 2014) e avvicinandosi sempre più alle giocatrici di vertice.
Nei primi 9 mesi sul Tour quest’anno ha battuto giocatrici del calibro di Kerber a Norimberga (prima vittoria ai danni di una Top Ten) e, come già detto, Ivanovic, vittoria che l’ha portata a raggiungere per la prima volta il terzo turno in uno Slam, oltre ad aver raggiunto altri risultati di rilievo come il terzo turno ad Indian Wells (fermata dalla Li), i quarti a Istanbul, Monterrey (in entrambe le occasioni stoppata dalla Wozniacki ma sempre dopo averla costretta al terzo set) e Bad Gastein. Ciò che però può sembrare particolare è il fatto che abbia battuto spesso e volentieri giocatrici magari più giovani di lei, ma considerate vere e proprie future star della WTA come Puig, Svitolina, Giorgi e Vekic, senza però essere davvero accostata a loro o ad altre come Bouchard, Bencic o Muguruza; ma proprio questa assenza di eccessive pressioni, dovuta anche all’elevato numero di giocatrici ceche in Top 100 (è terza nel suo Paese alle spalle di Kvitova e Safarova ma davanti a Zahlavova Strycova, Koukalova, Cetkovska, Smitkova e la sua gemella Krystina) e alla finora mancata convocazione in Fed Cup, sembra permetterle di giocare più sciolta e libera da pensieri e attenzioni esterne che non sempre sono facili da gestire. Il suo silenzio in campo, fortemente in contrasto con la potenza spesso devastante dei suoi colpi, quando colpisce, tra un punto e l’altro o a fine partita può però portarla ad ottenere titoli ancora più importanti e continuare a crescere in classifica: in fondo i punti WTA e le vittorie pesanti si possono ottenere anche senza dover necessariamente urlare su ogni palla colpita, venendo corteggiata da decine di sponsor fin dalla giovane età o comparendo su copertine di riviste blasonate.