da Parigi, Marco Mazzoni
Il mio day 3 a Roland Garros era sulla carta focalizzato a confermare le interessanti sensazioni avute dal giovanissimo aussie Kyrgios nella sua sorprendente vittoria contro Stepanek nel match di primo turno. Purtroppo un avversario non “bello” ma solido come Cilic e soprattutto un malanno alla schiena hanno guastato il programma. Giudicare il tennis del teenager australiano non avrebbe senso: appena arrivo sul campo 7 (dopo aver seguito buona parte del match della Giorgi) trovo Nik sdraiato a terra sottoposto ad un massaggio vigoroso, con evidenti smorfie di dolore. Resta in campo, ma non appoggia mai il peso sul lato sinistro e carica pochissimo servizio e dritto. Non guidicabile insomma, avremo sicuramente tempo per rivederlo. Forse già al Queen’s, diceva un coach della federazione australiana seduto al mio fianco, proveranno a farlo entrare allo storico evento pre Wimbledon. E sull’erba potrebbe essere una mina vagante terrificante…
Quindi il match del giorno diventa per me la scoperta di Camila Giorgi, ragazza che seguo da anni ma che per vari casi ancora non ero riuscito a vedere dal vivo. Occasione interessante, sul campo 5, dove goderla da due passi e apprezzarne le doti di spinta e aggressività ben note.
Non commento l’andamento del match, già andato abbondantemente in archivio, anche se rivivendolo non nascondo un filo di amarezza perchè sul 4-1 c’erano tutte le condizioni per portare a casa la prima frazione e chissà la partita. Ma la vera amarezza, ancor più forte adesso che scrivo a freddo, viene dalle sensazioni contrastanti e dai dubbi che mi ha lasciato ammirare il suo gioco ed il suo modo di stare in campo.
Che tennista è Camila Giorgi? Una poderosa macchina da guerra, capace di sparare accelerazioni fulminanti nei pressi delle righe, tramortendo le avversarie? Oppure una ragazza insicura, troppo frenetica e non lucida in campo, che come un toro infuriato vede ogni palla “rossa”, da incornare con la massima violenza senza alcun controllo? Penso a questa cosa da ore, e aver ascoltato la sua conferenza stampa rarefatta e quasi surreale per l’ermeticità delle risposte, mi fa arrivare alla terribile conclusione che forse oggi nemmeno Camila sa che giocatrice sia. O meglio, che ancora non sia affatto una giocatrice ma solo una straordinaria atleta e “colpitrice di palline da tennis”. Mi spiego, perchè la conclusione a cui sono arrivato è forse tantino “forte” e non vorrei essere frainteso.
Che vuol dire essere una giocatrice, nel senso pieno del termine? È molto di più del correre su di un rettagolo di gioco, colpendo palle da tennis. Vuol dire capire il gioco, saper scegliere in che modo colpire, con quale effetto e angolo per valorizzare le proprie forze e mettere in difficoltà l’avversaria, il tutto cercando di sbagliare il meno possibile e allo stesso tempo essere pungente, pericolosa per la rivale. Magari fare anche un vincente, ma non su ogni palla perchè la prima regola da insegnare è che nel tennis agonistico i punti non sono tutti uguali e non devono mai essere giocati a caso. La tennista è un’artista rara, una sorta di equilibrista che cammina su di un filo sottile che delimita il baratro tra un punto ben giocato e vincente ed una caduta, un errore. Serve lucidità, rapidità di pensiero, capacità di adattarsi alla situazione perchè ogni giornata è diversa, ogni avversaria è diversa. Ogni scambio e palla è diversa…
Potrei andare oltre, ma se consideriamo anche solo questi elementi basilari del tennis, allora la Giorgi non è ancora una giocatrice…. è uno straordinario talento balistico capace di travolgere tutto a furia di colpi formidabili, un mix perverso (per le avversarie, s’intende) tra una Seles doc ed un Agassi prima maniera. E non sto esagerando. Camila è un’atleta eccezionale, dotata di una coordinazione assoluta, che deriva da una infanzia da ginnasta e un dna puro per lo sport. Pochissime volte ho visto danzare così bene in campo, muovere i piedi con tale frequenza e precisione, trovandosi sempre in condizioni quasi ideali per tirare a tutta swing veloci e potenti. Ma la sua non è solo forza, è istinto vero, primordiale, un senso per la palla e per il tempo di impatto eccezionale. Ripeto: eccezionale. Scarica sulla palla una forza tremenda, con traiettorie secche, molto spettacolari. Ottimi entrambi i colpi, la meccanica esecutiva è da prendere ad esempio per spiegare un impatto pulito, potente, aggressivo, in cui tutto il corpo si proietta sulla palla con la massima coordinazione. Mi è parsa migliore la botta secca a chiudere col rovescio cross, ma altre volte in tv avevo preferito il dritto, quindi può essere la giornata a far preferire una o l’altro, siamo all’eccelenza. E nemmeno la meccanica del seevizio è male, altro momento tecnico in cui coordinazione, spinta e uso di tutto il corpo generano all’unisono un movimento apprezzabile. Allora perchè commette una montagna di doppi falli, che regalano punti in momenti decisivi? Si torna al punto precedente, alla testa, alla scarsa o quasi assente lucidità, a quella aggressività eccessiva che la fa andare troppo su di giri, a tirare sempre e comunque. Da ogni lato, in ogni condizione di punteggio, contro qualsiasi rivale. Finendo per commettere errori in serie, e perdere match che con un minimo (dico minimo…) acume tattico potrebbe portare a casa. Dice lei stessa di aver troppa fretta, di voler sempre comandare sia quando è alla risposta che al servizio, ma che sta lavorando per coprire di più la seconda e quindi rischiare di meno il doppio fallo…. ma poi in campo vanifica tutti i buoni propositi, finendo schiava di quella parte probailmente inconscia che la domina nell’adrenalina del match. Voler dominare lo scambio è un ottimo proposito, ancor più con un bagaglio tecnico così importante. Ma a che serve, in fondo, produrre un bel numero di winner mozzafiato in mezzo ad un cimitero di errori gratuiti? La Giorgi ha bisogno di un cambio di ritmo mentale, all’approccio alla partita e nel suo svolgimento. Ha bisogno di materializzare che la via verso il successo non passa per l’ennesimo rovescione stupendo che pizzica la riga, illudendola di poter vincere un set 24 punti a zero. Se il suo istinto è così dominante da inibire la razionalità in campo e non ascoltare nessuno, non potrebbe essere un’idea metterla a confronto non con una figura paterna (come oggi, visto che il coach è il padre), ma con qualcuno che riesca a scavare dentro di lei? Qualcuno che possa a dar fiato alla flebile vocina dellla sua parte razionale, che la potrebbe aiutare a fermarsi un attimo nella sua danza feroce e furibonda, e diventare così più lucida in campo? Non diventerà mai una giocatrice cerebrale, ma senza questo scatto mentale le sue vittorie resteranno sporadiche. E perdere un talento del genere sarebbe delittuoso, per chi ama il tennis e per se stessa.
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