di Giovanni Cola
Con tutto il rispetto possibile per Shelby Rogers, nemmeno il più impavido dei bookmaker avrebbe scommesso, non solo sulla sconfitta di Eugenie Bouchard all’esordio davanti al pubblico di casa di Montreal, ma addirittura con al passivo un doppio “bagel”. Eppure la realtà è stata proprio questa. La canadese ha dovuto arrendersi (6-0 2-6 6-0) praticamente senza appello. Una prestazione ben al di sotto delle sue potenzialità. Qualcuno, per sdrammatizzare, ha voluto sottolineare il fatto che il vero black out è stato il suo, non quello all’impianto elettrico della struttura che ospita il torneo Premier del Quebec.
Per analizzare le cause di questa cocente sconfitta, servirebbe probabilmente il lettino di Freud. Dal punto di vista tecnico Genie infatti è stata terribilmente discontinua, fallosissima da fondo ed incapace di aggrapparsi alla prima di servizio. Il suo “body language” tuttavia non lasciava presagire nulla di buono già in avvio. Una conferma ulteriore si è poi avuta dal dialogo con il suo coach quando era già sotto 0-5 nel primo parziale. Lei manifestava con fastidio l’intenzione di uscire dal campo, lui, Nick Saviano, captato da un microfono galeotto, si è lasciato scappare: “Non sta ascoltando, questo match rischia di finire in fretta…”.
La 20enne canadese sembrava invece essere stata in grado di prendere le misure alla sua avversaria nel secondo set, quando l’americana ha forse patito un po’ di tensione eccessiva. Ma le cose sono nuovamente volte al peggio nel terzo, in cui la Bouchard ha ceduto di schianto di fronte a migliaia di spettatori assolutamente increduli che non riuscivano a capacitarsi di ciò che stava avvenendo davanti ai loro occhi.
Un’uscita di scena per l’ “enfante prodige” nordamericana davvero con poca gloria che ha immediatamente fatto scatenare una ridda di ipotesi sulle effettive motivazioni di una batosta così bruciante. Partiamo con le attenuanti generiche: le condizioni di gioco non erano ottimali, il black out elettrico ha reso il contesto quasi surreale, in più l’assenza dal circuito per un mese dopo la finale di Wimbledon può aver inciso sui suoi meccanismi solitamente ben oliati. Francamente però deve esserci dell’altro: la ricostruzione più plausibile è che Genie sia stata vittima dell’enorme pressione che il suo pubblico, i media locali e i tanti tifosi che l’acclamavano avevano riposto sulle sue spalle, evidentemente ancora troppo gracili per reggere un peso del genere.
Il suo percorso di crescita, umano ancora prima che tennistico, passerà indubbiamente anche da uno shock così inaspettato. Un campione autentico si sa riconoscere pure dalla maniera in cui sa porre una linea di demarcazione molto netta tra quello che avviene dentro e fuori dal campo. C’è una scuola di pensiero inoltre che sostiene la tesi di una Bouchard ancora scossa dall’umiliazione patita nella finale di Wimbledon contro la Kvitova. Qualche detrattore ritiene che quella sia stata una botta difficile da assorbire e che, almeno incosciamente, possa aver ridimensionato i suoi obiettivi. Le chances di riscatto comunque non mancano, la canadese potrà smentire tutti già dalla prossima setttimana a Cincinnati e, soprattutto, a Flushing Meadows.
P.S. Non ci siamo dimenticati di tributare i dovuti onori alla Rogers che ha disputato una partita encomiabile. Tira veramente forte, nonostante sia forse un tantino sgraziata nei movimenti. Già in lontananza si sono uditi dei paragoni con Lindsay Davenport. Ma questa sarà un’altra storia.
Leggi anche:
- None Found