Di Claudio Maglieri
Sono passati due mesi e mezzo da quel venerdì 4 settembre, giorno in cui Eugenie Bouchard fu costretta a ritirarsi dagli Us Open a seguito di una non meglio specificata caduta all’interno del Billie Jean King National Tennis Center. A volerla dire tutta, non è mai stata fatta realmente chiarezza sull’episodio: come andarono le cose nello specifico in quella stanza?
Ad oggi abbiamo solo le due versioni dei fatti, accusa e difesa: la tennista canadese, dopo il successo nel terzo turno contro Dominika Cibulkova (e alla vigilia degli ottavi con Roberta Vinci) si procurò una commozione cerebrale a seguito di una brutta caduta nella stanza di fisioterapia, caduta a suo dire causata da una “sostanza scivolosa e pericolosa sparsa per terra”. Grosso spavento, ma soprattutto un malessere fisico talmente forte non solo da costringerla ad alzare bandiera bianca, ma anche da impedirle di scendere in campo nelle settimane successive.
Eugenie provò comunque a giocare il torneo di Pechino, ma dopo aver vinto il primo set contro Andrea Petkovic capì di non potercela fare (bloccata dallevertigini). Da li in poi, l’inizio della contesa: ai primi di ottobre la canadese, assistita dall’avvocato Benedetto Morelli, ha citato ingiudiziola Usta, avanzando una richiesta di risarcimento danni per quella ferita alla testa (cifra sconosciuta, al momento). A suo dire, l’infortunio le ha infatti impedito di giocare e quindi di guadagnarsi il prize money: “Potrebbe essere un risarcimento di milioni di milioni” ha puntualizzato Morelli.
La Usta ci ha impiegato un mese a preparare la controffensiva: in un documento di ben sedicipagine il massimo organo tennistico statunitense ha rigettato ogni accusa, specificando di non avere la minima intenzione di pagare. “Le affermazioni di Bouchard sonospeculative ed incerte – sintetizziamo – la giocatrice non ha seguito il protocollo, essendo entrata nella stanza del fisioterapista senza il consenso espresso di un responsabile: dopo la caduta, inoltre, ha rifiutato le offerte di assistenza medica preferendo lasciare l’impianto. Un’atleta della sua classifica deve sapere tutte le procedure del circuito Wta: le sostanze sul pavimento, inoltre, erano evidenti e visibili”.
La risposta del tennis americano insomma si baserebbe sul contrattacco: alla canadese infatti viene rinfacciato il fatto di basare la propria querela sull’omissione di dettagli fondamentali per la formulazione di tali accuse.
La querelle è appena iniziata: l’Usta ha infatti chiesto un processo, il caso verrà esaminato da un giuria (la data di inizio è ancora sconosciuta). Difficile prevedere come si chiuderà la vicenda, ma la sensazione è che in caso di vittoria di “Genie” si aprirebbero nuovi scenari nel rapporto tra tornei e giocatori.
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