Non dev’essere facile per una giocatrice essere da sempre sotto le luci dei riflettori: tante attenzioni, un tennis che ti fa innamorare ma che può diventare da un momento all’altro un’arma a doppio taglio per la carriera, un paragone con una quasi leggenda vivente come Martina Hingis con la quale sì condividere allenamenti, ma con la quale i paragoni si sprecano e possono portare a vivere situazioni complicate e magari insostenibili. Sembra quasi ovvio accostare una tennista dotata di un anticipo pazzesco, una capacità sensazionale di anticipare e muovere il gioco senza per forza portare a casa i punti spingendo come la maggior parte delle giocatrici ad una ex numero uno del mondo e vincitrice di cinque Slam come Martina; pare naturale fare paragoni vista la provenienza (entrambe hanno origini slovacche) e la terra in cui vivono (la Svizzera, Paese che nel terzo Millennio ha visto i natali di fantastici giocatori sia in campo maschile che femminile), ma fino a qualche mese fa sembrava azzardato pensare che la Bencic avrebbe raggiunto in tempi così rapidi risultati di assoluto valore ad un’età così giovane. Fino a 10 anni fa era ancora possibile ammirare giocatrici minorenni in grado di arrivare a livelli sensazionali, ma il tennis sempre più fisico che necessita di una preparazione impeccabile come quello di oggi e le nuove regole della WTA volte a limitare quel pericoloso fenomeno di atlete molto giovani ma logorate oltremodo dalle fatiche del tour professionistico hanno fatto sì che tenniste giovanissime fossero sempre meno presenti ai piani alti della classifica. Vincere quasi tutto a livello juniores può spesso rivelarsi controproducente, aggiungendo pressioni inutili e convincendo che il passo più grande verso risultati importanti sia ormai raggiunto, mente si tratta di un’ottima iniezione di fiducia per il futuro che però non assicura affatto di diventare fortissimi a livello professionistico; se però una giocatrice è in grado di vincere sia il Roland Garros che Wimbledon juniores nella stessa stagione, proprio come fece ad appena 13 anni l’idolo e mentore di Belinda Martina Hingis, allora i presupporti per una carriera straordinaria ci sono tutti e il paragone tra le due si fa sempre più interessante e l’accostamento inquivocabile.
Ad appena 17 anni, nel 2014, la Bencic è riuscita a scalare velocissimamente la classifica WTA guadagnando circa 150 posizioni e raggiungendo risultati convincenti come le semifinali di Charleston e i quarti al Roland Garros, ma il suo 2015 non è partito nel migliore dei modi: sconfitte dure da accettare come i tre giochi portati a casi contro Gavrilova e Georges in Australia e una stagione sulla terra non esaltante (sconfitte contro Kovinic, Konjuh, Tomljanovic e di nuovo Gavrilova). I tornei americani di Indian Wells e Miami, prima della negativa parentesi sulla terra, le hanno dato la fiducia per ricominciare a riprendere ad ottenre vittorie di rilievo, ma è stata la stagione sull’erba che è stata sensazionale, come dimostrano la finale di S. Hertogenbosch persa contro la nostra Camila Giorgi (ma dopo aver sconfitto atlete non banali come Mladenovic e Jankovic), la seppur buona settimana di Birmingham (vittoria contro una Lucic sempre pericolosa sull’erba e sconfitta contro una Lisicki incontenbile, capace in quel match di mettere a segno il record di ace in un singolo incontro nella storia della WTA) e il capolavoro del torneo di Eastbourne, teatro del primo WTA in carriera della svizzera, tradizionale torneo di preparazione per Wimbledon nel quale ha battuto giocatrici toste come Barthel, la campionessa uscende Keys (dominata in lungo e in largo senza soffrire in alcun modo la potenza spesso devastante dell’americana classe 1995), la finalista di Wimbledon 2014 Bouchard, la sorpresa inglese Konta, la vincitrice del 2009 Wozniacki (seppur vittima di un infortunio) e una delle specialiste dell’erba, nonché finalista a Wimbledon nel 2012 Radwanska, dominata nel terzo set in finale in uno dei match più divertenti di quest’anno. Già la settimana di Eastbourne aveva rappresentato un banco di prova importante per quanto riguarda le serie ambizioni della giovanissima atleta svizzera, ma gli ottavi a Wimbledon hanno dimostrato come la Bencic sia una giocatrice ormai ‘vera’ e in grado di affrontare e superare tenniste di ogni tipo (complicati i match contro Pironkova e Mattek, portati però a casa dopo uno svantaggio iniziale che è riuscita piuttosto rapidamente a colmare).
La settimana di Toronto ha però superato ogni aspettativa di allenatori, fans e della Bencic stessa: reduce da una settimana non indimenticabile a Washington, in cui si è arresa fin troppo facilmente contro la futura finalista Pavlyuchenkova, è arrivata in Canada ben consapevole che non avrebbe di certo dovuto vincere partite comode per arrivare a disputare le fasi finali del torneo. Sicuramente per lei gli ottavi o i quarti avrebbero rappresentato un risultato di rilievo ottimale per trovare la forma giusta per provare a difendere i quarti raggiunti agli UsOpen lo scorso anno, ma grazie alla sua incredibile capacità di imparare in brevissimo tempo dagli errori passati e di migliorare continuamente a livello tecnico e tattico ha stupito gli appassionati di tutto il mondo arrivando fino in fondo al torneo e riuscendo a sollevare uno dei titoli più prestiogiosi dell’anno. L’esordio contro la Bouchard non è stato facile per una giovane come la Bencic, di solito abituata a ricevere il supporto dei fans di tutto il mondo che rimangono stupiti dalla sua giovane età e dal suo gioco di assoluta classe: dopo i suoi vincenti la reazione dei tifosi canadesi era assai contenuta, lasciando però la possibilità di udire con estremo piacere lo stupendo suono proveniente dalla racchetta della stellina di Flawil. Il match sembrava potersi chiudere in favore della Bencic in due set, ma dopo essersi fatta annullare con coraggio da parte della canadese un match point avanti 60 54, ha dovuto ricorrere al terzo set per domare una Bouchard ancora in crisi ma forse in leggera ripresa rispetto alla primavera disastrosa da lei disputata. Al secondo turno ha invece dovuto affrontare la Wozniacki, uscendo alla fine vincitrice con un doppio 75 da un match che l’ha vista per larghi tratti in svantaggio: sotto 52 nel primo set e 3 ad 1 nel secondo la svizzera è riuscita ad approfittare delle incertezze di diritto e delle condizioni non ottimali della ex numero uno del mondo per guadagnarsi un terzo turno contro la potente tedesca Lisicki. Dopo aver dominato il primo parizale, ha subìto un pesante 61 nel secondo set prima di iniziare una lotta furibonda nel terzo set, nel quale ha dovuto annullare un match point nel decimo gioco e continuando a crederci dopo tante chance di brekkare non sfruttate nell’undicesimo game prima di imporsi definitivamente al tie break. I quarti sono stati teatro del match più impeccabile della sua settimana: 64 62 ad una Ivanovic in buona forma ma incapace di fare la differenza con il diritto. In particolare è stata la Bencic ha reggere al meglio sulla diagonale destra e mostrando una notevole superiorità rispetto alla serba su quella del rovescio, non disdegnando l’uso di schiaffi al volo non definitivi ma volti ad evitare di perdere campo per colpire in modo aggressivo palle che nei mesi passati avrebbe colpito da fondocampo prediligendo una minor aggressività. La semifinale è stata il capolavoro del torneo ed è stato il match che, seppur non si sia disputato in un torneo dello Slam, può rappresentare la svolta della carriera della Bencic: il 36 75 64 (stesso punteggio con cui Stephens superò Serena nel 2013 a Melbourne, non riuscendo però a ripetere risultati simili negli anni successivi) ottenuto ai danni di Serena nella nottata di sabato sarà un risultato indimenticabile per la talentuosa svizzera, inizialmente incapace di focalizzarsi sul suo gioco ma poi abilissima nello sfruttare la scarsa vena al servizio della campionessa americana, dimostrandosi sostanzialmente più centrata e concreta da fondo. Quella prestazione, condita da un atteggiamento sempre positivo e nella quale la Bencic ha dato l’impressione di divertirsi nel momento in cui il match è diventato equilibrato, ha ancora una volta sottolineato le incertezza della Bencic nel chiudere i match: come in finale a Eastbourne, in cui si è incartata a fine secondo set contro la Radwanska, o contro Bouchard in terra canadese ha dovuto attendere prima di concretizzare il vantaggio accumulato e contro Serena, avanti per 51 e servizio nella decisiva frazione, è riuscita ad imporsi solo per 64, mostrando però una tenacia e un’indomita voglia di vincere tipica delle giovani atlete. La finale contro la Halep non è stata semplice, un pò per le tante ore trascorse sul campo nei match precedenti, un po’ per il caldo e per la grande capacità della rumena di allungare gli scambi e concedere poco spazio alle sue avversarie per manovrare il gioco pur non optando per un tennis troppo potente. Un primo set di vera battaglia, chiuso grazie ad un tie-break in cui Belinda è stata in grado di recuperare da 14, sembrava il preludio per una comoda vittoria in due set; ancora una volta però le incertezza della svizzera, miste alla paura di vincere un titolo così importante e la sua inesperienza (per ora) di contendersi trofei così prestiogiosi, si sono palesate in modo evidente quando è finita avanti 20, 42 e 53 nel secondo set, finendo poi per concedere alla sua avversaria, evidentemente afflitta da problemi alla gamba sinistra e colpita da un colpo di calore, la possibilità di imporsi nel secondo parziale per rinviare le sorti del match al set decisivo. Sotto per 3 giochi a zero la Halep ha però deciso di ritirarsi, non concedendo così alla Bencic la possibilità di provare l’ebbrezza di celebrare il championship point di un torneo così ambito; le emozioni però della semifinale vinta contro Serena sono state sufficienti per la Bencic, totalmente sopraffatta delle emozioni sabato notte ed incapace di decidere come esultare al termine di una vittoria tanto inaspettata quanto rivelatoria delle ambizioni e delle possibilità della svizzera di potersi imporre con continuità ad altissimi livelli.
Splendida dunque la settimana in terra canadese della svizzera, capace di eliminare 6 giocatrici tra le prime 25 del mondo, tutte almeno finaliste Slam e capaci, tutte tranne la Lisicki, di entrare in top 10 (e la tedesca rimane probabilmente la più forte atleta di oggi a non essere riuscita nell’impresa nonostante la finale raggiunta a Wimbledon nel 2013); il record della Bencic contro le top 10 è in ancora più incoraggiante per il futuro di Belinda: 8 vittorie e solo 5 sconfitte sono un bottino di tutto rispetto, ma lo sono ancora di più se si considera che ha vinto 8 delle ultime 10 sfide contro le tenniste d’élite. Tre vittorie contro la Wozniacki, una contro Kerber, Jankovic, Halep, Ivanovic e Serena spiegano la grande qualità di Belinda di affrontare e rendere al meglio contro giocatrici di ogni tipo, preferendo sempre però affrontare tenniste non così potenti e che fanno della condizione fisica il loro punto di forza. Rispetto a Wozniacki e Kerber, ad esempio, è meno forte fisicamente, nonostante rispetto alla stagione scorsa sia cresciuta notevolmente sotto questo aspetto muovendosi in maniera sempre più fluida e riuscendo a perdere pochissimo campo specialmente dal lato del rovescio, ma grazie ad un talento superiore, una capacità di muovere in maniera decisamente più naturale e continua il gioco trovando senza problemi angoli interessanti e non avendo paura di giocare lungolinea ad aprirsi il campo (seppur il gioco di volo abbia ancora notevoli margini di miglioramento) riesce ad affrontare questo tipo di avversarie senza problemi, ben consapevole che avrà tempo di esprimere il suo gioco senza essere messa sotto pressione fin dal primo colpo. Belinda tende a soffrire di più il gioco di tenniste potenti che riescono ad approfittare del suo servizio ancora con ampi margini di miglioramento (la prima è solida ed è sempre più continuo a livello di efficacia lo slice, mentre la seconda è in crescita ma, insieme al gioco di volo, è ciò su cui dovrà lavorare maggioramente nei mesi futuri) e a farla correre. Grazie ad un’impostazione dello scambio sempre con i piedi sulla riga, a doti d’anticipo naturali ed un’innata capacità di colpire la palla in controbalzo con entrambi i fondamentali sta riuscendo però ad esprimere un tennis sempre più aggressivo da fondo, caratterizzato da un rovescio magnifico col quale riesce a fare tutto e un diritto sempre in crescita e sempre più potente col quale non ha paura di spingere. Il suo atteggiamento risente ancora della giovane età, sia nel bene che nel male: non ha paura di affrontare situazioni nuove, ma spesso ancora fatica a gestire la tensione nei momenti clou del match; non è detto però che quest’ultimo aspetto rappresenti un male per la svizzera, soprattutto se paragoniamo questo atteggiamento a quello tipico di tempi in cui atlete appena sedicenni sembravano robot in grado di dominare il circuito mostrando solo in in apparenza una solidità mentale insolita per l’età che non sempre però ha rappresentato un aspetto positivo per il proseguo della carriera (qualcuno ha detto Hingis?).
Grazie al magnifico successo a Toronto è balzata dalla posizione numero 20 alla 12esima, ad appena 230 punti dalla Top 10; non è detto che già in questa stagione riesca ad entrare tra le prime 10 o addirittura qualificarsi per il Master di fine anno in quanto la concorrenza è assai agguerrita e sono moltissime le atlete che hanno guadagnato in questo 2015 una quantità di punti simili a lei, ma se risucirà a progradire sempre di più (tra le top 15 è, nonostante le già indubbie qualità, quella con ancora i margini di crescita maggiori) l’appuntamento con le top 10 sarà imminente. Le 21 vittorie nelle ultime 25 partite sono riuscite a raddrizzare del tutto una stagione partita in modo zoppicante, all’inizio della quale però era stata la prima a confessare che a 17/18 anni ormai è più normale navigare intorno alla posizione numero 200 piuttosto che presentarsi al via degli Slam da testa di serie. Grazie all’abitudine di stare ormai da sempre sotto le luci dei riflettori e di gestire pressioni di ogni tipo non avrà certo problemi ad ambire a traguardi ancora più importanti, specialmente per una tennista cresciuta in una terra che ha prodotto sostanzialmente pochi campioni ma tutti di qualità assoluta e che è considerata da sempre una futura numero uno. Quali migliori presupposti per una tennista diciottenne per provare a raggiungere fin da ora risultati ancor più eclatanti che per una giocatrice allenata dalla madre di Martina Hingis, accompagnata spesso nel box e in allenamento da quest’ultima e proveniente da una terra in cui due signori come Federer e Wawrinka continuano a portare a casa trofei importantissimi in singolare ed che sono riusciti nell’impresa di vincere finalmente la Coppa Davis? In fondo per noi amanti del tennis la Svizzera, più che il Paese della cioccolata e degli orologi, è senza dubbio diventata la nazione di tennisti dal talento estremo capaci di emozionare chinque e Belinda, di fianco a nomi del genere, di sicuro non sfigurerebbe.