E ancora una volta, come di consueto, arrivano alcune sentenze. “Quando c’era la Graf…” o ancora “da quando Serena Williams è calata…” ma soprattutto il più grande dei classici: “eh ma il livello è basso, è evidente”. Sono 10 anni che seguo il circuito WTA con grande attenzione, commentando su Supertennis Tv centinaia di partita a stagione. E l’evidenza, per me, è opposta. Il livello medio-alto oggi è davvero notevolissimo.
Le tesi a sostegno di chi parla di infimo livello del tennis WTA sono varie, tutte molto discutibili.
Una delle teorie più in voga è: “giocano tutte nello stesso modo, non sanno utilizzare le variazioni”. Non ricordo grandi variazioni in Serena Williams, Maria Sharapova, Vika Azarenka, ma se andiamo a studiare i dettagli notiamo che, ad eccezione di Naomi Osaka e Aryna Sabalenka, tenniste alla ‘Williams’ come caratteristiche, gli ultimi Slam sono finiti nelle mani di giocatrici dalla grande completezza tecnica e capacità tattica: Ashleigh Barty, Iga Swiatek, Barbora Krejcikova.
Emma Raducanu, che ha avuto un comprensibile calo dopo l’exploit newyorchese e che a Melbourne è uscita anche a causa di un problema fisico, è il prototipo di ciò che gli addetti ai lavori del circuito WTA stanno provando a inseguire e costruire: potenza + completezza tecnica + atletismo. Cosa significa? Che il livello si sta alzando ancora di più, perché per vincere bisogna avere tante (tutte) le qualità tecnico-tattiche-fisiche possibili. Per vincere bisogna saper fare qualcosa più di tutte le altre. Ne parlavamo su Twitch (QUI il nostro canale) con Marco Gulisano, assistant coach di Matteo Berrettini, che recentemente ha seguito molti match WTA di Ajla Tomljanovic ed era d’accordo su un livello molto buono del circuito femminile.
Un altro luogo comunque è: ‘si capisce che il livello è basso perché le vincitrici Slam non si confermano’. È accaduto, è vero, soprattutto con Jelena Ostapenko e Sofia Kenin. Tornando invece a Barty, Krejcikova e Switaek, si tratta di n.1, 3 e 4 del mondo. Discretamente confermatesi. E chi ha vinto il torneo olimpico che tennis esprime? Completo, non potente ma intelligente. Questo è il gioco di Belinda Bencic.
Ovviamente ci sono anche le picchiatrici che, però, lavorano per aggiungere qualità tecniche e tattiche al proprio repertorio. È l’esempio di Aryna Sabalenka (tralasciando il momento di crisi al servizio) e ancor di più di Anett Kontaveit e della stessa Danielle Collins o Luda Samsonova.
Tutte, inoltre, stanno migliorando dal punto di vista fisico.
Vi è un altro aspetto importante e sottovalutato. Nel femminile ci sono spesso i cosiddetti ‘WTA Drama’, match dall’andamento folle, anche tra le migliori del ranking, che portano a commenti come: “non ci sono più le campionesse di una volta, nessuna sa chiudere le partite”. Bisognerebbe sottolineare il fatto che nel femminile, per una semplice questione di potenza fisica, il servizio è meno determinante e, in caso di difficoltà (psicologiche o fisiche), è molto più semplice perdere vari game consecutivi. Succedeva anche negli ’70, anche negli ’80 o ’90. Non è una novità. Nel tennis maschile è più raro (ma accade comunque più spesso di quanto non crediate) vedere giocatori recuperare due break in un singolo set, soprattutto sul veloce. Il servizio ha un’incidenza troppo superiore.
Per questo motivo nel tennis femminile di vertice mancano le grandi rivalità. E le grandi rivalità portano attenzione mediatica. Chissà che la docu-serie di Netflix non possa dare una mano a creare quei personaggi (oltre che giocatrici) che possano dare ancor più linfa al circuito WTA.
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