di Salvatore Petrillo
Il mondo del tennis è fatto di miriadi di storie diverse, di un miscuglio eterogeneo dei personaggi più variegati, che rendono questo sport una vera fucina per chi ne voglia parlare o, nel nostro caso, scrivere. Il circuito è pieno di tennisti che ce l’hanno fatta a dispetto di mezzi tecnici limitati rispetto ai rispettivi avversari, come possono essere gli iberici Robredo e Ferrer, o di tennisti che pur mostrando un talento cristallino non sono dove dovrebbero essere, a causa di scarsa abnegazione e attitudine mentale, o ancora di ragazzi e ragazze fermati per motivi purtroppo poco dipendenti da loro, e penso a Monica Seles e, più in piccolo, ad Andrea Petkovic.
Personaggio a tutto tondo, Andrea Petkovic rappresenta uno degli esempi più lampanti del fatto che la fortuna sarà anche cieca, ma, come si dice, la sfiga ci vede benissimo.
Nata nel 1987 da padre serbo e madre bosniaca, fuggiti a causa della guerra nei Balcani, entra nel circuito professionistico nel 2006, ma si dedica completamente al tennis non prima di aver concluso i suoi studi in Scienze Politiche, alle quali viene avvicinata da papà Zoran. Parla quattro lingue la bella Andrea (tedesco, inglese, francese e serbo) e oltre ad interessarsi di politica, cosa rara tra i tennisti, legge letture impegnate, da Nietszche a Sartre, da Wilde a Shakespeare, come fa del resto un insospettabile come Ernests Gulbis.
Ma la sua grande passione è il tennis, e la giovane tedesca dall’animo serbo comincia subito a mettere in mostra il suo talento: colpi piatti e potenti, grande tenuta dalla baseline e ottima tecnica, anche nei pressi della rete. E’ una tennista completa, ma la sfortuna comincia a mettere lo zampino nella sua giovane carriera: durante gli Australian Open del 2008 si lesiona il legamento crociato del ginocchio destro, crack che la terrà ferma 8 mesi, tanto da farle pensare di lasciare il tennis se non fosse rientrata a breve nei piani alti del ranking.
Ci riesce, arrivando tra le top-50 in poco tempo. Ma Andrea ha ben altre ambizioni, cominciano a paragonarla addirittura a Steffi Graf, i risultati arrivano e la ragazza di Tuzla si issa fino alla posizione numero 9 della classifica mondiale. La carriera che le si presenta davanti sembra molto ben avviata, ma il suo fisico non la pensa così. E li comincia il vero calvario.
A inizio 2012, una doppia frattura alla colonna vertebrale, che la terrà fuori un paio di mesi. Ad aprile, però, è la caviglia a cedere: il legamento cede, “Provavo a sollevare il piede ma lo vedevo penzoloni” le sue parole, e altri quattro mesi ai box. Rientra alle competizioni a fine anno, ma la Hopman Cup a dicembre ha in serbo per lei l’ennesima, brutta sorpresa: menisco a pezzi e nuova operazione.
Una ragazza fiaccata nel corpo, ma mai nello spirito. Rientra ancora, questa volta quasi fuori dalla top-200, continua a tenere il suo blog, “Petkorazzi”, sempre aperta e disponibile verso i suoi tifosi che sperano di rivedere a breve la sua “Petkodance”, danza celebrativa che lei era solita tenere dopo le sue vittorie.
E i suoi fans vengono accontentati, dopo questo lungo calvario, nell’aprile del 2014: Andrea Petkovic trionfa sulla terra verde di Charleston, battendo tenniste del calibro di Lisicki, Bouchard e Safarova, mostrando a tutti di essere tornata. Ma non è tutto: al Roland Garros, sulla terra di Parigi, si spinge fino alle semifinali da tds 28, battuta solo da Simona Halep, e a luglio, a distanza di 5 anni, torna a vincere sulla terra di Bad Gastein, quasi simbolo di un cerchio che si va a chiudere.
Ora l’obiettivo di Andrea può, e forse deve, essere il rientro nella Top-10, magari passando per il Master di Sofia, al quale si è meritatamente qualificata in virtù dell’attuale 16sima posizione, raggiunta dopo una scalata che ha dimostrato che il corpo si può fiaccare, ma lo spirito, se forte, resiste a qualsiasi urto.
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