di Salvatore Greco
Semifinale all’Australian Open, un titolo Premier a Montreal, finale a Indian Wells, semifinale a Madrid, quarto posto nella race 2014. Molte tenniste –anche di primo livello- metterebbero la firma su una stagione del genere, ma Agnieszka Radwańska non può, non deve e speriamo sinceramente che nemmeno lo voglia. Eppure questi risultati sono i suoi, il bottino di un 2014 durante il quale ha anche racimolato grosse delusioni come il terzo turno al Roland Garros, gli ottavi di finale a Wimbledon, lo US Open lasciato addirittura al secondo turno e il torneo International di Seoul dove difendeva il titolo ed è uscita ai quarti di finale dopo una partita assurda contro Varvara Lepcenko (7-6 6-2 6-2 subendo un parziale di sei game di fila sia nel secondo che nel terzo set).
In particolare le battute d’arresto negli slam sono state pesanti, inaspettate e anche difficili da spiegare. Proviamo ad analizzarle in ordine per capire come a Radwańska sia mancato quest’anno il passo giusto per cogliere finalmente un risultato ad altissimo livello.
All’Australian Open Aga arriva dopo una sola partita ufficiale in stagione (più la Hopman Cup giocata per la Polonia assieme a Grzegorz Panfil), persa contro la Mattek-Sands a Sidney, e a Melbourne gioca la prima settimana senza eccessivi patemi. Agli ottavi supera Garbine Muguruza lo stesso giorno in cui Dominika Cibulkova elimina una delle nemesi più dure per Agnieszka, Maria Sharapova, e ventiquattr’ore dopo la clamorosa uscita di scena di Serena Williams per mano di Ana Ivanovic. Tabellone che diventa dunque improvvisamente favorevole, specie dopo il quarto di finale in cui la polacca affronta e supera Azarenka in tre set. Lasciate alle spalle, in un modo o nell’altro, tutte le grandi bombardiere, la via polacca allo slam sembrerebbe aperta o quantomeno realistica, finalmente. E invece no: in semifinale contro Cibulkova, Radwańska gioca una partita remissiva e sottotono finendo eliminata con un secco 6-1 6-2. Stanchezza, affaticamento, lettura errata della partita i commenti più comuni. Tutto molto strano per una giocatrice famosa per la sua tenuta atletica e la sua straordinaria capacità tattica.
Il secondo slam dell’anno, ovviamente il Roland Garros, vede Aga presentarsi in campo come testa di serie n.3 del seeding dopo una stagione sul rosso condita da discreti piazzamenti (quarti a Stoccarda, semi a Madrid, quarti a Roma) e quindi, anche se la terra rossa non è certo la superficie prediletta della tennista polacca, Radwańska si presenta nel novero delle favorite d’ufficio. Inizia con tranquillità, superando la cinese Zhang al primo turno, mentre il torneo miete la prima vittima d’onore: la campionessa di Melbourne Na Li. Al secondo turno, altra vittoria tranquilla di Radwańska contro Karolina Pliskova e altro terremoto in tabellone con la sconfitta di Serena Williams per mano della Muguruza. A questo punto la Radwańska si trova prima testa di serie de facto e diventa la favorita assoluta per la vittoria finale, perlomeno sulla carta. Pronostico seccamente smentito da subito, quando la tennista polacca si presenta al terzo turno da “regina” del tabellone e perde in maniera perentoria dalla croata Alja Tomljanovic per 6-4 6-4, altra sconfitta difficile da interpretare, arrivata contro una giocatrice di livello decisamente più basso.
Radwańska a Wimbledon, di certo lo slam prediletto sia perché l’erba più di ogni altra superficie rende giustizia al suo gioco di tocco sia perché su questi campi la polacca ha raggiunto la sua finora unica finale slam, contro Serena Williams nel 2012, arriva come quarta giocatrice del seeding e comincia bene il torneo superando con facilità avversarie di modesto valore. Nel frattempo, ancora una volta avviene la prematura uscita di scena delle prime due teste di serie, Li e Williams, entrambe eliminate al terzo turno. Ancora una volta dunque Radwańska si presenta in campo “consapevole” di una clamorosa apertura del tabellone e ancora una volta disattende le aspettative perdendo agli ottavi dalla russa Ekaterina Makarova con un secco ed eloquente 6-4 6-0.
Infine lo US Open, lo slam più avaro per Radwańska che sui campi di Flushing Meadows non è mai andata oltre gli ottavi, torneo che sembra partire sotto i buoni auspici della vittoria a Montreal (primo e finora unico torneo dell’anno vinto da Radwańska) e dei quarti di finale la settimana dopo a Cincinnati. Nonostante ciò, l’ultimo slam della stagione per la polacca finisce subito, al secondo turno, per mano di Shuai Peng, poi autentica sorpresa del torneo vinto da Serena Williams.
In sintesi, dunque, un’occasione clamorosa mancata in Australia e due occasioni potenzialmente clamorose tra Parigi e Londra per ottenere quella consacrazione in un torneo del grande slam che –a detta di tutti- una giocatrice come Agnieszka Radwańska meriterebbe senza se e senza ma.
Cos’è davvero mancato per compiere questo passo? L’unica cosa evidente è che, al di fuori di Vika Azarenka nei quarti di Melbourne, Aga non ha affrontato negli slam le giocatrici che storicamente la mettono in condizione di non nuocere e anzi la sua bestia nera per antonomasia, quella Serena Williams con la quale il computo degli scontri diretti recita un lapalissiano 0-8, si è messa da parte anticipatamente tre volte su quattro. Dunque non è stato certo un problema di inferiorità tecnica/fisica a mettere Radwańska fuori dai giochi. Qualcuno ha parlato di una forma deficitaria, ma la tennista polacca ha una capacità atletica tendenzialmente formidabile e a parte la finale di Indian Wells giocata con un infortunio al ginocchio sinistro, non parrebbe aver sofferto problemi di sorta durante il resto della stagione. Ci sono poi i tifosi amareggiati e i detrattori di professione che rimproverano a Radwańska un’eccessiva attività extra-tennistica, perlopiù in campo pubblicitario, ma sembra piuttosto ingeneroso per una giocatrice della sua professionalità addebitare a un fornetto o a qualche brillocco la mancata affermazione in campo durante la stagione.
Più che altro, ma senza risposte certe, sembra che ad Agnieszka Radwańska sia mancata quella “fame” agonistica che ha portato una giocatrice, forse persino tecnicamente inferiore, come la Halep a giocarsi importanti possibilità sui palcoscenici slam. Il linguaggio del corpo della giocatrice polacca, sempre piuttosto sobria in campo, tradiva quest’anno quasi più una sorta di ansia che una vera (e genuina) tensione agonistica e forse solo così si possono spiegare le battute d’arresto contro la Tomljanovic al Roland Garros o contro la Makarova sull’erba britannica. Resta da chiedersi quali e quante possibilità Agnieszka Radwańska avrà in futuro a livello slam: il ritiro della Li scombina relativamente le carte e chissà che 2015 giocherà Serena, se appagata dal 18esimo slam conquistato, o a caccia del record di Steffi Graf. Chissà poi di che tenore sarà il ritorno sui campi di Vika Azarenka, che ha da poco annunciato la chiusura prematura della sua stagione per concentrarsi bene sulla prossima, che ritmo riusciranno a tenere Bouchard e Halep, come gestiranno il 2015 la regina della terra di quest’anno, Maria Sharapova, e l’umorale campionessa di Wimbledon Petra Kvitova. Per farla breve, sembra proprio che il panorama del tennis femminile ruoterà ancora –nel bene o nel male- attorno a Serena e se l’americana giocherà una stagione “svogliata” come quella passata, Radwańska ha tutte le carte in regola, con il suo tennis ad alto livello tecnico, per essere in prima fila.
Aspettiamo il master di fine anno, la qualificazione matematica è a un passo, per dare un voto reale alla stagione della polacca, di certo possiamo dire che non saranno innovazioni tecniche (un gioco più potente non le appartiene proprio) o una diversa programmazione a garantirle il cambio di marcia nel 2015, ma le serviranno la forza mentale e la voglia di vincere che altre tenniste hanno dimostrato di poter tirare fuori e che a lei sono troppo spesso mancate durante quest’anno, per fare finalmente quel passo in più che tanto farebbe bene a lei e a tutto il tennis femminile.
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