di Sergio Pastena
Partiamo dai fatti: le Olimpiadi del 2020 sono state assegnate a Tokyo, che ha battuto nell’ultima votazione Istanbul mentre Madrid, fino a qualche mese fa ritenuta tra le favorite, è stata subito eliminata dai turchi al ballottaggio.
Tra le varie reazioni si è segnalata per durezza quella del tennista Feliciano Lopez, che dal suo profilo Twitter ha tuonato: “É un vero peccato. Vergognosa la decisione del CIO, ha dimostrato ancora una volta che questo organismo non gioca in maniera limpida e leale. Credo che la corruzione, la crisi economica e l’Operacion Puerto siano state fondamentali per non fare ospitare i Giochi. Eppure ci sono 30 casi di doping degli atleti turchi e la crisi nucleare di Fukushima… non capisco”.
Francamente sono parole che generano un effetto comico. Grosso modo è come se mi candidassi per miss Italia e poi mi lamentassi dicendo “Mi hanno escluso perché sono uomo, ho la barba e sono grasso”. Invece Lopez si indigna manco qualcuno tra i votanti avesse dichiarato “Non voto Madrid perché il flamenco mi sta sulle balle”. E andiamoli pure a vedere, questi motivi.
Corruzione: è un punto fondamentale, perché un’elevata corruzione rischia di rallentare i lavori in vista dei Giochi, quindi bisogna tenerne conto. Da questo punto di vista, tuttavia, la Spagna è messa male ma non malissimo: trentesima nell’ultimo rapporto Transparency, tra i paesi “storici” dell’UE si mette dietro solo Italia e Grecia, ma resta ben davanti alla Turchia. Inutile dire che dal confronto con il Giappone esce battuta, ma almeno Istanbul…
Crisi Economica: se un paese non è pronto per le Olimpiadi, affidargliele è un rischio. Non pochi economisti hanno fatto notare come le Olimpiadi di Atene abbiano dato una bella mazzata alla traballante economia greca, e quello spagnolo attualmente è considerato il paese che “Se Atene cade, siete i prossimi”. Giá, ai livelli dell’Italia se non peggio. Tuttavia anche lí la Turchia non ride.
Doping: trenta casi turchi di doping. Vero. Il ragionamento di Lopez, peró, parte da presupposti totalmente sbagliati, e per rendersene conto basta riguardare la storia recente della Spagna sul tema del doping.
Il caso vuole che, attualmente, io mi trovi a lavorare in Andalusia, cosa che mi permette di avere un certo polso della situazione riguardo un tema sul quale gli spagnoli sono particolarmente sensibili. Anzi, direi, ipersensibili. Premettiamo una cosa: il tennis non c’entra niente e non intendo dar voce al coro di quelli secondo i quali “Nadal deve essere dopato” perché non riescono ad accettare le vittorie del maiorchino. Tuttavia non si puó ridurre neppure tutto alla banale considerazione “Vinciamo tanto, perciò il resto del mondo è invidioso”. Non funziona, non col CIO.
Un sondaggio promosso in questi giorni da Marca ha dato un esito sorprendente quanto significativo: alla domanda su quali fossero i motivi che hanno portato alla bocciatura di Madrid, il tema del doping è risultato soltanto al quinto posto, con gli spagnoli che hanno dato la colpa ai politici. Frenate un attimo: durante il famigerato “turno di domande” sulle candidature, quando si è arrivati a Madrid, i dubbi sono stati incentrati per la maggior parte sull’affare Fuentes, sulla sentenza morbida che c’è stata di recente e sulle sacche di sangue destinate alla distruzione per decisione della magistratura. Pare evidente, insomma, che la cosa abbia avuto un suo peso ma i lettori spagnoli preferiscono mettere la testa sotto la sabbia. Qual è la verità?
Una cosa che mi ha particolarmente impressionato, dopo la sentenza Contador, è stato il fatto che tutto il paese si sia schierato in maniera praticamente unanime contro la squalifica. Attenzione, nessuno dice che dovessero demolire Contador, ma in Italia anche nei casi piú dubbi la posizione ufficiale è stata di rispetto per le decisioni dell’autoritá anti-doping, mentre in Spagna si è sollevato un polverone. Eppure, anche volendo credere alla buona fede di Contador, quanto meno lo si sarebbe dovuto considerare negligente: con l’aria che tira nel ciclismo é a dir poco da imprudenti mangiare una bistecca durante una corsa senza essere sicuri della provenienza e senza nemmeno sincerarsi su come ottenerne un campione in caso di problemi, pur sapendo perfettamente che basta la minima contaminazione a rovinarti anni di sacrifici.
Allo stesso modo il premier Rajoy, immediatamente dopo la blanda sentenza Puerto, non ha trovato di meglio che dire che la cosa non danneggiava la candidatura di Madrid (sará… di certo non l’ha aiutata) anziché preoccuparsi di uno scandalo potenzialmente di proporzioni enormi che era stato insabbiato. Si dirá: sono decisioni della magistratura spagnola e vanno rispettate. Certamente. Ma votare Madrid non era un obbligo e, probabilmente, molti dei giurati hanno pensato “Se in Spagna funziona cosí, non è il posto giusto”.
Ultimo capitolo, la legge anti-doping: quest’anno la Spagna è stata l’ultimo dei “paesi grandi” a dotarsi di una legislazione ad hoc. In teoria, se applicata, sarebbe una legge anche abbastanza dura, ma presenta almeno due problemi. Innanzi tutto l’assunzione di sostanze illecite da parte di professionisti non viene configurata come reato penale ma civile, quando ormai è orientamento comune (e giusto) mettere i dopati sullo stesso piano dei truffatori, visto che provano illecitamente a conseguire vantaggi in competizioni che portano premi economici notevoli.
Punto secondo: multe “fino” a 400.000 euro. Bello, ma con il lassismo che c’è stato fino ad ora chi sarebbe disposto a credere a un’applicazione severa? Certo non aiutano a crederci anni e anni di attesa per avere una normativa sul tema, con la collaborazione dello sport spagnola definita impalpabile non dalla stampa turca o giapponese ma da gente come Pat McQuaid che contro il doping combatte una battaglia durissima da anni. No, proprio non aiutano.
E non aiuta il fatto che la Spagna abbia penosamente provato a far passare come “innovativa” una legge partorita in vista delle votazioni per la sede olimpica: mal gliene è incolto. Avrebbero dovuto capire da prima che la strategia del “Ce l’avete con noi perché vinciamo” non avrebbe condotto da nessuna parte se non ad un isolazionismo che, alla fine, ha presentato il conto. Ma d’altronde non si svela l’arcano affermando che il contributo della Spagna alla lotta al doping è stato decisamente insufficiente in questi anni, quindi invece di lamentarsi sarebbe stato il caso di essere meno allergici al tema in passato. Tokyo offriva piú garanzie, tanto piú che Fukushima è sotto controllo da tempo, figuriamoci nel 2020…
Perció, caro il mio Feliciano, non ti crucciare ma rifletti, proprio tu che per il gioco che hai tutto potresti essere tranne che dopato: pensa a Valverde e alle lungaggini sull’Operacion Puerto. A Marta Dominguez e alle sue medaglie europee e mondiali non revocate per la lentezza dell’Operacion Galgo. A quelle sacche di sangue da distruggere dietro ognuna delle quali poteva esserci un nome eccellente, sempre nell’ambito dell’Operacion Puerto.
Forse ti renderai conto che quelle turche al confronto con la Spagna son pagliuzze…
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