C’è un posto, in Stiria, a metà strada tra Graz e la slovena Maribor, in cui l’assenza di pendii rilevanti ha in parte attenuato il naturale approccio degli abitanti verso gli sport di montagna. Terra di sciatori ma anche di velisti e canoisti, nonché di campioni del mondo di F1, per decenni l’Austria del tennis è stata poco più di quella spensierata che si giocava per ammazzare il tempo alla corte degli Asburgo. Poi, il 2 ottobre 1967 a Leibnitz – è quella la cittadina di cui sopra – è nato il messia; e molto, se non tutto, è cambiato. In questo nostro giro del mondo del tennis in 50 tappe, oggi è la volta di una nazione che ha avuto decine di margravi e duchi, imperatori e principi ma un solo re.
IL PASSATO – Prima del re, poco altro. Dalla fine degli Anni Venti al 1938, quando l’Anschluss di fatto annullò l’Austria in quanto nazione per annetterla alla Germania nazista, la nostra ebbe i suoi quattro moschettieri, a coppie di due. I primi furono Franz-Wilhelm Matejka e Herman von Artens e ottennero i migliori risultati al Roland Garros (tre volte ciascuno negli ottavi) ma nel 1931 von Artens vinse tre incontri anche a Wimbledon, perdendo infine contro Borotra. Meglio di loro fecero Adam Baworowski e Georg von Metaxa. Nati entrambi a Vienna a distanza di quattordici mesi uno dall’altro, i due ebbero occasione di frequentarsi al tennis club del Prater e da lì nacque una grande amicizia. Baworowski discendeva da una nobile famiglia polacca e in Polonia fece ritorno nel ’38, condannando pubblicamente la politica del regime di Hitler. Scampato per un soffio – e grazie al lignaggio – alla deportazione nei campi di concentramento, morì nella battaglia di Stalingrado lasciando ai posteri una semifinale in doppio al Roland Garros (1939). Analogo, sia pur dopo scelte diametralmente opposte, fu il destino di Georg von Metaxa, finalista in doppio a Wimbledon 1938 (in coppia con il tedesco Henner Henkel, sconfitti in quattro set da Budge/Mako). Di padre greco e madre austriaca, Metaxa scelse di giocare per la Germania dopo l’annessione ed entrò nella Wehrmacht durante il secondo conflitto mondiale; morì vittima del fuoco americano ad Arnoldsweiler, il 12 dicembre 1944.
Chi invece non si arrese alla malasorte fu Hans Redl. Perso il braccio sinistro mentre era impegnato con l’esercito tedesco nella Battaglia di Stalingrado, nel dopoguerra Redl tornò a giocare la Coppa Davis per l’Austria dopo essersi sottoposto ad un accurato programma riabilitativo. Per lui, Wimbledon decise di modificare il regolamento e gli permise di servire alzandosi la pallina con la racchetta. Nel 1947 Redl superò tre turni e si arrese solo a Bob Falkenburg, che l’anno seguente si sarebbe aggiudicato i Championships, mentre nel 1953 (con Huber) raggiunse i quarti in doppio, dove venne sconfitto da Hoad/Rosewall.
Alle soglie dell’Era Open, con la squadra di Davis che veniva da sei sconfitte per 0-5 negli ultimi sette incontri, l’Austria si presentò nei vari circuiti con un paio di ventenni che, a modo loro, avrebbero fatto la storia del paese, se non proprio del tennis. Hans Kary, classe 1949 da Spittal an der Drau, e Peter Feigl, viennese del 1951, avrebbero fatto registrare, quasi al termine delle rispettive carriere, la prima finale ATP tutta austriaca. Accadde a Lagos nel 1979 e vinse Kary in tre set; fu la sublimazione di un cammino che l’aveva già visto finalista sette anni prima a Hilversum e con un best-ranking di n°54 al mondo. Andò meglio, complessivamente, allo sconfitto. Peter Feigl infatti raggiunse la sua miglior classifica al n°36 e guadagnò sei finali nel circuito, vincendone la metà e conquistando i quarti agli Australian Open ’78 a spese del 43enne Ken Rosewall, che proprio contro di lui giocò l’ultima delle sue 205 partite negli slam: indietro di due set e di un break nel terzo, quarto e quinto set, Feigl risalì la corrente e vinse 2-6/4-6/7-5/6-4/10-8.
Il 17 giugno 1984, Michael Wrann – capitano della formazione austriaca di Coppa Davis – fece esordire, a risultato acquisito, un sedicenne mancino di belle speranze, come avrebbe dimostrato la finale al Roland Garros juniores conquistata l’anno successivo: Thomas Muster vinse facilmente contro il norvegese Tony Jonsson e, un mese più tardi, debuttò vittoriosamente anche nel circuito ATP sfruttando la wild-card concessagli dagli organizzatori di Kitzbuhel e battendo Jeff Borowjak. Sono queste le origini agonistiche del più grande tennista austriaco di sempre: Thomas Muster. Agonista di primissimo livello, il mancino di Leibnitz rischiò di vedere interrotta la carriera a Key Biscayne nel 1989 quando sulla sua strada, letteralmente, si materializzò Robert Norman Sobie che, ubriaco al volante della sua auto lo investì il giorno prima della finale e gli mise fuori uso il ginocchio sinistro. Rafforzato nello spirito, anziché distrutto, dall’episodio, Muster si fece costruire da un artigiano una speciale panca sulla quale iniziò quasi subito ad allenare tutto il resto del corpo tranne la gamba ingessata; mantenere il tono della muscolatura e trasformare la sofferenza in spinta vitale, questo il mantra che accompagnò il mancino di Leibnitz in quei mesi terribili.
Sei mesi dopo l’incidente, Muster rientrò nel circuito a Barcellona dove perse nei quarti contro l’odiato connazionale Horst Skoff ma il peggio era ormai alle spalle e il futuro si sarebbe trasformato in una realtà da record. Miglior numero 1 della storia in quanto a percentuale di finali vinte in carriera (44-10 tra quelle disputate, per un 81% di otto lunghezze superiore ai due che lo seguono, Sampras e Borg), Muster salì a buon diritto sul podio allargato dei primi 5 “terraioli” dell’Era Open mettendo a segno un primato tuttora imbattuto: 24 finali vinte consecutivamente sulla stessa superficie. Da Roma 1990 a Stoccarda 1995, affrontare Thomas l’ultimo giorno di un torneo sul rosso fu sinonimo di sconfitta e, anche quando l’incantesimo si spezzò per mano dello spagnolo Albert Costa (a Kitzbuhel), si trattò di un incidente di percorso perché da quel giorno Muster ne infilò altre 10. Di tutte queste, la più importante la giocò al Roland Garros ’95, quando alzò l’unico trofeo major austriaco in singolare battendo Chang 7-5/6-2/6-4.
Paradossalmente, per diventare il tredicesimo n°1 della storia ATP Muster dovette attendere – dopo un ’95 strepitoso, terminato con un record di 86-18 e 12 titoli – il 12 febbraio 1996, dopo due inutili quanto inedite vittorie in Coppa Davis sull’erba del Wanderers Club di Johannesburg ai danni di Ondruska e Wayne Ferreira. A proposito di Davis, sulla terra rossa Thomas ha giocato 30 incontri di singolare perdendo solo l’ultimo, a Graz contro Goran Ivanisevic.
Forzatamente all’ombra di Muster, il quasi coetaneo e compagno di nazionale Horst Skoff arrivò al n°18 del mondo vincendo quattro titoli ATP e battendo più di un Top-10. Capace, nella sua carriera, di far arrabbiare anche uno come Stefan Edberg, aveva (ricambiato) una pessima opinione del più celebre connazionale, tanto che in nazionale i due non si parlavano. Tuttavia, quando morì prematuramente a causa di un infarto (aveva appena 39 anni), di lui Thomas disse che “la sua testardaggine a volermi superare ogni volta che ci siamo affrontati è stata per me fonte costante di grande motivazione”.
Terra di amanti della terra, l’Austria ebbe in Gilbert Schaller un altro Top-20 anomalo, nel senso che non riuscì mai ad andare oltre il secondo turno al Roland Garros e vinse un solo torneo in carriera (Casablanca) pur raggiungendo la posizione n°17 nel ranking ATP; ebbe tuttavia, sempre sul rosso, un record conclusivo di 7 vinte e 5 perse nei confronti dei Top-10 e le sue vittime furono Bruguera, Stich, Sampras, Becker, Ivanisevic e due volte Kafelnikov.
Prima di passare al settore femminile, appartengono al passato anche altri discreti tennisti: il pestifero Daniel Koellerer (ex n°55, poi allontanato dal circuito per scommesse illecite), il Top-50 Andreas Haider-Maurer, Markus Hipfl (che visse il suo week-end da leone quando sconfisse sia Norman che Gustafsson in un Austria-Svezia di Davis del 1999 che valeva l’accesso al World Group) e il migliore di tutti, ovvero Stefan Koubek, mancino di Klagenfurt che arrivò ad essere numero 20 del mondo nel marzo del 2000, giocò sei finali nel circuito – vincendone la metà – e raggiunse i quarti agli Australian Open 2002 dopo aver recuperato un primo turno con Saulnier in cui si trovava sotto 0-6/1-6/1-4/15-40, poi vinto 8-6 al quinto.
Per chiudere, il secondo austriaco in ordine di tempo ad alzare un trofeo dello slam è stato il doppista (ma con una classifica in singolare da primi 100) Julian Knowle che, nel 2007, si impose a Flushing Meadows in coppia con lo svedese Simon Aspelin. Fu più sfortunato nelle altre due finali disputate e condivise con Nenad Zimonjic: il serbo fu suo compagno quando persero a Wimbledon 2004 contro Bjorkman/Woodbridge e avversario al Roland Garros 2010 (con Katarina Srebotnik), in cui il nostro fece coppia con Yaroslava Shvedova.
Appena due Top-10 e mai una semifinale slam nella storia del tennis rosa austriaco. Una storia piuttosto recente, iniziata a livello di nazionale con la prima partecipazione alla Fed Cup solo nel 1963 e proseguita con continuità solo dieci anni dopo. La prima giocatrice di spessore – e anche l’unica capace di conquistare due quarti di finale in due diversi slam – fu Judith Wiesner; nel suo anno migliore, il 1996, arrivò tra le prime otto sia a Wimbledon che agli US Open e questo contribuì a farle raggiungere il best-ranking il 13 gennaio dell’anno successivo, che fu anche l’ultimo della sua carriera.
Omonime, le due Top-10 furono invece Barbara Paulus e Barbara Schett. La prima, viennese classe 1970, vinse sei tornei in carriera e chiuse il ’96 al decimo posto WTA dopo aver ottenuto il privilegio di giocare il Masters a New York. Attuale commentatrice per Eurosport, la migliore di tutte (stando al ranking) fu invece la Schett. Unica austriaca a disputare una finale slam (perse il doppio misto agli Australian Open 2001 con Joshua Eagle), dopo i quarti conquistati agli US Open del 1999 arrivò ad essere n°7 del ranking e chiuse la stagione appena una posizione più in basso. Una terza Barbara, la mancina Schwartz, non andò mai oltre il 40esimo scalino mondiale ma al Roland Garros del 1999 giocò il torneo della vita conquistando i quarti a spese della testa di serie n°5 Venus Williams dopo essere partita dalle qualificazioni. Infine, Sybille Bammer; altra mancina, nata a Linz nel 1980, si spinse fino ai quarti agli US Open 2008 ma nel corso dell’anno precedente aveva raggiunto il suo best-ranking, al n°19.
Prima di chiudere la rassegna dedicata al passato, sono doverose due parole su una promessa mancata e su una sfortunata coppia di gemelle. La promessa è Nikolaus Moser, campione in doppio agli US Open juniores 2008 insieme al tedesco Stebe ma con una carriera priva di incontri nel circuito maggiore e quattro soli titoli ITF Futures al suo attivo. Le gemelle invece erano le “K-tweens”, ovvero Sandra e Daniela Klemenschits; una mancina e l’altra destra – compagne di doppio con all’attivo decine di titoli ITF e la finale a Singapore 2005 – furono divise dal tragico destino che portò entrambe ad ammalarsi di un tumore, ad inizio 2007. Daniela morì poco più di un anno dopo e Sandra, dopo aver meditato il ritiro ed essere guarita, tornò a giocare fino ad aggiudicarsi, sempre in doppio con la slovena Klepac, il titolo nel WTA di Bad Gastein.
IL PRESENTE – Così come in passato, anche oggi c’è una sostanziale differenza tra il tennis maschile e quello femminile. Quest’ultimo, infatti, ha sfornato l’ultima giocatrice di un certo spessore con Tamira Paszek. Nata a Dornbirn il 6 dicembre 1990 e con passaporto canadese, Tamira ha una particolare predilezione per l’erba e non è un caso che abbia colto i risultati migliori a Wimbledon (quarti di finale nel 2011 e 2012, entrambe le volte battuta da Vika Azarenka) e a Eastbourne, dove vinse il più importante dei suoi tre titoli WTA nel 2012, quando sconfisse in finale la Kerber 7-5 al terzo. Purtroppo però, nonostante abbia annunciato il ritorno, negli ultimi due anni ha giocato appena tre incontri ITF (perdendoli tutti) e attualmente non ha un ranking. Così, scorrendo la classifica mondiale, la prima austriaca è Barbara Haas (202), ottima giocatrice a livello di ITF (tredici i tornei vinti in carriera) ma con pochissimi incontri nel circuito maggiore e una sola apparizione negli slam (US Open 2016, eliminata al primo turno dopo essersi qualificata). Dietro alla Haas, si deve scendere al n°285 per trovare Julia Grabher, ventiduenne con un passato da Top-200, e nient’altro.
Tutt’altra musica – di Strauss o di Mozart, come volete – quella del settore maschile. Forse, in Dominic Thiem, l’Austria ha trovato il degno erede di Muster. Con il recente trofeo conquistato a Barcellona, il 25enne di Wiener Neustadt ha fatto 13 (titoli in carriera) e si candida con autorevolezza ad essere la più credibile alternativa a Nadal (da lui battuto già 4 volte sulla terra rossa) per il prossimo Roland Garros, slam nel quale Thiem è stato finalista nel 2018. Con un best-ranking di n°4, tre partecipazioni consecutive alle ATP Finals e i progressi palesati sulle altre superfici (come dimostra la recente vittoria nel 1000 di Indian Wells), oltre che il presente Dominic è una cambiale ben spesa anche per il futuro.
Dietro Thiem, però, c’è il vuoto. Nei primi 100 del ranking, infatti, non vi sono altri austriaci e per trovarne uno bisogna scendere fino al 120, dove staziona il (quasi) fratello di Dominic, ovvero Dennis Novak. Nato nella stessa città appena cinque giorni prima di Thiem, Novak non ha fin qui avuto gli stessi risultati; dopo i 23 Futures conquistati, l’impatto con il circuito maggiore è stato più difficile del previsto e per ora Dennis è costretto perlopiù a frequentare i Challenger, con alterna fortuna. Campione nel 125.000$ di Taiwan qualche settimana fa, ha avuto il suo momento migliore a Wimbledon 2018 dove ha vinto cinque incontri tra qualificazioni e tabellone principale prima di cedere in quattro set a Raonic.
Oltre Thiem e Novak, ci sono altri cinque giocatori che rientrano in questa sezione pur appartenendo sia al futuro che al passato. I primi tre sono Ofner, Rodionov e Miedler. Il 22enne Sebastian Ofner, vincitore del 125.000$ di Astana lo scorso anno, ha concentrato 5 delle sue 6 vittorie nel circuito maggiore nell’estate del 2017, quando raggiunse il terzo turno a Wimbledon dopo essersi qualificato e fu semifinalista sulla terra di Kitzbuhel. Coetaneo di Ofner e campione in doppio agli Australian Open juniores del 2014 (con l’australiano Mousley), Lucas Miedler non è ancora riuscito ad emergere dal circuito minore mentre il mancino Jurij Rodionov, classe 1999, sembra essere fatto di una pasta diversa, come dimostra il successo nel Challenger di Almaty 2018, ottenuto superando tre turni di qualificazione.
Gli altri due sono fratelli. Jurgen Melzer, campione juniores a Wimbledon 1999, è entrato nella sua ventunesima stagione da professionista. Anche se, dopo il torneo di Vienna 2018, aveva annunciato il ritiro dal singolare, in realtà al Challenger di Marbella è sceso di nuovo in campo battendo Gutierrez-Ferrol e perdendo con Andujar. Attuale n°291 del mondo, il mancino classe ’81 ha conquistato in carriera 13 finali (vincendone 5) e nel 2010 si spinse fino alle semifinali del Roland Garros battendo, tra gli altri, Ferrer e Djokovic. Top-10 sia in singolare che in doppio, è da quest’ultima specialità che ha ricevuto le maggiori soddisfazioni; in coppia con il tedesco Petzschner, ha vinto Wimbledon nel 2010 e US Open nel 2011, anno nel quale insieme alla ex-moglie Iveta Benesova. In questa stagione ha già alzato due trofei (a Sofia con Mektic, a Marrakech con Skugor) e probabilmente il doppio gli consentirà di allungare ulteriormente una carriera già eccellente. Ottimo tennista da Challenger, Gerald Melzer – fratello minore di Jurgen – alla fine del 2016 raggiunse il suo best-ranking al n°68 ma in questa stagione non ha ancora disputato un incontro.
Oltre ai major di Muster e Melzer, l’Austria ha collezionato altri due trofei grazie ad altrettanti doppisti: Oliver Marach e Alexander Peya. Trentottenne di Graz, Marach ha chiuso il 2018 al primo posto nella classifica del doppio riservata alle coppie; con il compagno Mate Pavic, aveva vinto in stagione quattro titoli, di cui tre consecutivi: Doha, Auckland e, soprattutto, Australian Open. Alexander Peya, invece, per entrare nella storia degli slam ha dovuto attendere l’ultimo Wimbledon quando, insieme alla statunitense Nicole Melichar, si è imposto nel misto battendo a sorpresa in finale Jamie Murray e Vika Azarenka. Tuttavia, l’ex numero 3 della specialità ha collezionato in carriera ben tre Masters 1000 e altri 14 tornei.
IL FUTURO – Detto di Rodionov, purtroppo l’orizzonte austriaco non è certo dei più rosei. Al momento attuale, infatti, non c’è alcun austriaco posizionato nei primi 100 del ranking ITF riservato agli juniores sia maschile che femminile. Per trovare un paio di prospetti bisogna dunque scendere con l’età: Elena Karner, classe 2003, è al 36esimo posto del ranking U16 mentre, nella stessa classifica maschile, il primo e unico austriaco è Marko Andrejic (46).
TORNEI – Nel 2019, saranno in tutto 9 gli appuntamenti in calendario che si svolgeranno sul suolo austriaco: due ATP (Kitzbuhel e Vienna), un WTA (Linz) e ben sei ITF. Per quanto riguarda questi ultimi, ci saranno tra luglio e agosto quattro tornei maschili (gli M15 di Telfs, Kramsach, Wels e l’M25 di Vogau) e due W25 femminili tra agosto e settembre a Vienna.
Quello che attualmente viene denominato Generali Open è il torneo più antico dell’Austria. La prima edizione degli Austrian Open si svolse a Praga nel 1894 e solo dal 1921 vennero trasferiti a Vienna, dove rimasero quasi ininterrottamente fino al 1957. Kitzbuhel, attuale sede del torneo appartenente alla categoria 250, ospitò la manifestazione per la prima volta nel 1959 ed è sede permanente dal 1969. Per una sola stagione (2010) il torneo venne retrocesso di categoria e scese nel circuito Challenger (in quella occasione vinse Seppi). Nel suo albo d’oro relativo all’Era Open spiccano gli argentini (4 titoli Vilas, uno a testa De la Peña, Coria, Gaudio, Calleri, Monaco e Del Potro) e gli spagnoli (13 trofei complessivi) ma c’è anche l’Italia con Adriano Panatta e Lorenzi, oltre al già citato Seppi.
Più importante in quanto a categoria (ATP 500), l’Erste Bank Open si svolge invece alla StadtHalle di Vienna dal 1974 con una sola interruzione (il 1975). Dominato in principio dagli statunitensi, che vinsero nove delle prime dodici edizioni (di cui 4 appannaggio del solo Brian Gottfried), da metà degli Anni ’80 ha cambiato diversi padroni respingendo per ben tre volte i tentativi di Muster, finalista nel 1988, 1993 e 1995.
Alla TipsArena di Linz, invece, va in scena l’unico WTA in programma. Partito nel 1987 come ITF da 10.000$ (allora si svolgeva a Wels), nel ’91 venne trasferito a Linz e promosso alla categoria Tier V, che è diventata Tier III due anni più tardi e Tier II nel 1998. Attualmente è un International, status ottenuto nel 2009. Nel suo albo d’oro spiccano nomi eccellenti, tra cui ben dieci vincitrici slam (Novotna, Pierce, Davenport, Henin, Mauresmo, Ivanovic, Sharapova, Azarenka, Kerber e Kvitova) e la campionessa in carica è Camila Giorgi.
In passato, altri tre tornei sono stati presenti nei due circuiti maggiori. Nel 1994, St.Polten ereditò da Genova l’organizzazione dell’Hypo Group Tennis International; nel capoluogo della Bassa Austria, il torneo si disputò per 12 edizioni ed ebbe tra i suoi campioni ben tre numeri 1 del mondo: Thomas Muster, Marcelo Rios e Andy Roddick. Nelle ultime tre stagioni venne spostato a Portschach, luogo in cui il russo Davydenko chiuse il tris iniziato a St.Polten.
In campo femminile, invece, sono due gli appuntamenti scomparsi: l’Austrian Open e il Gastein Ladies. Il primo, nato nel 1968, si giocò prevalentemente a Kitzbuhel fino al 1993 ed ebbe tra le sue vincitrici campionesse del calibro di Billie Jean King, Sue Barker, Hana Mandlikova, Virginia Ruzici (che lo fece suo ben quattro volte) e Conchita Martinez. Nel 1994 e per un lustro il torneo si spostò a Maria Lankowitz, poi andò a Portschach, Klagenfurt e si spense a Vienna nel 2004. Sempre sulla terra rossa, per nove stagioni (2007-2015) l’Austria ospitò quello che adesso è stato ereditato dalla svizzera Gstaad; il Gastein Ladies si giocava nella suggestiva località di Bad Gastein, negli Alti Tauri, e curiosamente ad aprire e chiudere l’albo d’oro sono state le finaliste del Roland Garros 2010. Lì infatti Francesca Schiavone ha vinto il suo primo titolo WTA, mentre Samantha Stosur ha fatto suo l’ottavo trofeo personale, battendo in finale l’italiana Knapp.
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