di Sergio Pastena
Ogni puntata un italiano, ma non basta: un po’ di sano campanilismo ci impone di approfondire la situazione e lo facciamo in due tappe. Fino ad ora abbiamo citato le annate di Jorquera, Cipolla, Giannessi, Vagnozzi, Galvani, Di Mauro e Bolelli. Oggi parliamo dei big. Diciamolo subito: il 2011 è stato un anno buono per il tennis maschile “made in Italy”. Nessun trionfalismo, ovviamente, ma tra atleti che hanno mantenuto una buona costanza di risultati e altri autori di exploit si può essere soddisfatti. Non potete capire che effetto faccia una frase del genere… avrei voluto scriverla prima ma seguo il tennis italiano solo da vent’anni. Ad ogni modo…
Uno titulo. Finalmente. Andreas Seppi ha conquistato un torneo maggiore a Eastbourne, riempiendo un vuoto quinquennale: l’ultimo era stato Volandri a Palermo, nel 2006. Il caldarese ha disputato una buona stagione, dando finalmente costanza ai suoi risultati ed evitando di perdere partite con avversari fuori dai primi 100 della classifica. Ha vinto due Challenger (Bergamo e Mons) ma, come detto, l’acuto è arrivato ad Eastbourne, dove ha messo in fila Kamke, Young, Rochus, Kunitsyn e Tipsarevic (con ben quattro vittorie al terzo) per conquistare il titolo. Una soddisfazione doppia, visto che si giocava sull’erba: il miglior risultato in passato su quella superficie era stata la finale di Tieleman al Queen’s (e, ovviamente, i quarti a Wimbledon di Sanguinetti). Peccato solo per il ritiro di Tipsarevic che ci ha privato dell’immagine del match point, ad ogni modo l’altoatesino ha chiuso con costanza, raggiungendo quattro volte i quarti di finale nei tornei maggiori e raggiungendo gli ottavi a Parigi, con gli scalpi di Almagro e Davydenko. Numero 38 delle classifiche, termina l’anno ancora una volta da primo italiano del ranking.
Fabio Fognini è andato invece a sprazzi ma, a ben guardare, il vero colpaccio dell’anno è il suo. Dopo una buona partenza, con le semifinali a Santiago, l’azzurro è andato in letargo per qualche mese prima di risvegliarsi al Roland Garros in modo imperioso: battuto Istomin, demolito Robert, superato Garcia-Lopez, il ligure ci ha regalato un match leggendario contro Montanes, concluso tirando mattonelle nonostante fosse infortunato. Non ha potuto giocare i quarti e ha dovuto saltare anche Wimbledon. Rientrato per la Davis, ha battuto Zemlja e poi ha fatto semifinale ad Umago. Il suo problema resta l’incostanza: quella che lo fa sparire dal campo contro Berdych dopo un bel primo set, quella che lo porta a perdere contro Udomchoke, quella che lo ferma per settimane dopo buoni periodi. Risolto questo problema, il braccio vale ampiamente i primi 30, non a caso quest’anno si è issato fino al numero 32.
Riguardo Potito Starace, ogni finale persa è una pugnalata: meriterebbe il tanto sospirato titolo. Lo meriterebbe per la costanza, per l’abnegazione, per la solidità, perché a trent’anni è ancora assolutamente competitivo ad alti livelli. Invece nel 2011 per il tennista di Cervinara è arrivata solo un’altra finale, persa a Casablanca. Per un po’, prima che Seppi e Fognini facessero i loro exploit, è toccato ancora a lui reggere il timone come primo tennista italiano nel ranking. Ha avuto un paio di sorteggi pessimi negli Slam (Soderling e Wawrinka) ma ha chiuso bene l’anno, con i quarti di San Pietroburgo e la bella partita contro Federer a Basilea. Speriamo che la Gira sudamericana del 2012 gli regali il secondo obiettivo dichiarato del suo finale di carriera, ovvero un titolo Atp di singolare. Il primo, il ritorno nel World Group in Davis, lo ha già raggiunto, dando come al solito il suo contributo fondamentale (due vittorie contro Kavcic e Capdeville). Ah, quasi dimenticavamo… in doppio con Bracciali ha fatto ottime cose, ma ne parleremo dopo.
Filippo Volandri è un altro dato per morto troppo spesso. Il livornese, ormai trentenne, ha cominciato l’anno facendo un game contro Berankis sul duro (cosa scontata). Poi è arrivata la terra e ha cominciato a vincere qualche partita: finali Challenger a Barletta e Napoli e, a stretto giro di posta, il ritorno in una semifinale maggiore a Belgrado, battendo Granollers e perdendo dignitosamente contro Feliciano Lopez. Filo non andava così avanti in un torneo maggiore da Buenos Aires nel 2008. Come da consuetudine, mentre tutti migravano verso erba e cemento, lui è tornato nei Challenger sul rosso con buone prestazioni: vittoria ad Orbetello e finale a Todi. Ancora una volta risultati che sono stati un preludio alle semifinali di Bucarest (battuti Machado e Granollers). Classifica che sorride al numero 69 e nessuna cambiale pesante fino a fine marzo. Ad inizio anno ci avremmo messo la firma.
A proposito di tennisti teoricamente in discesa, quanti avrebbero scommesso su un Paolo Lorenzi a ridosso dei primi cento alla fine del 2011. Non che fosse impossibile, vista la sua costanza, ma il meglio pareva averlo dato nel 2010 con la vittoria su Montanes a Roma. E invece… invece a Marzo ha fatto fuori Ljubicic in quel di Miami, poi ha vinto il Challenger di Pereira e al Foro Italico, dopo aver eliminato Andujar nelle qualificazioni e Bellucci al primo turno, ha fatto soffrire per un set e mezzo un certo Rafael Nadal, facendo sognare ad occhi aperti gli spettatori romani. Una serie di semifinali nei Challenger e la vittoria a Lubiana a settembre hanno puntellato ulteriormente la classifica del licantropico tennista romano, che ha chiuso al numero 108 e nei primi tre mesi dell’anno difenderà davvero poca roba. Il ritorno nei Top 100 è possibile.
Infine parliamo di Daniele Bracciali, o meglio del secondo Bracciali. Il primo, il singolarista, è da tempo in archivio con qualche rimpianto: per quanto è bravo il titolo di Casablanca è solo un contentino. Il Bracciali doppista, però, ci sta regalando grandi soddisfazioni: tre titoli nel 2011, uno con Starace a Bucarest e gli altri a Kitzbuhel con Santiago Gonzalez e a ‘s-Hertogenbosch con Cermak. Sempre con Starace è arrivato ai quarti al Roland Garros e agli ottavi agli Us Open, arrampicandosi fino al numero 24 delle classifiche (ora è il numero 30). L’unico problema, suo malgrado, è la stabilità: Bracciali figura tre volte nella classifica dei migliori team di doppio, al numero 22 (con Starace), al 55 (con Cermak) e al 56 (con Gonzalez). Inoltre è numero 109 con Seppi, 124 con Norman e, contando i Challenger, sarebbe ben piazzato anche con Vagnozzi. Uno, nessuno e centomila. Lungi da noi voler dare consigli a uno che non ne ha certo bisogno, ma resta la curiosità: se avesse un partner fisso (Starace o un doppista puro) dove potrebbe arrivare?
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