di Alberto Cambieri
La seconda settimana dell’anno tennistico non sembra porre fine alle (tante) polemiche emerse nel corso della prima: per ora mancano lanci di racchetta intenzionali sui raccattapalle e richieste di squalifica dell’avversaria, ma il fenomeno dei ritiri tattici pre-Slam non sembra affatto essersi placato. È risaputo che l’inizio di stagione può essere complicato per vari motivi, specialmente per quanto riguarda gli aspetti legati alla tenuta fisica in seguito ad uno stop di oltre due mesi. I tennisti e le tenniste lo sanno e dunque fanno di tutto per evitare infortuni nei primi giorni della nuova stagione, cercando di preservare il proprio fisico al fine di cercare di arrivare fino in fondo ad una stagione dura se si considerano i tanti viaggi, le tante partite da affrontare e l’importanza della scelta della mole di allenamenti da conciliare con i tornei ufficiali da disputare. Già nel passato si sono verificati troppo spesso episodi di ritiri a tabellone ormai compilato, sia prima dell’inizio delle partite del main draw (in questo caso è possibile optare per un tabellone revised che tiene conto di nuove teste di serie, nel caso si siano verificati ritiri di giocatori o giocatrici facenti parte del seeding, a fianco dell’ipotesi di inserire delle lucky loser nel tabellone principale) sia a torneo già iniziato (senza dunque la possibilità di correggere il seeding, ma obbligati a dover semplicemente sostituire quelle giocatrici con altre eliminate all’ultimo turno di qualificazione).
Se però negli scorsi anni questi eventi avevano sì fatto discutere fan e organizzatori dei tornei, obbligando in special modo la WTA ad introdurre multe al fine di mitigare il fenomeno dei ritiri tattici, è evidente come questo sia ormai un aspetto del tennis che è concepito dalle stesse giocatrici come non corretto nemmeno nei loro confronti. Grazie ai social network, i giocatori hanno la possibilità di esprimere in ogni momento loro sensazioni o condividere momenti off-court con i tifosi, ma questi mezzi stanno diventando anche strumenti per esprimere la propria insoddisfazione e il proprio disdegno per episodi come quelli dei ritiri tardivi delle top player.
Sara Errani la scorsa settimana attraverso Twitter non le ha certo mandate a dire, sottolineando il comportamento usuale di una giocatrice tra Halep e Sharapova di cancellarsi dal main draw in seguito all’inizio dei match ufficiali del torneo senza dunque la possibilità di rivedere il seeding di quest’ultimo. A Brisbane è stata proprio la Errani a farne le spese, non potendo diventare la nona testa di serie ma trovandosi ad affrontarne subito un’altra al primo turno, Belinda Bencic.
Si è discusso tanto sia sull’entità della giocatrice incriminata (sebbene il tweet sia arrivato prima dell’ufficializzazione del ritiro della rumena ma dopo quella della russa, queste notizie già giravano negli spogliatoi e probabilmente la giocatrice incriminata è proprio la Halep, visti gli episodi identici a Sydney e New Haven dello scorso anno, verificatisi guarda a caso proprio alla vigilia di uno Slam) e sul mezzo utilizzato dalla Errani per esprimere il proprio disappunto, ma ciò non toglie che le multe introdotte dalla WTA non abbiano davvero posto fine a questo fastidioso fenomeno. Il circuito ATP è decisamente meno caratterizzato da questi episodi; sarà proprio quindi la maggior competizione e la scarsa presenza di compassione e amicizia tra le giocatrici, come Garbine Muguruza ha sottolineato in una recentissima intervista, a rendere questo fenomeno tipico specialmente del circuito femminile. Alle idee della Errani hanno fatto seguito altre prese di posizione, una su tutte quella della sempre corretta Petkovic, giocatrice purtroppo protagonista di tantissimi infortuni in carriera e che quindi non apprezza i ritiri tattici di tenniste come la Halep (indipendentemente dal fatto che la Errani si riferisse a lei o meno, può senza ombra di dubbio risultare scorretto agli occhi di fan e giocatrici il comportamento di quest’ultima, se si considerano anche i tanti ritiri in corso di torneo, i quali però non le hanno impedito in carriera di disputare senza problemi match ufficiali nelle settimane immediatamente seguenti): la tedesca ha affermato senza peli sulla lingua che tutte le top player si presenteranno agli Australian Open senza alcun acciacco e in ottima forma, senza quindi strascichi degli infortuni lamentati nelle prime due settimane del 2016.
La seconda settimana dell’anno è però iniziata seguendo la stessa falsariga della prima: a Sydney la Kvitova ha dato forfait a tabellone già iniziato, mettendo a segno un’invidiabile striscia di due ritiri in due tornei nel 2016, nonostante a Shenzhen fosse almeno scesa in campo nel primo turno ritirandosi dopo un primo impietoso set giocato contro la Zheng, e la Radwanska ha riservato lo stesso trattamento a fan e organizzatori, ritenendo forse che i match disputati nella settimana che l’ha condotta al titolo di Shenzhen fossero sufficienti in vista degli Open d’Australia (le stesse considerazioni valgono per il forfait della Stephens a Hobart in seguito alla vittoria a Auckland, ma la statunitense ha almeno annunciato il ritiro dal torneo con sufficiente anticipo permettendo alla Barthel di diventare la testa di serie numero 9 del torneo). Si potrebbe discutere dell’entità delle motivazioni che spingono le giocatrici al ritiro, evidenziando come vincere un torneo e doverne disputare uno la settimana successiva non sempre sia facile; tuttavia, questi episodi falsano decisamente l’andamento dei tornei, obbligando gli organizzatori a stilare tabelloni in cui il numero di giocatrici lucky loser quasi eguagli quello delle teste di serie (emblematico il caso del WTA di Stoccarda del 2015, in cui 3 giocatrici delle 4 eliminate all’ultimo turno delle qualificazioni furono ripescate come lucky loser in seguito ai forfait di Petkovic, Jankovic e Kuznetsova).
Il tabellone di Sydney vede dunque ai nastri di partenza 4 qualificate, 2 lucky loser (per ora) e solo 6 teste si serie. Non che ciò sia necessariamente preludio per un torneo di bassa qualità, ma questi comportamenti discutibili non giovano a nessuno, se non forse alle sole giocatrici protagoniste di forfait tardivi: le prime due alternative al main draw sarebbero potute entrare nel main draw direttamente, senza giocarsi le qualificazioni, se i ritiri di Radwanska e Kvitova fossero arrivati prima della chiusura delle firme per il main draw, Vinci ed Ivanovic (che peraltro ha già perso al primo turno contro la Pliskova, testa di serie) sarebbero potute slittare come teste di serie se le due top ten si fossero ritirate almeno prima dell’inizio degli incontri del main draw e così via. Questo è solo un esempio di come questi episodi creino inconvenienti e un certo scontento generale, e quasi nessuna giocatrice di vertice pare essere immune da questi comportamenti.
La WTA dovrebbe intervenire non solo attraverso multe, visto che le giocatrici in questione sono soprattutto tenniste di vertice i cui guadagni sono assai più elevati rispetto alle penali che sono costrette a pagare, ma introducendo nuove forme di penalizzazioni sottoforma di punti (zero) da assegnare in classifica anche se non si tratta di tornei Mandatory, o di vincoli sulla partecipazione ad eventi nel corso dei mesi seguenti. Forse in questo modo le tenniste starebbero più attente alla loro programmazione e non darebbero facilmente forfait ai tornei (in particolar modo a quelli a ridosso degli Slam). Gli occhi degli appassionati, e a quanto pare anche delle stesse giocatrici, nel corso delle prossime due settimane di Australian Open saranno quindi soprattutto rivolti al ginocchio di Serena, al tallone della Halep, all’avambraccio della Sharapova, al piede della Muguruza, al polpaccio della Radwanska, ai disturbi intestinali della Kvitova o al gioco che queste tenniste saranno in grado di esprimere nel corso del torneo di Melbourne sotto al cocente sole della terra dei canguri?