di Sara Montanelli
Marco Panichi da quasi trent’anni è uno dei preparatori atletici più importanti del panorama mondiale. Vanta collaborazioni con Simone Bolelli, Fabio Fognini, Roberta Vinci, Svetlana Kuznetsova e altri, fino a quelle meno recenti con gli azzurri Davide Sanguinetti e Mara Santangelo.
Partiamo dall’esperienza personale. Chi tra gli atleti con cui ha lavorato ricorda con piacere? Chi riallenerebbe volentieri?
«Ho fatto esperienze bellissime con tutti quanti, italiani e stranieri. Penso che il tennis sia ancora una piccola isola felice sotto questo punto di vista. Ho imparato tantissimo da tutti e spero di aver trasmesso anch’io qualcosa a loro. Lavorerei sempre con tutti ancora, sono sincero.»
A livello di preparazione atletica chi sono le migliori atlete del circuito WTA e perchè?
«Faccio una premessa: il livello atletico sta crescendo, ovviamente legato a un discorso tecnico-tattico. Prima le donne erano un po’ indietro a livello atletico, adesso invece il tennis femminile ha un’evoluzione molto più veloce rispetto a quello maschile. Se parliamo di fisicità ci sono tante donne molto preparate, mi viene in mente Simona Halep o Serena Williams che ha un rapporto peso-potenza pazzesco che le permette di aprirsi il campo e di muoversi in un modo incredibile. La cosa che mi fa piacere quando vado in giro per tornei è vedere che nelle palestre c’è un’attenzione molto elevata per quanto riguarda la prevenzione e l’allenamento specifico durante i tornei. Questa è una cosa veramente importante.»
E per quanto riguarda il circuito ATP?
«Nel circuito ATP sono tantissimi quelli preparati. Siamo abituati a mostri sacri tipo Nadal o Ferrer. Si parla spesso delle qualità tecniche di Federer, ma ho avuto la fortuna di allenarlo e ti assicuro che anche fisicamente ha delle qualità pazzesche. Tra gli italiani ci sono Fabio e Simone.»
Com’è cambiata la preparazione atletica negli anni?
«Quando ho cominciato io, circa trent’anni fa, c’era una preparazione un po’ empirica. Si faceva jogging e un po’ di addominali. Qualcuno più lungimirante faceva le esercitazioni più specifiche con i pesi. Poi c’è stata un’evoluzione pazzesca. Ci sono stati tre personaggi che hanno rivoluzionato l’atletica: Corrado Barazzutti per quanto riguarda l’Italia, che è un maniaco della preparazione, poi Lendl e Mancini. Loro sono i primi che hanno indicato altre vie, hanno indicato l’evolversi dello sport. Adesso sicuramente c’è un’altra specializzazione, mentre prima c’era una preparazione generale, uguale per tutti, ora invece è molto specifica. Bisogna essere molto attenti alle caratteristiche del proprio giocatore, al gioco del proprio giocatore e in base a quello cucire l’abito. I giocatori hanno caratteristiche differenti, ormai la preparazione atletica è diventata altamente specializzata. È un po’ come la macchina di Formula 1 dove ogni settore, l’aerodinamica, le gomme, il motore, è deputato all’attenzione di un gruppo di specialisti. La stessa cosa sta diventando la “macchina atleta” in tutti gli sport.»
Con che frequenza e come un preparatore atletico deve aggiornarsi?
«Tutti i giorni. Dal punto di vista teorico e pratico è una continua evoluzione. Se si ha la fortuna, come l’ho avuta io, di andare in giro per tornei tutto l’anno da tantissimi anni, l’aggiornamento è facilitato perché ti confronti con le altre scuole di pensiero. Io ho lavorato in Germania, in Cina, in Giappone; ho avuto e ho la fortuna di apprendere da tantissimi superprofessionisti che sono intorno ai ragazzi o alle Federazioni. C’è il bisogno e il dovere di aggiornarsi su ogni singola cosa. Poi ognuno di noi ha dei metodi di allenamento che fa “propri”, ad esempio io credo molto nel lavoro propriocettivo e da lì parte lo sviluppo di tantissime abilità motorie e muscolari. Ormai in giro per il mondo vedo tantissima preparazione, prima eravamo pochi, adesso ne vedo tanti e molto preparati.»
Se dovesse dare un consiglio ai preparatori atletici, con il tennis moderno su cosa bisogna insistere?
«Io provengo dall’atletica leggera, sono un ex forestale del Gruppo Sportivo, quindi ti dico quello che non vorrei mai far passare ai miei atleti certe cose che per esperienza ho provato sulle mie spalle. C’era il momento in cui non si doveva far niente, poi in prossimità delle gare bisognava “uccidersi” di lavoro, pesi a tutto spiano; era un po’ il metodo russo. Chi rimaneva era per una questione di sopravvivenza, non era più una questione di allenamento. Io vedo il grandissimo stress che questi ragazzi e ragazze subiscono nel corso di 350 giorni all’anno e punto molto sulla prevenzione di tutto ciò che riguarda l’allenamento delle catene cinetiche che servono per il tennis, cerco di prevenire gli infortuni muscolari. Bisogna insistere molto su questo, bisogna essere molto bravi a dosare il lavoro e il recupero con tutti quegli esercizi che oggigiorno, grazie a tutte le innovazioni, ci sono.»
Lei lavora in un’altra realtà, però parliamo di livello agonistico non professionistico. Spesso, tra i ragazzi, la preparazione atletica è la parte di allenamento che viene sacrificata, è quella che si fa sempre meno volentieri. Ad esempio se un ragazzo liceale il giorno dopo ha due verifiche, l’ora e mezza di tennis la fa volentieri ma la parte atletica la salta. Non avviene mai il contrario. Cosa ne pensa di questa situazione?
«Capisco che dopo una giornata di scuola vai in campo e vuoi solo prendere la racchetta e tirare due palle. Devo dire però che adesso tutte le persone, anche i non professionisti, sono tutti molto attenti alla parte atletica. Qualche anno fa, nei circoli, era difficile vedere il socio che entrava in campo e che faceva riscaldamento o addirittura defaticamento, mentre adesso ti assicuro che c’è molta attenzione. Sarà un po’ anche per la questione del “wellness” che nei media viene enfatizzata. Chi lavora con questi ragazzi che stanno tutto il giorno a scuola deve essere bravo a far capire e a stimolare nel modo giusto anche la parte atletica oltre che quella ludica. Bisogna essere bravi a far passare il messaggio ai ragazzi che la parte atletica è ludico-sportiva proprio come la parte tennistica. In definitiva penso che tutto debba passare per il divertimento. Si riesce a fare un buon lavoro solo facendoli divertire. Questa è la cosa su cui bisognerebbe puntare.»
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