(Foto Getty Images)
di Sergio Pastena
Nella vita ognuno è responsabile delle sue azioni e ne paga le conseguenze, ne sono fermamente convinto. E’ per questo che di fronte a casi di palese autolesionismo me ne sono sempre fregato il giusto: “Affari suoi”, ho sempre detto.
Se c’è qualcuno, però, che fa vacillare il mio mantra, quel qualcuno è David Nalbandian da Cordoba. L’argentino è stato squalificato durante la finale del torneo del Queen’s per aver dato un calcio a una delle protezioni davanti ai giudici di linea, sfasciandola, colpendo la gamba del povero linesman e ferendolo. Una reazione di rabbia dopo una chiamata contestata? No, un semplice punto perso: la Nalba era dietro di un break nel secondo set dopo aver vinto il primo e aveva ottime possibilità di portare a casa il torneo. Molti non condivideranno ciò che sto per scrivere, ma vi dirò: in certe situazioni la stupidità mi irrita ancora più della cattiveria. Il gesto di Nalbandian non era cattivo e la cosa è palese, ha dato un calcio ad un supporto d’istinto e dopo è rimasto lì, con l’espressione imbarazzata, provando a scusarsi. Niente da fare: match e torneo per Cilic e, addirittura, successive recriminazioni dell’argentino verso l’Atp.
In teoria dovrei dire “Affari suoi”, eppure quello del caro David è un caso limite. Parliamoci chiaro, sono pochi (anzi, pochissimi) i tennisti che negli ultimi anni hanno dato la sensazione di poter giocare costantemente ai liveli dei Fab Four. Gente come Tsonga e Berdych è pericolosissima nei periodi di picco di forma, capace di exploit inaspettati, ma resta un gradino sotto. Quando David Nalbandian è stato bene, invece, è riuscito a prendere a sberle nello stesso torneo Nadal, Djokovic e Federer (Madrid 2007) per poi ripetersi con Federer e Nadal dopo quindici giorni (Parigi 2007) dando prova di una superiorità a tratti imbarazzante. Come lui solo Safin, un altro che “on fire” era a livello dei primissimi ma molto raramente stava bene.
Il caso di Nalbandian è patologico e l’idiozia dimostrata al Queen’s è paradigma di tutta la sua carriera. Il mondo del tennis, in fondo, è sempre stato pieno di grandi sprechi: Safin ha vinto meno di quanto poteva perché ha spesso preferito agli allenamenti un altro tipo di attività fisica, ma se non altro si è divertito ed ha fatto ciò che voleva senza grossi rimpianti. Altri tennisti si bruciano perché troppo fragili psicologicamente o perché, come ad esempio nel caso di Gulbis, del tennis gliene frega relativamente: ci può stare, questione di priorità personali. La Nalba no: lui ha sempre dato un’impressione di indolenza mista a stupidità capace di irritare anche il più compassato degli appassionati.
Dotato di un talento puro come diamante, capace di disegnare traiettorie da altri nemmeno pensabili, sarebbe stato una lietissima alternativa nel tennis di vertice, capace di andare a rinforzare la schiera dei tennisti tecnici come Federer e di portare una maggiore variabilità ad un panorama tennistico ormai ostaggio della filosofia “hit and run”. Invece niente, una carriera con qualche exploit occasionale, grandissime occasioni gettate via (specialmente negli Slam), una pancia di rilievo (e in rilievo) e un rendimento all’altezza solo in Coppa Davis, dove pure il titolo gli è sempre sfuggito a un passo dal traguardo come ogni altra cosa nella sua carriera.
Il gesto sconsiderato fatto in terra inglese, giunto al termine di un torneo nel quale si era arrampicato in finale di pura tigna (ben tre vittorie in rimonta) costerà molto caro a Nalbandian: oltre a buttare via l’occasione di conquistare il dodicesimo titolo in carriera, l’argentino resterà inchiodato alla posizione numero 36 delle classifiche, mentre una vittoria l’avrebbe portato al numero 30. Difficile pensare che a Wimbledon gli riservino una testa di serie, per quanto gli organizzatori dello Slam inglese abbiano l’abitudine di variare qualcosa rispetto alle classifiche Atp. E così David si conferma abilissimo, se non altro, in una cosa: riesce a sprecare tutto ciò che costruisce, ogni volta in modo diverso.
Ok, Nalba: tu hai sbagliato, tu paghi. Non ti stupire, però, se ad un certo punto anche i tuoi estimatori più affezionati cominciano ad averne piene le tasche. Spero sempre riesca a vincere la sua benedetta Davis, anche perchè è quasi impossibile che possa vincere quello Slam che era alla sua portata. Mi farebbe piacere se, in qualche modo, riuscisse a dare un calcio al suo passato invece che a un giudice di linea, perché è un gran tennista. Personalmente, però, non riesco più a rammaricarmi di fronte a una simile ostinazione nel masochismo. Avanti il prossimo.
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