Il centro di preparazione olimpica di Tirrenia è il principale punto di riferimento dei tennisti italiani e di molti atleti in generale. Grazie alle diverse superfici dei campi presenti e alle numerose risorse offerte dalla struttura, tanti giocatori, soprattutto tra i più giovani, scelgono di effettuare gli allenamenti invernali lì, sotto la supervisione di svariati tecnici.
Da qualche anno, tra i coach che lavorano a Tirrenia si è stabilito Gabrio Castrichella, classe ’72 che nel 1998 vinse anche un titolo ITF. Il toscano segue in particolare due ragazzi, Andrea Pellegrino ed Enrico Dalla Valle, tra i migliori under18 d’Italia.
A questo punto della off-season lo abbiamo sentito, proprio al termine di una seduta in campo con loro.
Ciao coach, come procede la preparazione dei ragazzi?
Dopo i Challenger di Andria e Brescia abbiamo iniziato a lavorare il primo dicembre. Su consiglio del preparatore atletico e come previsto per i ragazzi della fascia d’età di Pellegrino e Dalla Valle, 17-18 anni, la preparazione durerà nove o dieci settimane, così da permettere loro di svolgere un blocco importante di allenamenti. In questo periodo, essendo lontani dai tornei, possiamo cercare di ottenere miglioramenti anche dal punto di vista tecnico poiché i ragazzi hanno tempo per assimilare eventuali cambiamenti.
Quando ripartiranno con i tornei?
Inizieranno l’attività a febbraio con tornei Futures all’estero e sul veloce indoor in Italia.
Facciamo un passo indietro: soddisfatto dei risultati di questo 2015?
Sono contento delle esperienze vissute da Andrea: il picco della sua stagione è stata la vittoria del Grade 1 di Santacroce, ma anche aver giocato tutti e quattro gli Slam Juniores è stato molto importante. Nei quattro Major non ha giocato benissimo, ma credo che proprio alcune sconfitte gli siano servite per dare poi una svolta a livello di motivazioni. Enrico, invece, ha fatto fatica nei tornei under18, quindi a metà stagione abbiamo deciso di fargli giocare Futures, dove ha reagito ben al di sopra delle aspettative. Ha raggiunto subito la semifinale a Sassuolo e successivamente ha ottenuto altri punti ATP, tanto da riuscire a finire l’anno con ben 12. Davvero un buon risultato per un giocatore del ’98. Considerando anche che Andrea ha chiuso numero 30 ITF avendo giocato soltanto metà anno Juniores, dico “abbastanza bene”. Non eccezionali, ma abbastanza bene.
Adesso, invece, che obiettivi avete per la prossima stagione?
Essendoci un anno di differenza tra i due, bisogna fare discorsi diversi. Mi aspetto che Andrea diventi competitivo nei Futures e che magari riesca a vincerne uno, puntando ad arrivare intorno al numero 500 del mondo. Stilare obiettivi numerici sulla classifica non è facile, ma credo che lui sia pronto sia tecnicamente sia fisicamente. Per Enrico sono previsti anche tornei Juniores: se giocherà bene esprimendo il livello mostrato quest’anno nei Futures, potrà salire nel ranking fino a qualificarsi agli Slam, altrimenti tornerà a disputare $10.000 e $25.000 come d’altra parte sarà costretto a fare nel 2017 una volta uscito dagli “under”.
Ed i tuoi obiettivi come coach? Fai parte di questo mondo già da un po’, ma credi di dover migliorare in qualcosa di specifico?
Ci sono due cose che sento di dover migliorare. Una è l’approccio alle superfici veloci: essendo nato e cresciuto sulla terra mi rendo conto che alcuni meccanismi negli spostamenti, nella risposta e nell’affrontare un match sul veloce sono completamente diversi. L’altra consiste nel trasmettere ai “miei” giocatori i concetti di “obiettivo” e “miglioramento”, che a volte si scontrano tra di loro. Se voglio ottenere i risultati ora è difficile che riesca a lavorare per migliorare, ma allo stesso tempo qualche vittoria deve arrivare. Bisogna portare avanti entrambe le strade con obiettivi a lungo termine. E poi stando nel circuito, anche se alterno i tornei Juniores a quelli professionistici, confrontandomi con tanti allenatori e giocatori scopro che c’è sempre da imparare. Se stai attento, impari sempre qualcosa.
A Tirrenia vengono occasionalmente professionisti anche tra i primi 100 del mondo. Quanto è importante per i ragazzi avere la possibilità di allenarsi con loro?
Dall’anno scorso c’è spesso Volandri, ora ci sono Bolelli e Lorenzi mentre Camila Giorgi si allena sempre qui. I ragazzi, a rotazione, giocano con loro: magari la mattina ti alleni con Lorenzi indoor, pomeriggio fai due set con Volandri sulla terra, il giorno dopo fai ritmo con Gaio o Giannessi… insomma, diciamo che c’è un grande giro. Io lavoro con Tomas Tenconi e oltre a Pellegrino e Dalla Valle seguiamo Fonio e Summaria, senza dimenticare la presenza costante dei tecnici Eduardo Infantino, Umberto Rianna e Giancarlo Palumbo con i quali c’è grande collaborazione. La cosa che ci tengo a dirti è la differenza tra gli Junior e i professionisti. Questi ultimi sono quelli che aiutano il coach a “tirare l’allenamento”, a trasmettere al proprio allenatore la motivazione per fare ancora meglio; il ragazzo, invece, è lì che si fa trainare, non è lui che sprona il coach. Per esempio capita di vedere Lorenzi che dice a Galoppini: “Mi guardi un attimo sta cosa sul servizio? Voglio fare mezz’ora di questo, fammelo fare di più”, mentre il giovane ti fa: “Allora, cha facciamo?” e tu gli fai fare ciò che reputi più giusto. Poi loro lo fanno bene, assolutamente, ma quando scatterà quella molla miglioreranno sotto tutti gli aspetti, dal mangiare al riscaldamento, dallo stretching agli integratori che devono prendere. Secondo me questo è un punto fondamentale.
Qual è la più grande soddisfazione che ti sei tolto nel tennis?
Nel 2011, quando lavoravo con Gaio e Giannessi, ci furono due grandi risultati. Il primo fu il salto di Gaio da 800 a 370 del mondo, l’altro fu il percorso di Giannessi che, dopo aver iniziato la stagione ai Futures di Antalya, raggiunse i quarti di finale all’ATP di Bucarest. Lui non voleva giocare quel torneo perché era molto stanco e aveva appena perso un match in Polonia, ma io lo convinsi a prendere l’aereo per giocare le qualificazioni a Bucarest il giorno seguente. Con pochissime ore di sonno vinse il primo turno, superò altri due avversari per qualificarsi e poi eliminò Montanes e Gil prima di perdere contro Andujar. È stato quello l’apice, il momento in cui pensi “sì, sto facendo bene” anche perché, come detto, la stagione era iniziata nelle condizioni chiaramente peggiori dei Futures.
Chiudiamo così: perché un bambino dovrebbe scegliere il tennis?
Guarda, ho appena portato mio figlio a giocare a basket! A parte scherzi, il tennis è uno sport che trasmette principi di sportività e lealtà e che permette di frequentare ambienti sani di un certo livello. Essendo uno sport individuale è molto difficile, perché già da bambino devi avere caratteristiche importanti per confrontarti con un avversario, ma sottolineo anche che il tennis è meritocratico: se sei bravo vai avanti per la tua strada, nessuno può limitarti né facilitarti. Poi, come ben sai, sono necessari soldi e tempo, quindi fatto in un certo modo diventa molto molto impegnativo.
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