di Roberto Commentucci
Matteo Trevisan, speranza azzurra classe ’89, ha colto oggi in quel di Caltanissetta il miglior risultato della sua carriera, con una convincente (63 62 in meno di un’ora e mezza) affermazione su Ruben Ramirez Hidalgo, coriaceo terraiolo spagnolo (attuale n. 148 Atp, ma con un buon passato di top 100) e recente vincitore, la scorsa settimana del challenger marocchino di Rabat. Per l’azzurro, attuale n. 592 Atp, è il primo quarto di finale in carriera in un evento del circuito challenger.
Abbiamo contattato Fabrizio Fanucci, il tecnico toscano, già padre putativo di Filippo Volandri, che segue Matteo. Allora coach, come è andata?
“Beh, direi molto bene. Matteo ha giocato molto bene e ha sconfitto un giocatore esperto e temibile a questi livelli, e per giunta anche molto caldo, veniva da una vittoria”.
Come vedi Matteo? A cosa è dovuto questo exploit?
“Matteo il potenziale lo ha, come ho sempre detto. Oggi è stato molto bravo sul piano tattico, parte su cui stiamo lavorando molto. Sta imparando a gestire lo scambio, mentre prima tirava una serie di colpi, come del resto è normale per uno della sua limitata esperienza professionistica”.
E sul piano fisico?
“Le cose vanno meglio, incrociando le dita… stiamo lavorando per renderlo più flessibile, però proprio mentre mi chiamavi lo stavo rimproverando perché non era ancora andato a fare stretching dopo il match…”
Coach, ma non è che ce lo fate diventare un terraiolo, con tutti questi tornei sul rosso?
Ma no, ma no. Lui con il servizio e con i colpi che ha è un giocatore universale. In questo momento però ha bisogno della terra per crescere tatticamente e per avere meno traumi, visto che fisicamente e muscolarmente deve ancora consolidarsi. Giocherà anche sul veloce, eccome. Ma io oggi gli ho fatto un regalo…
Che regalo coach?
“Gli ho regalato un paio di Asics da erba… Perché lui quest’anno deve puntare a fare le quali di Wimbledon. E ce la può fare, credimi!”
Queste invece le parole di Matteo Trevisan, tratte da Tennis Maschile, l’ottimo sito del collega Marco Caldara:
“Credo di aver giocato un ottimo match. All’inizio ero teso, e non ho servito benissimo, anche a causa del “solito” dolorino al braccio che mi colpisce nei primi giochi delle partite, salvo poi fortunatamente andarsene. Sono finito sotto di un break, ma sono stato tranquillo e giocando bene l’ho subito recuperato, con un paio di colpi ottimi in risposta. Da quel momento la sfida è “girata” in positivo: ho iniziato a sbagliare sempre meno, e sono stato solido. Ho corso molto e sono spesso riuscito a trovare delle accelerazioni vincenti“.
Tornando al match di ieri, vinto con Franko Skugor per 6-3 3-6 6-2, quali sono le tue sensazioni: “Rispetto ad oggi è stata una partita totalmente diversa, in quanto Skugor è un avversario ottimo al servizio ma “giocabile” da fondo; mentre Ramirez-Hidalgo tende a lasciar giocare, dando ritmo. Non ho giocato male neanche ieri, ma ho preso un break all’inizio del secondo set e poi ho fallito una serie interminabile di occasioni per rientrare, una da 40-0 sul suo servizio, finendo per perdere il set. Poi nel terzo è andata meglio, ed ho chiuso“.
Venerdì quarti di finale, con Lorenzi e Witten. Come la vedi? Chi preferiresti affrontare? “Non fa differenza, con qualcuno bisogna pur sempre giocare. Ora mi rilasso e da domattina inizieremo a preparare la sfida, a seconda dell’avversario che mi capiterà“.
Lo scorso anno hai faticato molto per ottenere dei risultati; mentre il 2010 sembrerebbe iniziato nel modo giusto. Cosa è cambiato? “In generale nulla. Sono sempre io, ma tante piccole cose, insieme, mi stanno permettendo di fare meglio. Fisicamente sono più preparato, non ho ancora avuto alcun infortunio e spero di non averne; e questo mi permette di essere più sereno fuori dal campo; cosa che poi si trasmette anche durante gli incontri. Sono più fiducioso nei miei mezzi, e questo è fondamentale“.
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