di Sergio Pastena
El Chucho si ritira. Josè Acasuso ha annunciato l’abbandono del tennis professionistico durante una conferenza stampa dell’edizione 2012 della Copa Claro.
Il tennista argentino, in realtà, era a mezzo servizio da due anni, precisamente da quando si infortunò al ginocchio a Santiago durante un match con Eduardo Schwank. Il primo stop, un ritorno che sembrava incoraggiante con la vittoria in un Challenger, poi ancora problemi al ginocchio durante le qualificazioni del Roland Garros, contro il cileno Aguilar. Acasuso ci aveva provato ancora, nel 2011, ed era arrivato a mettere in grande difficoltà Karlovic a Houston e poi a vincere il Challenger di Blumenau. Soltanto lampi, però: dopo la sconfitta da Di Mauro all’Open di Francia non era più sceso in campo.
Alto 1.90 per 86 chili di peso forma, fisico perfetto per il tennis moderno anche se a volte limitato da un certo sovrappeso (Nalbandian, Acasuso, Calleri… sarà colpa dell’asado?), l’argentino è stato numero 20 al mondo ed ha portato a casa tre tornei del circuito su undici finali. E’ sempre stato un tennista prevalentemente da rosso con fondamentali molto solidi, un servizio potente e l’anomalia di un rovescio a una mano, perla rara nella combriccola dei terraioli. La sua generazione, per intenderci, è quella dei Coria e dei Nalbandian, tennisti coi quali faceva coppia in doppio da juniores. Detto “Chucho” per il modo in cui pronunciava il suo cognome da piccolo (“Acachucho”), il suo impatto nel circuito fu decisamente buono: pensate che nei primi sedici tornei, quindici Futures e un Challenger, non venne eliminato neanche una volta al primo turno e portò a casa due titoli. Se non è un record, poco ci manca.
Scollinata abbastanza rapidamente anche la realtà dei Challenger, Acasuso si rivelò al mondo in casa sua, quando raggiunse a 20 anni appena compiuti la finale di Buenos Aires, facendo fuori per strada gente non proprio tenera come Arazi, Portas e Gaudio prima di perdere in finale da Kuerten. Il primo titolo arriverà nel 2002 a Sopot, in finale su Squillari, ma prima ancora El Chucho andrà a vincere la World Team Cup con Cañas e i doppisti Arnold e Etlis. La nazionale argentina rimarrà sempre una parte importante della sua carriera, anche se non arriverà spessissimo alla convocazione.
Il periodo migliore della sua carriera è stato dal 2004 al 2006: prima il secondo titolo a Bucarest, poi gli ottavi al Roland Garros, con una partita leggendaria contro Roddick vinta 8-6 al quinto, seguiti dai quarti a Cincinnati. Quello fu uno tra i pochi risultati ottenuti sul veloce, superficie che Josè non frequentava troppo ma sulla quale riusciva ad essere competitivo grazie ai suoi fondamentali solidi. Infine il suo anno d’oro, quel 2006 cominciato con la vittoria a Vina del Mar, proseguito con le semifinali di Amburgo e la finale di Stoccarda ma, soprattutto, culminato nell’eroica semifinale di Coppa Davis, quando Acasuso ottenne una fondamentale vittoria al quinto set contro Lleyton Hewitt. Non riuscì a ripetersi in finale contro Safin, El Chucho, con Nalbandian che predicava nel deserto e gli argentini che si videro sfuggire quella Davis diventata ormai un’autentica croce e delizia.
Pur non migliorando il best ranking e non vincendo altri titoli, Acasuso rimase abbastanza agevolmente nel tennis che conta fino al 2009. Ultimo risultato degno di nota, ottenuto sul cemento, la semifinale di New Haven. Poi gli infortuni, l’eclissi, i brevi ritorni e la decisione di ritirarsi. Un ritiro triste come tutti, ma se non altro senza l’ombra di troppi rimpianti: Acasuso ha giocato a pieno i suoi anni migliori e la sua impronta l’ha lasciata.
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