di Stefano Berlincioni da Wroclaw
La trasferta non è partita col piede giusto in quanto avevo appuntamento con Alessandro Motti all’aeroporto di Bologna ma il destino cinico e baro (e qualche ranking protetto di troppo) ha voluto che sia rimasto fuori di 1 posto: dura la vita del doppista che fino alla domenica alle 12 non sa se potrà disputare o meno un torneo. Perso un Motti all’imbarco mi accorgo di aver guadagnato due amici, Emanuele De Vita e Francesco Zappalà, anche loro spinti a Wroclaw dalla passione per il tennis e che mi faranno compagnia fino al mio ritorno previsto per mercoledì.
Dopo un volo tranquillo eccomi finalmente in Polonia, un paese in cui ho visto tennis a tutti i livelli dal WTA di Katowice ai Challenger di Poznan e Wroclaw fino all’ITF femminile di Zawada e che ho girato in lungo ed in largo nella mia vita “precedente” tra visite a clienti e fornitori e l’avviamento di un sito produttivo.
Anche quest’anno ho scelto per comodità l’albergo adiacente al palazzetto dove si svolgono i match principali: quello per giocatori e giornalisti in centro è sicuramente migliore ma sia l’anno scorso che quest’anno ho preferito avere un appoggio a due passi (letteralmente) dal torneo.
L’ordine di gioco del lunedì è abbastanza scarno e, dopo aver ritirato l’accredito, decido di recarmi al palazzetto AZS (distante circa 20 minuti in auto da quello principale, Orbita) per seguire i 3 match di qualificazioni non coperti da telecamere.
Finalmente riesco a vedere alcuni giocatori che mancavano nel mio “archivio” e scopro che su questi campi il serbo Marko Tepavac è pressoché impossibile da brekkare (perderà contro Safranek solo 8 punti in 9 turni di servizio). Sul campo adiacente intanto Denys Molchanov (che continua a giocare liberamente nonostante la valanga di sospetti su alcuni suoi match, cosa che irrita notevolmente gli appassionati di questo sport) sta portando a scuola di back il francese Sadio Doumbia, che fa una fatica terribile a giocare il rovescio quando riceve la palla con taglio all’indietro del moldavo: match senza storia e ogni volta che lo vedo giocare una parte di me si arrende all’idea che, nonostante tutto il male che si dica su di lui, Molchanov sia un giocatore molto divertente da vedere col suo tennis all’antica fatto di tagli e discese a rete. Ultimo match all’AZS contrappone due giocatori dallo stile opposto: il potente tennis con molto top spin di Zdenek Kolar contro i colpi assolutamente piatti di Dzmitry Zhyrmont. Match molto equilibrato vinto dal ceco grazie ad una maggiore tenuta mentale (al bielorusso è costato caro il toilet break alla fine del secondo set che aveva dominato in quanto rientrato in campo ha giocato un game orribile al servizio) ed un grinta fuori dal comune. Zhyrmont è un giocatore veramente strano, per ben 3 volte dopo un punto perso malamente ha messo la racchetta in terra e si è ironicamente auto applaudito per una decina di secondi buoni. Piccola curiosità: in questo palazzetto in ogni campo c’è una sorta di giunzione che provoca una specie di solco ed i giocatori devono sempre pregare che la pallina dell’avversario non finisca proprio in quel punto.
Finiti i match è ora di tornare al palazzetto principale ma sfortunatamente non c’è transportation diretta: il taxi non può arrivare ed allora decido di salire sulla navetta verso l’albergo dei giocatori (da dove poi prenderò quella verso il Pala Orbita), in compagnia dell’estone Jurgen Zopp e di un suo amico. Scelta decisamente infelice in quanto l’abergo è in pieno centro ed invece dei classici 20 minuti impiego quasi un’ora e soprattutto al volante della navetta verso il Pala Orbita trovo un rallista completamente fuori di testa che tra inchiodate ai semafori e passaggi a 70 all’ora sulle buche mi avrebbe sicuramente fatto rimettere il pranzo (se solo avessi pranzato, in Polonia il pranzo non esiste). Nel viaggio ho avuto modo di apprendere un “grosso” problema della vita di Zopp: a causa di un fraintendimento sia lui che sua madre avevano comprato una coppia di biglietti per il concerto di Beyoncè (a 190 euro l’uno) per sua sorella e ora doveva trovare un modo per rivenderli. Zopp si meravigliava del fatto che sua madre fosse riuscita ad acquistarli nonostante fosse di turno in ospedale ed il suo saggio amico gli ha fatto notare che le donne possono fare qualsiasi cosa in qualsiasi momento.
Io e la mia nausea da rally arriviamo finalmente al Pala Orbita dove Adrian Ungur paga la lezione di tennis indoor a Konstantin Kravchuk (62 63 in 55 minuti) e saluta il torneo. Il tempo per una rinfrescatina in albergo e torno sugli spalti dove vedo che i due ragazzi polacchi (Kamil Majchrzak e Hubert Hurkacz) stanno giocando molto bene sia al servizio che in risposta contro i più quotati Dustin Brown/Frantisek Cermak (Majchrzak è un nome già conosciuto a livello challenger e in futuro lo sarà sicuramente anche Hurkacz, 18enne gracilino che l’anno scorso vidi servire qua costantemente sopra i 230 kmh con punte sopra i 240). Dopo un primo set dominato dai polacchi più di quanto il dica il punteggio (7-5), l’esperienza la fa da padrona con Brown/Cermak che si aggiudicano quasi tutti i game giunti al deciding point e hanno vita facile nel champions tiebreak.
Tempo di lasciare il palazzetto ed andare a cena dove per un piatto di zuppa, un filetto con funghi, un’insalata e due bottiglie d’acqua mi viene presentato un conto da 50 zloty, l’equivalente di poco più di 10 euro (la Polonia è molto abbordabile come prezzi).
Risveglio del martedi con programma all’AZS molto ricco e quindi alle 11 sono già in postazione pronto a gustarmi il rientro a livello challenger di Albano Olivetti, gigante dal servizio bomba. L’avversario è il qualificato Molchanov che durante il riscaldamento non testa mai il rovescio tagliato (suo marchio di fabbrica) probabilmente per non permettere al francese (che ovviamente è in difficoltà quando deve piegarsi molto) di prepararsi a gestire quel colpo. Mi aspettavo una sagra di servizi vincenti ed invece il primo set va via veloce con un 6-2 per Olivetti (ben supportato da Gregoire Barrere e Pierre-Hugues Herbert in tribuna) complice un Molchanov estremamente nervoso per delle chiamate sfavorevoli (in realtà si innervosirà anche per chiamate corrette). Nel secondo set l’ucraino si calma e si arriva, senza palle break concesse, al tiebreak dove Olivetti prende subito il largo ma sciupa 3 match point consecutivi, per poi avere comunque la meglio per 14-12. A Molchanov, nonostante il supporto di Kudryavtsev dagli spalti non resta che lanciare per l’ennisima volta la racchetta contro il muro.
Well done @albano_olivetti ! pic.twitter.com/bEWvv4AHdB
— Stefano Berlincioni (@Carretero77) 16 febbraio 2016
Sul campo adiacente Kolar gioca per un’ora un tennis di assoluta qualità, da top 100 direi, sfoderando passanti e risposte vincenti ed andando avanti di set e break prima che Michael Berrer sfrutti un nastro super fortunato per togliere il servizio all’avversario che gioca il resto del set ad un livello nettamente inferiore, visibilmente scoraggiato. Buon per lui che a metà del terzo Berrer inizi ad accusare problemi alla schiena che permettono al ceco di vincere abbastanza agevolmente gli ultimi due giochi del match.
Berrer mto pic.twitter.com/5mGBmZYhBF
— Stefano Berlincioni (@Carretero77) 16 febbraio 2016
Torno sul campo 2 per vedermi l’orribile match tra Barrere e Tepavac, dominato dai servizi e da errori piuttosto banali da fondocampo e che non poteva che concludersi al tiebreak del terzo con un incredibile smash mancato da Tepavac che gli costa la sconfitta in uno dei match più importanti della carriera.
Di ben altra qualità il match tra Marco Chiudinelli e Dan Evans, che si chiude in favore dello svizzero al terzo set dopo quasi di ore di tennis davvero piacevole.
Giunge l’ora anche della sfida tra l’italiano Andrea Arnaboldi ed il “semi” italiano Andrei Golubev che si sfidano in un match sulla carta (e sul campo) molto equilibrato. Quanto Golubev sia italiano lo si capisce a metà del secondo set: sorridendo dopo un facile passante mancato si lascia andare ad un “C’era un Frejus!”. Si va al terzo dopo due tiebreak: ogni punto pesa come un macigno e dopo che Arnaboldi non riesce a concretizzare varie occasioni sul 40-40 con Golubev al servizio, arriva il break decisivo e l’italiano (che mi è parso molto infastidito dalle luci del palazzetto) esce di scena. Piccola curiosità in questo match la presenza di un raccattapalle con una mano menomata ma per il quale evidentemente la passione per il tennis era più forte dell’infortunio.
Dal campo di Arnaboldi si potevano sentire chiaramente i “What the fuck was that?”, imprecazioni contro se stesso dell’australiano Jordan Thompson impegnato contro Alexander Kudryavtsev. Il russo, pur provando in ogni modo a far rientrare Thompson (ha servito sul 5-4 del primo ed ha avuto due match point sul 7-6 5-4 del secondo) dimostra di essere molto più adatto ad una superficie molto veloce come quella polacca e porta a casa il match vincendo i due tiebreak.
Dopo una serie di doppi non particolarmente interessanti decido che è l’ora di tornare in albergo e stavolta opto per il taxi, soluzione più veloce e sicuramente più confortevole per il mio stomaco.
Tornato al Pala Orbita è quasi impossibile parcheggiare perché il palazzetto è strapieno grazie alla presenza dell’idolo locale Lukasz Kubot, come l’anno scorso i polacchi hanno risposto in massa ai match dei propri beniamini: la stanchezza ha la meglio su di me e dopo una giornata nello scomodissimo palazzetto AZS decido di chiudere la mia avventura sui campi ed iniziare a preparare i bagagli in vista del mio ritorno.
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