di Fabio Possenti, da Rio de Janeiro
Siamo a Rio de Janeiro e, per il terzo anno di fila, per me più che essere il mese del carnevale è il mese del Rio Open! Quest’anno arrivo giusto giusto per il giorno di inizio del torneo partendo da Roma domenica sera con l’ormai consueto volo AZ672. Manco da Rio da sole due settimane, nelle quali le paure per l’ormai famigerata zika sono aumentate a dismisura. Notiziari e giornali ne danno ampio risalto e al banco de check-in è affisso un foglio informativo con l’elenco dei paesi a rischio e le precauzioni da prendere.
Il volo è in ritardo, il che mi consente di conoscere l’orario di gioco del giorno dopo poco prima della partenza. So di poter assistere solo ai match serali, che prevedono Bellucci-Dolgopolov e Fognini-Bedene. Ottimo, vedrò Fognini all’esordio nel torneo che lo vide finalista lo scorso anno (o almeno così credevo!).
Arrivo a Rio, temperatura che alle 8 di mattina già supera i 30°C, il tempo di arrivare a casa, una doccia rapida e via al lavoro. Esco dall’ufficio abbastanza presto, dall’app del mio cellulare vedo che in campo ci sono ancora Isner e Pella. Mi dirigo in taxi verso il circolo che ospita il torneo e, una volta arrivato nei pressi, nubifragio! Dico al taxista di proseguire verso casa mentre continua a diluviare. Una volta arrivato accendo la tv e vedo il campo allagato. Decido che non vale la pena andare solo per sperare di vedere la prosecuzione di Isner-Pella. Il match effettivamente riprende, ma io, stanco del viaggio, mi addormento davanti alla tv.
Arriviamo così al martedì, giornata dal programma fittissimo per cercare di allineare i tabelloni al secondo turno. Purtroppo i match degli azzurri sono programmati nel primo pomeriggio, troppo presto per potervi assistere. Prima di andare a lavoro devo fare 2 cose: la prima è andare a comprare un repellente per le zanzare. Qui veramente mi rendo conto di quanto la zika sia ormai diventata una psicosi: devo girare 3 farmacie per trovarne uno! Le farmaciste si affannano a giustificarsi dicendo che come arriva una scorta, li vendono tutti in poco tempo! Questa zika è diventata veramente un incubo, il governo brasiliano ha addirittura mobilitato 220.000 uomini dell’esercito il sabato precedente per sensibilizzare le persone ad usare precauzioni. Sebbene di per sé il virus spesso è asintomatico o provoca una leggera febbre e sia pericoloso “solo” per le donne in periodo di gestazione, è chiaro che socialmente rappresenta uno spauracchio non da poco.
La seconda cosa che devo fare, è passare al Jockey Club, sede del torneo, a ritirare l’accredito stampa. Operazione velocissima e via verso il lavoro. Durante il cammino lungo la strada vedo uno squadrone di operatori coperti da capo a piedi che disinfestano un marciapiede. Bene, almeno oltre a distribuire volantini si fa effettivamente qualcosa contro queste maledette zanzare!
Esco dal lavoro direzione Rio Open. Arrivo nei pressi del circolo e… pioggia! Nemmeno fosse il giorno della marmotta! Vedo dall’app dell’ATP che gli incontri sono sospesi, quindi non mi resta che rientrare a casa. La pioggia che cade è molto meno rispetto a ieri, dalla tv apprendo che gli incontri riprenderanno dopo mezz’ora. Il tempo di mangiare un boccone veloce e via verso il circolo, ma solo dopo essermi cosparso di repellente per le zanzare!
Arrivo, che Bellucci e Dolgopolov stanno iniziando il terzo set. Mi fermo un attimo sul campo 1 a vedere Almagro che passeggia nel primo set contro Munoz de la Nava. Mi dirigo sul centrale, o meglio su quello che da quest’anno si chiama campo Guga Kuerten, in onore del più grande tennista brasiliano di tutti i tempi (la più grande invece, Maria Ester Bueno, è in cabina di commento). Arrivo ma faccio solo in tempo a vedere solo l’ultimo game, col quale Dolgopolov estromette il beniamino di casa per la delusione del pubblico sugli spalti. Dopo il match c’è una cerimonia con Guga Kuerten, incredibile, ne fanno una all’anno, basta!!!
Preferisco il tennis giocato, quindi torno sul campo numero 1 dove Munoz de la Nava ha completamente invertito la tendenza: 5-1 nel secondo set, prima di chiudere per 6-3. Mi siedo accanto al coach di Munoz de la Nava, sempre pronto ad incitare il suo assistito con vari “vamos Dani!”. Almagro è molto nervoso e non perde mai occasione per polemizzare con Mohamed Lahyani, lo showman degli arbitri. Davvero divertenti alcuni siparietti tra i due. Munoz de la Nava colpisce 2/3 righe, Almagro le vede tutte fuori, Lahyani lo smentisce puntualmente verificando il segno e facendo il classico gesto col palmo della mano parallelo al terreno. L’apice si raggiunge dopo un nastro vincente colpito da Munoz de la Nava, Almagro esclama un poco elegante “che c… incredibile” e Lahyani interviene puntualmente con un warning. Almagro è sempre più imbufalito ma nonostante ciò riesce a portarsi sul 5-2 grazie soprattutto al suo marchio di fabbrica, quel rovescio che è sempre un piacere da vedere.
Munoz de la Nava prova a rientrare, recupera il break e si porta sul 5-4. Qui inizia a piovere in maniera abbastanza insistente, ma non abbastanza da interrompere il gioco. Il game è molto lungo, Almagro annulla una palla del 5-5 prima di chiudere al secondo match point disponibile. Rientro in sala stampa, il tempo di vedere sul monitor Nadal chiudere il primo set su Carreno Busta per 6-1 e l’arbitro spedire tutti negli spogliatoi: piove troppo.
Incontro Diana, capo ufficio stampa del torneo, che saluto cordialmente e appena dopo un amico italiano, socio del Jockey Club. Dato che continua a piovere ne approfitto per farmi dare un passaggio verso casa. Mentre mi metto a scrivere l’articolo e mentre ricomincia il match tra Nadal e Carreno Busta (che seguo in tv), mi accorgo di avere una puntura di zanzara sulla caviglia. Speriamo bene…