di Sergio Pastena
Avete presente l’amico sbagliato? Dico, quello che mentre tutta la comitiva tenta di riappacificare Mario e DeBBorah, promessi sposi che hanno un piccolo screzio a un mese dalle nozze, esce fuori esclamando “Eh, ma tanto Mario mica è convinto convinto di sposarsi!”?
Ecco, quell’amico è Andy Murray.
Riappacifichiamo capitalisti e comunisti, quello che ha fatto il signorino di Dunblane non ha senso nè da una parte nè dell’altra. Mister Murray è stato silente per il 99,999% del referendum sull’indipendenza della Scozia e poi, al penultimo giorno, se n’è uscito con un “Let’s do it!”, per i non bilingue “Facciamolo!”, che sa più di deficiente che di patriottico.
Al tempo: nessuno vuole mettere in discussione l’orgoglio scozzese di Murray, nè tanto meno “schierarsi” sui temi del referendum che, dopo tanto panico, ha visto vincere gli unionisti. Il problema è la tempistica. Andy è sempre stato, come scritto in passato, orgoglioso di essere scozzese e moderatamente soddisfatto di essere britannico, su quello non ci piove e anche gli inglesi, tutto sommato, si sono adeguati ampiamente in passato: parliamo, ad esempio, del filotto di gare di Davis giocate in Scozia o del tifo incessante a Wimbledon pur di vedere quella benedetta bandierina inglese di nuovo sull’albo d’oro. Tutte questa cose Murray le sa e gli inglesi pure, e per qualche anno si è andati avanti con una sorta di “tacito accordo” evitando eccessi.
Non a caso il buon Andy nel corso degli anni non ha preso posizione in maniera forte sulla consultazione scozzese, un po’ per quieto vivere un po’ perché commercialmente non sarebbe stata la mossa più azzeccata. Poi però, come ogni innamorato che si rispetti, a un certo punto ha fatto prevalere il cuore, twittando poco prima del referendum il suo sostegno all’indipendenza scozzese.
Stop. Rewind.
Considerando il caso, il comportamento dell’imputato e le modalità d’ammissione di colpevolezza, davvero non c’è modo di uscirne bene. Se sei pro-Scozia e non lo dici per questioni economiche, sei un opportunista. Se non lo sei ma sali sul carro dei presunti vincitori sull’onda dei sondaggi, sei opportunista uguale. Inoltre nel primo caso sei anche vagamente ipocrita e nel secondo un pelino codardo. Se poi metti assieme le due cose, ne esce un quadro devastante.
Ovviamente tutto ciò scatena reazioni, in alcuni casi decisamente eccessive come quella del tizio che si è rammaricato del fatto che Andy non fosse morto nel massacro della scuola di Dunblane, tanto più di cattivo gusto considerando che Murray quel giorno c’era davvero. Altre, però, anche se forti sono legittime: lo scozzese non è più il ragazzino che nel 2006 disse che non avrebbe tifato Inghilterra ai mondiali, quindi ne esce decisamente peggio, tanto più dicendo di voler continuare a giocare per la Gran Bretagna in Davis.
Ora il dubbio successivo è uno: gli inglesi passeranno ai fatti? Per la prossima Davis verrà convocato? Chissà, l’impressione è che anche i tifosi comunque non ne escano tanto bene: tutte le polemiche di questi giorni sono relative a un qualcosa che tutti conoscevano da tempo e molto bene, ovvero il fatto che Murray proprio non si è mai sentito inglese e che ancora deve arrivare, in realtà, un tennista “british” successore di Fred Perry a Wimbledon. Casomai c’è stato uno scozzese: se se lo sono fatto bastare fino ad ora, anche con un vago atteggiamento di “prostituzione”, dovrebbero continuare a farselo bastare. Oppure sperare che Wimbledon lo vincaWard: auguri.
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