Nel 2009 il torneo di Valencia abbandonava la terra rossa per fare il suo ingresso trionfale nell’Ágora, il padiglione multifunzionale inserito nella fututista Ciudad de las Artes y de las Ciencias, louno spazio ludico-culturale inaugurato nel 1998 e poi trasformatosi in una della maggiori attrattive della città. Il padre di quest’opera faraonica è stato il noto architetto, ingegnere, scultore e pittore Santiago Calatrava, valenciano DOC (e per la cronaca zio dell’ex pro e top 50 Alex Calatrava), il cui stile si basa sull’interazione dei principi dell’architettura con quelli dell’ingegneria, e la cui concezione visuale tende a rifarsi a forme e strutture esistenti in natura, ereditando in parte presupposti definiti dal grande architetto catalano Gaudí, autore della nota Sagrada Familia di Barcellona. Un’estetica tutt’altro che sobria e razionalistica, che può piacere o no, ma che senz’altro non lascia indifferenti per la sua spettacolarità. E indifferenti non lascia neppure l´Ágora, un’imponente struttura di 80 metri d’altezza e più di 7.000 tonnellate (pari al peso di 18 Boeing 747)che, nelle intenzioni del creatore, vuole riprodurre schematicamente la forma di due mani intrecciate, in cui le dita sono rappresentate da una serie di alettoni che si sollevano per far filtrare la luce naturale. Simbolico ne è anche il nome, che rimanda a quello della piazza dell’antica Grecia (centro nevralgico della polis dal punto di vista commerciale, religioso e politico) con un interno sorprendente, una via di mezzo fra una cattedrale gotica e lo scheletro di una enorme balena.
Lo scenario non poteva dunque essere più sontuoso per il nuovo Open de la Comunidad Valenciana, chesaliva di categoria e passava da “outdoor clay” primaverile a “indoor hard” autunnale, seguendo in questo senso un percorso inverso rispetto a quello di Madrid. Prima di approdare a Valencia, il torneo si svolgeva da un po’ di anni a Mallorca, nello scenario altrettanto spettacolare della Plaza de Toros.Nel 2002 Juan Carlos Ferrero, che ha fiuto per il tennis ma anche per gli affari, comprò i diritti a Tiriac, e lo portò nella sua città. E poi, con l’aiuto inestimabile del suo allenatore e socio Antonio Martínez Cascales, nacque il progetto della crescita e del cambio, finalmente realizzato appunto nel 2009, con l’intervento nella società di David Ferrer, l’altro illustre tennista locale. L’idea sembrava senz’altro vincente, anche perché la vicinanza del Masters 1000 di Parigi e la caccia ai punti per il torneo dei Maestri di Londra, poteva attirare una “clientela” eccellente. Era l’epoca delle vacche grasse, il tanfo della crisi non era ancora percepibile, e la Spagna era immersa in una sorta di delirio di onnipotenza che la portò a spendere cifre inenarrabili (nel caso dell’Ágora la bellezza di 90 milioni di euro), come se le riserve auree fossero infinite.
Ma le vacche magre e la crisi sono arrivate, eccome se sono arrivate, e con loro le inevitabili mazzate. Prima il declassamento da Atp 500 (passato a Vienna) a 250, poi la proibizione di usare l’Ágora come campo centrale e la conseguente necessità di costruire una sorta di tendone provvisorio nelle vicinanze. A quanto pare la struttura, e non è una novità con le opere di Calatrava, presenta infatti numerosi problemi (infiltrazioni, vetri rotti, deficienze strutturali, ecc.) che richiedono una decina di milioni di euro in riparazioni e ne sconsigliano momentaneamente l’uso per ragioni di sicurezza. Ma il vero e più importante problema è il deficit accumulato nelle due ultime edizioni, che ha obbligato i responsabili del torneo (fra i quali si trova ora, oltre a Ferrero e Ferrer, anche Conchita Martínez), a metterlo “in vendita”. La Generalitat Valenciana, il governo regionale, non ha a quanto pare rispettato gli accordi commerciali che prevedevano un finanziamento di un milione e mezzo di euro per il 2014 e di 350.000 per il 2015, e la situazione non è più sostenibile. Juan Carlos Ferrero e David Serrahima, direttore tecnico e direttore esecutivo rispettivamente, hanno tenuto una conferenza stampa in cui si è ufficializzato il divorzio fra la città di Valencia e il tennis. “Abbiamo l’appoggio e l’affetto di giocatori, appassionati e sponsor -ha detto senza peli sulla lingua l’ex numero uno del mondo- e siamo molto delusi per il fatto che sia l’ultima volta che si celebra il torneo di Valencia. Ci sentiamo ingannati dalle istituzioni: nel 2014 c’era un accordo con il vecchio governo che non è stato rispettato da quello nuovo (…). Questo torneo era un regalo per la città, ma siamo costretti ad andarcene. Sono veramente triste, proprio io che l’ho comprato anni fa con l’idea di costruire un progetto per il futuro. David Serrahima ha aggiunto con rammarico che il Valencia Open dava ogni hanno lavoro direttamente a più di 800 persone, senza contare la sua importanza per la città dal punto di vista turistico e alberghiero.
Un simbolico cartello “VENDESI” è dunque affisso sull’Ágora, e il prezzo della licenza si aggira sul milione e mezzo di euro. È la cronaca di una morte “annunciata”, quindi l’Atp non dovrebbe avere problemi trovare una nuova sede del torneo per la prossima stagione. Circolano i nomi di Bruxelles e di Anversa ma, tempi e costi permettendo, potrebbe essere una buona occasione per cercare di riportare un torneo in Italia.
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