Ci sono appena 27 chilometri in linea d’aria tra Liegi e Bilzen. Un’inezia. Laddove il nord e il sud quasi si toccano, in un paese che non esita a dividere l’area ricreativa di una scuola con un muro per separare gli alunni di lingua francofona da quelli di lingua fiamminga, sono quasi duecento anni di storia ad ampliare la voragine di una rivalità sociale che non accenna a diminuire.
Nel paese delle grandi classiche di ciclismo, è stato il tennis a sobbarcarsi l’onere della riunificazione. A distanza di un anno e una settimana, il Belgio ha partorito a sua insaputa due figlie che avrebbero cambiato per sempre la storia di questo sport in questa nazione. Sono state loro, Justine e Kim, una vallona e l’altra fiamminga, amiche mai ma permeate di estremo rispetto reciproco, a piantare la bandiera belga sulla vetta di una disciplina che, in precedenza, era passata quasi inosservata da quelle parti.
IL PASSATO – Eppure, l’inizio era stato dei più promettenti. Al debutto in Coppa Davis, il Belgio raggiunse subito la finale regolando inaspettatamente sui campi di Worple Road, a Wimbledon, la Francia. L’eroe di quella semifinale fu il nobile William le Maire de Warzee d’Hermalle, che lasciò appena due giochi a Paul Ayme e sconfisse 6-2 al quinto il ben più quotato Max Decugis. Qualche giorno più tardi, il Belgio nulla avrebbe potuto in finale contro le Isole Britanniche (0-5) di Riseley e Laurie Doherty e successivamente dovette attendere ben trent’anni prima di riuscire a vincere due incontri consecutivi.
Tuttavia, per rivedere la squadra belga protagonista nella più importante competizione maschile a squadre si dovrà attendere il dopoguerra, ovvero quando inizia la carriera di Jacques Brichant, tuttora recordman di presenze (120 tra singolare e doppio) nella competizione per la sua nazione. Con lui in campo, il Belgio raggiungerà per ben due volte la finale interzone; nel 1953 a spese della Danimarca, quattro anni dopo invece battendo l’Italia di Pietrangeli, Sirola e Beppe Merlo. In entrambe le occasioni, saranno gli Stati Uniti a impedire alla compagine europea di sfidare l’Australia nel Challenger Round. Dal canto suo, Brichant otterrà eccellenti risultati anche nello slam preferito, gli Internazionali di Francia, di cui sarà il primo campione juniores (1947) e semifinalista nell’edizione del 1958, sconfitto da Mervyn Rose che poi si aggiudicherà il titolo.
Di sei anni più anziano, Philippe Washer ebbe un ruolo apprezzabile nelle fortune del suddetto compagno di nazionale. Sempre nel ’53, fu la sua vittoria sul danese Torben Ulrich a spalancare al Belgio l’accesso alla fase interzone mentre nel ’57 sconfisse Merlo e Pietrangeli nella finale europea prima di contribuire alla risalita contro gli USA da 0-2 a 2-2 (successo in doppio e nel terzo singolare) poi vanificata dalla netta vittoria di Seixas con Brichant. Nei quarti di finale al Roland Garros come miglior risultato in singolare, Washer raggiunse proprio in compagnia di Brichant la semifinale in doppio nel 1953, persa solo al quinto set con gli “apprendisti stregoni” Hoad e Rosewall.
Dopo di loro, per il Belgio arrivano tre decenni di medioevo, interrotti solo in parte dall’exploit di Bernard Mignot, ovvero il primo tennista della sua nazione ad aggiudicarsi un torneo ATP. Succede a Dusseldorf nel 1974 e due anni più tardi lo stesso Mignot centra gli ottavi al Roland Garros in maniera più che rocambolesca; battuto all’ultimo turno delle qualificazioni, viene richiamato come lucky-loser quando sta già lasciando Parigi e da lì centra tre vittorie, di cui due al quinto set per 6-0, prima di rimediare appena quattro giochi contro il messicano Ramirez.
Per oltre un ventennio, Mignot sarà l’unico belga con un titolo ATP in bacheca. Si dovrà attendere infatti il 1995 perché Filip Dewulf faccia alzare la bandiera nera, gialla e rossa verso il tetto della Wiener Stadthalle. A Vienna il ventitreenne di Mol infila otto vittorie consecutive tra qualificazioni e main-draw e batte in finale il n°3 del mondo Thomas Muster. Entrato nel torneo con il 119 sulle spalle, il suo ranking viene quasi dimezzato (61) e la sua carriera potrebbe prendere una piega del tutto diversa. Invece, un anno dopo, la sconfitta al 1° turno nello stesso torneo è il preludio per il ritorno all’inferno. Ci vorranno altre qualificazioni e altre otto vittorie consecutive, stavolta in uno dei quattro teatri del tennis più importanti al mondo, per far tornare Filip in prima pagina. Nella pazza edizione del Roland Garros 1997, una delle due semifinali la giocano tennisti con un ranking complessivo di 188: Dewulf (122) perde in quattro set da Gustavo Kuerten (66) e sul momento, quando ancora è sconosciuta e scarsamente ipotizzabile la favolosa carriera del brasiliano, c’è pure qualche rammarico ma il belga legittima il suo status vincendo qualche settimana dopo a Kitzbuhel e raggiungendo, in settembre, la sua miglior classifica al n°39.
Il ricambio generazionale arriva negli ultimi anni del millennio con il debutto ravvicinato dei fratelli Christophe e Olivier Rochus e di Xavier Malisse. Christophe, il più anziano dei due Rochus, arriverà al n°38 ATP pur non vincendo alcun titolo; nonostante le finali perse a Valencia (2003) e Rotterdam (2006), forse il suo miglior risultato coincise con la semifinale nel Masters Series di Amburgo 2005, torneo nel quale sconfisse tra gli altri Ljubicic e Gaudio.
Sprecò invece ben 4 match-point, in quella che sarebbe stata la vittoria più importante della carriera, il più giovane Olivier nei quarti di finale ad Halle nel 2006 contro il n°1 del mondo Roger Federer: uno sul 7-6/6-5/30-40 e ben tre nel tie-break (nel quale si trovò avanti 6-4 e 7-6). Lo svizzero veniva da 38 vittorie consecutive sull’erba e qualche giorno più tardi a Wimbledon avrebbe superato il record di Borg. Campione in doppio a Wimbledon juniores proprio insieme a Federer (1998), Olivier Rochus è stato un ottimo singolarista (best-ranking n°24) dotato di grandissima rapidità e di un ottimo rovescio a una mano; in carriera ha battuto diversi top-10 tra cui tre volte il n°2: Norman e Safin a Wimbledon, Djokovic a Miami. Anche se il suo gioco si adattava meglio alle superfici rapide, è curioso che delle dieci finali disputate nel circuito Olivier abbia vinto solo le uniche sulla terra (Palermo 2000 e Monaco 2006).
Il minore dei Rochus e Malisse sono stati i primi a conquistare un major per il Belgio in campo maschile: accadde nel doppio al Roland Garros 2004, dove sconfissero in finale i francesi Llodra/Santoro con un doppio 7-5. Primo top-20 belga nella storia dell’ATP (n°19), Malisse ha raggiunto la semifinale a Wimbledon 2002 ed è stato coinvolto – con la connazionale Wickmayer – in un controverso episodio legato al doping; i due furono sospesi per un anno nel 2009 dalla Federazione Internazionale per non essersi resi reperibili a tre controlli consecutivi ma dopo qualche settimana vennero riammessi nei rispettivi circuiti.
Dal 2000 al 2015, il team belga di Davis Cup non ha mai giocato più di due incontri all’anno. Sempre in bilico tra il World Group e la retrocessione, con annessi play-off e play-out, in questo periodo hanno fatto parte della nazionale anche Dick Norman (finalista in doppio al Roland Garros 2009) e Kristof Vliegen (best-ranking n°30 del mondo).
Ben diversa la storia in campo femminile. In principio fu Josane Sigart. Nata a Bruxelles nel 1909, Josane è stata la prima tennista del suo paese a vincere un major in assoluto. Discreta singolarista, fu finalista in doppio a Wimbledon nel biennio ‘31/’32 con la francese Metxa; persero la prima contro le britanniche Shepherd/Mudford ma si rifecero un anno dopo contro le statunitensi Ryan e Jacobs. Sempre nel 1932 giocò anche la finale del misto in coppia con il mitico Harry Hopman, perdendo da Ryan/Maier. Di sette anni più giovane, Nelly Adamson (nata a Bruges) avrebbe potuto essere la prima belga campionessa slam in singolare ma quando, nel 1948, conquistò il Roland Garros battendo in finale l’americana Shirley Fry per 6-2/0-6/6-0, era già sposata da tempo con il collega Pierre-Henri Landry e aveva acquisito la cittadinanza francese.
Dopo che la carriera di Christiane Mercelis (campionessa juniores a Wimbledon nel 1949) non è andata oltre un quarto di finale al Roland Garros e qualche titolo minore, la prima giocatrice belga di un certo rilievo nell’Era Open è stata Michele Gurdal. Più che per le sue due finali WTA nel 1976 (una vinta a Gstaad, una persa a Tokyo), verrà ricordata per aver iniziato al tennis Goffin. In seguito, negli anni Novanta, a dominare la scena nazionale femminile sono state Sabine Appelmans e Dominique Van Roost Monami. La prima, classe 1972, pur non essendo mai andata oltre i quarti di finale in uno slam (Australian Open 1997), ha incamerato 7 titoli WTA ed è stata n°16 del mondo. La seconda, invece, divenuta Van Roost dopo il matrimonio con il suo coach, è stata top-10 alla fine del 1998, anno in cui arrivò a disputare il Masters dopo gli ottimi risultati in stagione (un titolo e quattro finali).
In attesa dell’esplosione (mai avvenuta) di Nancy Feber e Laurence Courtois, alle soglie del 2000 l’orizzonte belga si è improvvisamente rischiarato. Campionesse juniores in doppio in tre slam tra il 1992 e il 1993 (due Roland Garros e un Wimbledon) e, la Feber, anche in singolare (sempre nel ’93), le due non combinarono granché nel circuito limitandosi a ruoli da protagoniste soprattutto negli ITF. Ma, come detto, all’alba del nuovo millennio tutto è cambiato e la bandiera con i colori del Ducato di Brabante ha iniziato sventolare sui cieli storici del tennis. L’8 settembre 2003, due giorni dopo la finale del singolare femminile agli US Open, Kim Clijsters e Justine Henin erano le prime due giocatrici del mondo secondo il ranking WTA. Nonostante l’ultimo atto all’ombra della Grande Mela se lo fosse aggiudicato Justine, la regina per il computer era Kim, capace – quattro settimane prima – di togliere lo scettro a Serena Williams.
All’epoca non mancarono le perplessità, anche perché la Clijsters – pur arrivando da una stagione strepitosa – era diventata numero 1 senza aver mai vinto un major e, soprattutto, dopo aver perso proprio con la Henin la finale del Roland Garros nella stessa stagione. Tuttavia, si dovette attendere solo poco più di un mese per il primo sorpasso al vertice della francofona Justine (20 ottobre, ma durò solo sette giorni) che divenne più duraturo dal 10 novembre, paradossalmente il giorno successivo al trionfo della Clijsters al Masters di Los Angeles. Per ripercorrere degnamente la carriera delle due fuoriclasse occorrerebbe ben più dello spazio di questa rubrica, quindi cercheremo di focalizzarne i punti salienti.
Justine Henin, minuta nel fisico e dotata di un rovescio a una mano a dir poco fiabesco per stile ed efficacia, tra Wimbledon 2001 e gli US Open 2007 ha giocato undici finali slam vincendone sette. Alla vigilia del Roland Garros 2008 – torneo di cui deteneva il titolo ininterrottamente da tre edizioni – e saldamente n°1 del ranking, sconcerterà il mondo del tennis annunciando il proprio ritiro dall’attività agonistica. Simbolicamente, sarà lei stessa a consegnare il Suzanne Lenglen Trophy alla vincitrice Ana Ivanovic. Fuori dal circuito per oltre un anno, verso la fine del 2009 riprende gli allenamenti con l’intenzione di tornare a giocare. Anche se non lo dichiara apertamente, il suo obiettivo principale è Wimbledon, l’unico major che manca alla sua collezione. Nei primi due tornei raggiunge la finale (a Brisbane perde con Kim, a Melbourne con Serena), in seguito vince sulla terra di Stoccarda e sull’erba di ‘s-Hertogenbosch ma a Wimbledon negli ottavi perde di nuovo con la Clijsters prima di fermarsi a causa di un infortunio che, di fatto, mette la parola fine alla sua carriera; oltre ai 7 major, negli altri 36 titoli conquistati spiccano l’oro olimpico ad Atene 2004 e due edizioni consecutive dei WTA Championships (2006 e 2007).
Figlia del terzino della nazionale belga che disputò i mondiali di calcio del 1986 e 1990, Kim Clijsters é stilisticamente assai diversa dalla collega-rivale; il suo è un tennis più convenzionale e omologato ai nuovi dettami tecnico-tattici (rovescio bimane e pressione da fondo campo) ma in realtà si tratta di una giocatrice assai completa in ogni fondamentale e non è un caso che si troverà per qualche settimana ad essere n°1 contemporaneamente in singolare e doppio. Lo sviluppo della sua carriera è differente rispetto a quello della Henin. Mentre in doppio firmerà con la giapponese Ai Sugiyama la doppietta Roland Garros-Wimbledon nel 2003, in singolare giocherà 8 finali slam, perdendo le prime quattro e vincendo quelle successive. In un susseguirsi di stop e rientri – causati dagli infortuni e dalla maternità – anche la Clijsters ha avuto due vite: la seconda, iniziata nell’estate del 2009 quando è rientrata nel circuito dopo il matrimonio e la maternità, è stata più fruttuosa della prima. Vederla, nel 2009, nel catino dell’Arthur Ashe con la seconda coppa degli US Open appena conquistata e la figlia Jade in braccio è stato uno dei momenti più toccanti degli ultimi decenni di tennis mondiale.
IL PRESENTE – Al momento in cui scriviamo, il Belgio ha un solo giocatore nei primi 100 del ranking ATP e appena tre giocatrici nella medesima situazione in campo WTA. Pur essendo quarto nella classifica mondiale per nazioni (alle spalle di Francia, Croazia e Argentina) e nonostante le due finali conquistate in Davis di recente (2015 e 2017, sconfitto da Gran Bretagna e Francia), per il momento è rimasto il solo David Goffin a rappresentare il Belgio in campo maschile. L’attuale n°33 del mondo non sta attraversando un periodo particolarmente felice ma appena due anni fa è stato n°7 e si è qualificato per il Masters di Londra nel quale ha sconfitto Nadal e Federer e si è arreso solo in finale a Grigor Dimitrov. Tennista leggero ma dotato di grande anticipo, Goffin ha vinto in carriera quattro titoli maggiori.
Molto più in basso, attualmente al n°166, c’è Kimmer Coppejans, ex-ragazzo prodigio che si mise in evidenza conquistando il Roland Garros juniores nel 2012 senza tuttavia dare continuità alle premesse una volta approdato tra i grandi. Continuando la discesa, dopo Arthur de Greef (179) si trovano i due veterani Ruben Bemelmans e Steve Darcis; quest’ultimo, sceso oltre la duecentesima posizione, è stato anche n°38 appena due anni fa prima di rimanere lontano dai campi per un anno a causa di un infortunio al gomito. Depositario di un tennis classico impreziosito dall’elegante rovescio monomane, Darcis ha messo in bacheca due titoli tra il 2007 (Amersfoort) e il 2008 (Memphis).
Come detto, la situazione è lievemente migliore in campo femminile. Semifinalista agli Australian Open 2018 e vincitrice a Doha lo scorso febbraio (torneo nel quale ha battuto Bertens, Kerber e Halep), la 23enne Elise Mertens è senza dubbio il prospetto più interessante per un Belgio che insegue vanamente il proprio glorioso passato. Campionessa in doppio nel “Double Sunshine” Indian Wells-Miami con Arina Sabalenka, la Mertens (n°21) precede una coppia di connazionali assestate oltre la posizione numero 50: Alison Van Uytvanck e Kirsten Flipkens. Pur avendo una particolare predisposizione per l’erba e le superfici veloci, Alison ha ottenuto il suo miglior risultato slam sulla terra del Roland Garros nel 2015, quando raggiunse i quarti di finale. La Flipkens invece è stata una promessa a livello juniores (vinse Wimbledon e US Open nel 2003) che poi si è dovuta accontentare – si fa per dire… – di una semifinale a Wimbledon nel 2013 (a spese di Pennetta e Kvitova) e di un best-ranking da n°13.
Un’altra semifinalista slam che ha caratterizzato la sua carriera di alti e bassi è Yanina Wickmayer. La nativa di Lier ha raggiunto il penultimo atto degli US Open 2009 e, anche se adesso vegeta oltre la 150esima posizione mondiale, ha chiuso quattro stagioni consecutive da top-30 (dal 2009 al 2012) e ha vinto in carriera ben 5 titoli WTA. Si sono invece perse le tracce di un’altra campionessa slam juniores; An-Sophie Mestach trionfò in Australia nel 2011 ma non è mai riuscita ad emergere nel circuito WTA, limitandosi a vincere una mezza dozzina di ITF.
IL FUTURO – Nelle attuali classifiche mondiali juniores, tra maschi e femmine il Belgio ha un solo rappresentante nei primi 50: si tratta di Gauthier Onclin, un classe 2001 che al Roland Garros ha perso al secondo turno in singolare da Musetti e in semifinale in doppio. Anche se è già presente, abbiamo voluto mettere in questo capitolo la ventunenne Greet Minnen, in costante risalita (adesso è 139) e già capace di buoni exploit nei tornei maggiori.
I TORNEI – Anche in questo caso, il passato predispone a una certa nostalgia. Allo Sportpaleis di Anversa, infatti, per un decennio (1982-1991) andò in scena l’ECC (European Community Championship), torneo che inizialmente fu a inviti e non faceva parte dell’ATP. La particolarità di questa sorta di esibizione allargata a un numero consistente di tennisti (furono 12 nella prima edizione, il doppio da quella successiva) era il montepremi – particolarmente alto – e il fatto che, in aggiunta, c’era in palio una racchetta d’oro tempestata con 1420 diamanti (del valore di un milione di dollari) per chi fosse riuscito ad aggiudicarsi il torneo tre volte in un tempo massimo di cinque anni. Ci riuscì Ivan Lendl, campione nel 1982, 1984 e 1985, e l’ex-cecoslovacco per un soffio non concesse il bis, fermato in semifinale nel 1991 (da Becker) dopo i titoli del 1987 e 1989.
Dal ’92 il torneo entrò a far parte del circuito ufficiale e la racchetta di diamanti venne trasferita al femminile alle soglie del terzo millennio. Con l’ascesa delle padrone di casa Henin e Clijsters, Anversa ospitò infatti sette edizioni del Diamond Games (dal 2002 al 2008) ma la Gold Racquet finì in Francia, precisamente tra le mani di Amelie Mauresmo, che trionfò per tre anni consecutivi (2005-2007) partendo dal match-point annullato nella prima finale a Venus Williams, pure lei a caccia del ricco trofeo in quanto campionessa nel 2002 e 2003. Il Belgio si consolò con i successi di Clijsters (2004) e Henin (2008), entrambi ottenuti battendo una giocatrice italiana (rispettivamente Silvia Farina e Karin Knapp).
Dal 2016, Anversa è rientrato nel circuito ATP con un 250 che ha preso il posto di Valencia mentre la WTA non ha alcun torneo in Belgio. In passato, le donne hanno giocato l’Open del Belgio dal 1987 al 2001 in cinque diverse località: Knokke, Bruxelles, Waregem, Liegi e Anversa. Più di recente, per tre stagioni la WTA ha fatto tappa a Bruxelles con un Premier che ha avuto Wozniacki (2011), Radwanska (2012) e Kanepi (2013) come campionesse.
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