Roberta Vinci toglie a Serena Williams, e a ventimila persone che le hanno tirato contro, il Grande Slam. Una partita splendida, un giorno storico per tutto sport italiano. L’orgoglio di Puglia trionfa a New York. Robertina, da oggi anche Robertona, chiude in rimonta 26 64 64. Sarà un giorno azzurro, domani, a New York. Per una finale fra due amiche, per un giorno da ricordare e da festeggiare. Comunque vada, è già un successo. Un sogno così forse non ritornerà mai più. Ma lasciateci gioire ancora, per un giorno, per tutta la vita. L’Italia conquisterà un altro Slam. New York è azzurra.
Hanno incrociato le racchette nei tornei giovanili in Puglia, Flavia a nove anni e Roberta a otto. Sono cresciute a 60 km di distanza, sono diventate grandi insieme. E hanno trovato un gancio in mezzo al cielo diNew York, tanto grigio ieri perla pioggia che ha spostato il programma e restituito un Saturday che più Super non si può, tanto azzurro oggi.
Insieme, hanno vinto il doppio al Roland Garros junior nel 1999 ,e in doppio sono tornate a giocare, dopo la rottura fra Roberta e Sara Errani, anche in chiave olimpica.
Roberta è maturata tardi, a un certo punto si era quasi rassegnata a rimanere confinata nella specialità del doppio, che comunque le ha regalato un Career Grand Slam. Ma una finale in singolare è un traguardo che fa la storia, che supera e circonfonde di nuova luce tutta una storia, tutta una carriera, tutta una vita che è un’esempio di talento e di etica del lavoro dedicati al meglio che lo sport è in grado di offrire e di rappresentare.
Un percorso, un lavoro verso un sogno finalmente realizzato in cui pesa e non poco Sara Errani. I suoi successi, la finale al Roland Garros, la semifinale a New York, dopo aver sconfitto proprio Roberta ai quarti, l’hanno spronata, l’hanno resa consapevole delle sue reali possibilità.
Un universo che si svela, in quel 2012, e cambia orizzonti, prospettive, sensazioni e ambizioni. Flavia, prima top 10 italiana che in America trova rivelazioni e realizzazioni sopite in qualunque altro angolo del globo, le era davanti. Roberta, che a lungo ha galleggiato intorno alla centesima posizione, ma in un paio d’anni è passata prima nelle top-40, poi nelle top-20 e infine a sfiorare l’ingresso nell’elite più ambita, la top-10.
Un desiderio chiuso in fondo al cuore, che il tempo non ha cancellato, non ha lavato via del tutto. Un sogno che, in caso di successo contro Flavia, sarebbe distante solo l’inezia di 5 punti. Un piccolo scherzo del destino, lì a ricordare che quando pensi sia finita, c’è una nuova salita da iniziare, un altro viaggio da iniziare, un altro miraggio da desiderare.
Sarà la decima sfida tra le due amiche, che hanno portato la Puglia dove non osano nemmeno le aquile. Otto gli incontri tra il 2003 e il 201o, otto partite in otto anni, con una regola mai interrotta prima degli Us Open 2013. Roberta ha vinto il primo, 26 76 63 a Ortisei, e tutti quelli dispari (il terzo, il quinto, il settimo). Flavia il secondo, 61 46 76 a Palermo, e tutti quelli pari. Ha rotto la regola a New York di due anni fa, per centrare la sua prima semifinale nel torneo che le aveva regalato quattro quarti, di nobiltà tennistica e non solo: come nessun’altra tennista italiana era mai riuscita a fare.
In parità, se la statistica può avere un peso in un giorno in cui le emozioni travalicano la razionalità, il bilancio sul duro, con il successo di Flavia preceduto dall’affermazione di Vinci a Tokyo nel 2009.
Ma non ci sono precedenti che tengano, non c’è logica che possa sostenere, anticipare, spiegare, illuminare un incrocio di destini, un intrico di emozioni impossibile da sciogliere. Perché non è mai facile giocare contro chi si conosce così bene, chiedere per credere proprio a Serena Williams che mai vorrebbe trovarsi ad affrontare Venus, da sempre suo modello di riferimento. Non è stato facile per Roberta affrontare Sara Errani, nelle occasioni in cui le Cichis si sono trovate dalle parti opposte della rete (è successo proprio a New York, dove la ricerca della felicità tende a prendere percorsi sempre poco prevedibili).
Non sarà facile per nessuna dimenticare quel che è successo oggi entro domani per prepararsi a una finale che è per entrambi partenza e arrivo. Sono arrivate al culmine, al fondo dell’ignoto, hanno trovato nuove sensazioni, bellissime suggestioni. Voleranno via senza rete, divise da una rete, con la certezza di aver fatto la storia, da qualunque parte saranno al momento di sentire il “game, set and match”.
Non si interrompe un’emozione, non si interrompe questa emozione. Questo giorno di gloria che è un po’ la fine del mondo per come l’abbiamo conosciuto e l’inizio di un mondo nuovo, con l’orgoglio forse un po’ retorico di essere italiani e la gioia di essere innamorati di uno sport così splendidamente esistenziale che prende quando il tricolore sventola e il nostro tennis supera ogni aspettativa.
Un giorno che durerà per sempre. Un giorno da raccontare. da staccare e conservare. Un punto azzurro nella linea del tempo e della storia. E domani non è solo un altro giorno. Domani l’inno di Mameli risuonerà in uno stadio tutto esaurito, davanti a un pubblico che si aspettava di assistere a un’altra storia, a un’altro momento di gloria, a un altro finale. Flavia e Roberta hanno sparigliato destini e fortune, si sono prese il proscenio e un post0 eterno nella leggenda di questo sport. E’ un giorno che vale una vita, che cambia una carriera. Un giorno che fa la storia. E chi ama questo sport, chi ha amato Flavia e Roberta per tutto quello che hanno rappresentato, per l’esempio che hanno dato e daranno, ha ancora solo una parola da spendere, che sembra troppa anche se due o più sarebbero poche. Semplicemente, grazie.
Leggi anche:
- None Found