da Parigi, Alessandro Nizegorodcew
La palla colpisce il nastro, si impenna, e ricade dall’altra parte del campo, imprendibile. Gilles Muller non chiede scusa, saltella verso la propria panchina. Paolo Lorenzi guarda in tribuna verso Corrado Barazzutti, seduto accanto a me, non dice niente ma i suoi occhi esclamano il più classico dei “non ci posso credere”. Il lussemburghese ha appena vinto il quarto set al tie-break, rimontando da 3-5, portando il match al quinto e decisivo parziale. Domani si riprenderà per disputare la fase finale del match.
Per raccontare questa folle giornata al Roland Garros non potevo che iniziare dalla fine, con il beffardo nastro che ha stoppato i sogni di Paolini, vicinissimo al suo primo successo in carriera a Parigi. Quest’oggi l’approdo al circolo è in leggero ritardo (11.30), causa articoli mattutini da completare e solito lungo viaggio in metro da compiere. Insieme a Marco Mazzoni decido di andare a dare un’occhiata sul centrale a Petra Kvitova, in difficoltà contro la talentuosa neozelandese Marina Erakovic. Il match è combattuto e la ceca lo vincerà solamente al terzo set. L’idea sarebbe quella di passare a dare un rapido sguardo a Janowicz, ma il pranzo organizzato dalla Lavazza nel villaggio n.10 ci aspetta.
Ad accoglierci un distinto signore molto simpatico, che ci offre un aperitivo prima di farci accomodare. Tonno appena scottato come antipasto e buonissima carne di vitella con funghi in salsa di caffè (Lavazza), a chiudere ovviamente un buon espresso. Io e Marco veniamo raggiunti inizialmente da Valentina Clemente del Corriere dello Sport e poi da Ubaldo Scanagatta e suo figlio. Accanto a noi Benito Perez Barbadillo, che passa a salutarci, oltre a qualche personaggio della televisione francese.
Abbandoniamo lo stand Lavazza a malincuore, ma sul campo n.5 è l’Arnaboldi-Time. Ci appostiamo casualmente nell’angolo australiano di James Duckworth, avversario di Arna, dove c’è il gigantesco coach Benjamin Mathias e altri esponenti di Tennis Australia. A inizio match sono presenti anche Thanasi Kokkinakis e Nick Kyrgios, mentre più avanti, nel corso dell’incontro, è giunto Sam Groth con tanto di cappellino dei Syndey Swans, squadra di football australiano.
Il match inizia con Arnaboldi subito in difficoltà, non centrato al massimo, un po’ scarico fisicamente e, pare, anche mentalmente. Arna perde il servizio, lo recupera, ma si fa breakkare nuovamente sul 3-3 perdendo il set 6-4. La sfida è comunque equilibrata e nel secondo parziale i vincenti si sprecano sia da una parte che dall’altra. Arna riesce a procurarsi due palle break consecutive, ma una chiamata errata del giudice di linea (e conseguente replay the point) gli tolgono questa importante chance. Duckworth serve benissimo, alterna lo slice al kick e a volte alla prima piatta, si presenta spesso a rete e con la volée di rovescio sembra Pat Rafter. Giuro, non esagero… Il diritto è efficace anche se brutto da vedere, mentre il rovescio è più pulito, con grande aiuto della mano sinistra, ma è un fondamentale che fa leggermente meno male.
Nel tie-break del secondo set si seguono i servizi sino al 6-5 Duckworth, con l’australiano che indovina una risposta di rovescio a una mano incrociata stretta sul serve and volley di Arna che… se la riprova a fare 100 volte non gli riesce mai più nella vita.
Arna accusa qualche dolorino fisico, se intuisco bene al retto femorale. Giocare 10 ore durante le qualificazioni non è stato di grande aiuto per il corpo. Chiama il fisio, riprende fiato, ritrova energie, ed entrambi tengono il servizio piuttosto agevolmente sino alle fasi calde del parziale. Qui Arna, sul 30-30 al servizio, sbaglia una comoda volée ed è costretto a fronteggiare un match point. Il canturino comanda lo scambio, spinge, insiste, tira, un rovescio va sulla riga e il diritto successivo, in accelerazione inside-out molto stretta, prende la riga. Duckworth guarda il proprio angolo con un sorriso amarissimo stampato in volto. Si va al tie-break, e questa volta Arna gioca molto bene e lo porta a casa.
Nel quarto Arna ha varie chance nei primi due turni di battuta di Duckworth, in netto calo rispetto ai primi due set e mezzo giocati alla Rafter (a rete) e alla Hewitt (da fondo). L’australiano però si salva, annulla alcune pericolose palla break. E’ ancora tiebreak, ed è ancora Arna a spuntarla. Nota importante: nei primi due set e mezzo tutti i nastri erano stati appannaggio di “Duck”, come veniva chiamato dal suo angolo, mentre nella seconda parte del match la fortuna aveva cambiato decisamente target.
Il quinto set è un cammino trionfale, un lungo tappeto rosso verso l’impresa, un 6-0 perentorio e bellissimo. Arna riesce a fare qualsiasi cosa e l’ultimo game di servizio è tennisticamente perfetto. Dal 30-0 volée smorzata di diritto millimetrica ed Ace sul match point! Braccia al cielo, stretta di mano per nulla calorosa con Duckworth e poi il momento tanto atteso. Sdraiato, pancia in giù, a baciare quella terra rossa che in questi giorni gli ha regalato emozioni infinite tra record e rimonte inverosimili. Giulia, la sua ragazza, è commossa. Roberto Cadonati esce dal campo con un sorriso a 96 denti e stessa cosa fanno i genitori di Arna. L’ultimo a lasciare il campo è coach Fabrizio Albani, raggiante di gioia. Il lavoro svolto in questi due anni dal Team FARO vede oggi la consacrazione. Nulla è ancora fatto, i Top-100 sono ancora abbastanza lontani, ma la strada è quella giusta. Loro lo sapevano già, oggi lo sanno anche tutti gli altri.
Scopro che Francesca Schiavone ha rimontato e battuto la Wang e rientro in sala stampa per andare a seguire le conferenze stampa della leonessa e del leone di Cantù.
Vado a sentire anche due battute di Jack Sock, autore dell’eliminazione a sorpresa (ma poi nemmeno troppo) di Grigor Dimitrov. “Giacomo Calzino” racconta i durissimi momenti relativi al suo intervento chirurgico e ai gravissimi problemi di salute del fratello che “ora è guarito quasi al 100%”, soffermandosi poi sull’amata terra rossa, a suo dire la sua superficie preferita. Faccio fatica a ricordare un tennista ynakee che amasse così tanto il “rosso”. “Mi piace molto di più della terra verde” – sentenzia Jack a fine conferenza.
Sono le 20.15, guardo Paolo Lorenzi nei monitor della sala stampa sprecare un break di vantaggio nel terzo set contro Gilles Muller. Sul 6-4 6-4 3-2 e servizio qualcosa nel gioco del senese si inceppa e il lussemburghese inizia a sbagliare meno e a fare numeri su numeri col diritto lungolinea e a rete. Nel tiebreak Muller si stacca subito e, grazie anche a due brutti errori di diritto di Paolini, porta a casa il parziale. Mi avvio verso il campo n.6, che è proprio accanto all’uscita del circolo. Le navette pronte a portarmi verso Odeon sono proprio lì, a un passo, sono combattuto: andare a casa, mangiare addirittura verso le 21, scrivere e andare a dormire presto oppure entrare in campo e guardare la fine del match di Paolino. Rifletto: ho visto Lorenzi perdere nel 2012 contro Almagro, nel 2013 un match assurdo in 5 set contro Kamke e lo scorso anno con il fortissimo Bautista-Agut. Non lo posso abbandonare oggi, nonostante Muller abbia appena effettuato il break in apertura di quarto parziale. Non posso farne a meno, entro. Vedo subito in seconda fila Corrado Barazzutti, che mi saluta, e mi siedo accanto a lui. Mentre Barazza si rammarica del fatto che domani Fognini, Pennetta e Giorgi siano tutti terzo match e quindi a rischio contemporanetià, Paolo chiede il fisio e gli viene fasciata la coscia. Intanto una tifosa di Muller con la voce della Jankovic parla una lingua totalmente incomprensibile (lussemburghese? fiammingo? arabo? Non si capisce).
Nonostante un problema fisico che debilita solo in parte Lorenzi, si arriva piuttosto rapidamente sino al 5-4 Muller e servizio. Il lussemburghese non mette nemmeno una prima e cede la battuta. Si arriva al tie-break. Paolo sale 5-3 grazie a un bellissimo diritto, ma nel punto successivo commette un banale errore di rovescio. Muller serve una grande prima sul 5-5 e si procura il set point. Qui torniamo all’inizio del pezzo, al nastro, alla fortuna, a Muller che esulta senza chiedere scusa a Paolo perché, a suo dire, reo di un Medical Time Out farlocco. Tattico e non realmente fisico. Incrocio lo sguardo di Paolo che dice tutto, mentre coach Galoppini, nella tribuna opposta, è a dir poco rammaricato. Il match viene sospeso. L’inerzia sarà comunque dalla parte di Muller, ma Paolo deve lottare, deve crederci, la prima vittoria della vita a Parigi è ancora possibile.
Sono le 21.30 ed è finalmente il momento di prendere la navetta. Alle 22.30 sono a casa. Panino take away, a letto a scrivere, a letto a dormire. Domani sarà un’altra giornata campale. Il tuto mentre l’hashtag #JeSuisArnaboldi riempie le bacheche Twitter e Facebook di tutto il mondo. Bravo Marathon Man…
Leggi anche:
- None Found