(Simone Eterno con Rafa Nadal al Roland Garros 2015)
di Giulia Rossi
Simone Eterno, 30 anni appena compiuti, irriducibile amante del tennis, collabora con Eurosport dal 2011. In qualità di inviato giramondo ai tornei Slam, quest’anno ha assistito da spettatore privilegiato all’avvenimento più importante nella storia del nostro sport, la finale femminile tra Flavia Pennetta e Roberta Vinci. Lo raggiungiamo per telefono di ritorno da New York, per ascoltare il suo racconto del giorno dei giorni del tennis italiano, quello che verrà celebrato a lungo come il sogno di una notte di fine estate. Il ricordo di quei giorni appena trascorsi è ancora vivido nelle sue parole e dopo pochi minuti divampa nelle sue risposte la passione sincera che anima il suo lavoro. È il pretesto per scambiare due chiacchiere sulla sua professione e sulla vita da inviato di Eurosport.
Simone, non possiamo non partire dalla ormai leggendaria finale femminile tutta italiana. Raccontaci quali sono state le tue sensazioni in quei giorni.
La percezione, confrontandoci anche con i nostri colleghi stranieri, è stata quella di assistere – è banale dirlo ma è così – ad un evento storico. È stata una finale totalmente inaspettata, maturata con due cammini sostanzialmente opposti perché Flavia ha dominato la sua parte di tabellone, ha giocato un torneo fantastico, ha avuto sulla sua strada ostacoli importanti tutti superati alla grande, la Stosur, la Kvitova, la Halep… Roberta dal canto suo aveva davanti un tabellone che le offriva l’occasione della vita, ma le occasioni bisogna anche saperle cogliere! È stato un cammino ben giocato fino a quella che è stata la partita che ha lasciato incredibilmente sorpresi noi e lei per prima, via!
Quando hai capito che Flavia poteva arrivare in fondo al tabellone?
A onor del vero io sono stato uno dei primi a credere in Flavia ma generalmente si percepiva una specie di sensazione comune che le cose potessero andare bene e questa convinzione è cresciuta di giornata in giornata, soprattutto dopo la vittoria sulla Stosur. Anche a detta di Flavia quella partita le ha dato grande sicurezza. Poi ovviamente dopo aver battuto la Halep era quasi scontato darla per favorita in finale con Roberta ma credo che Flavia se la sarebbe giocata alla pari anche con la Williams. La consapevolezza e la fiducia nelle sue possibilità a quel punto era davvero tanta e lei lo sentiva.
È stato più emozionante vedere la Vinci battere Serenona o Flavia diventare regina di New York?
Personalmente vedere Roberta battere Serena è stato incredibile, da brividi. Una sensazione pazzesca, davvero pazzesca, io avevo la pelle d’oca. Anche perché devi immaginare questo stadio enorme che di punto in punto pensava: “Ma sì, Serena l’ha fatto tante volte, l’abbiamo già vista a Parigi fare così, adesso rientra, adesso si inventa qualcosa, adesso arriva la vera Williams… solo che a un certo punto non è più rientrata!” È vero che Serena ci ha messo tanto di suo perché alla fine è sempre lei che decide quando vincere o perdere le partite ma credimi che c’è stato tantissimo anche di Roberta in quella vittoria.
Tu che eri lì, dicci francamente come ha reagito il pubblico che si aspettava il Grand Slam di Serena alla finale tutta italiana.
(Comincia già a ridere prima di darmi la risposta) Guarda ti racconto un aneddoto simpatico: il capo delle operazioni dei media dello Us Open dopo la partita di Roberta a conferenze stampa fatte si è presentato nella zona dove si raccolgono tutti i giornalisti italiani (peraltro nella stessa fila degli americani) e con una battuta ha detto: “Domani voi non vi presentate neanche, non vi facciamo entrare, per voi niente accredito!”, scatenando l’ilarità generale. Flavia e Roberta hanno, di fatto, rovinato una festa già pronta. Anche l’avvicinamento al torneo durante l’estate era stato vissuto con enorme attesa dagli americani anche a livello di giornali… capiamoci, era il media event dell’anno e per la prima volta in uno Slam la finale femminile era più importante di quella maschile! Inutile che ci prendiamo in giro, il torneo femminile subisce sempre, inevitabilmente, il peso di quello maschile, mentre questa volta si era ribaltato tutto. Doveva essere il torneo di Serena Williams e non lo è stato, punto. Si erano già preparati tutti a livello organizzativo… poi la faccenda ha avuto anche un risvolto economico perché tutti i biglietti per la finale femminile erano introvabili fino a venerdì, invece sabato ho visto entrare tanti di quegli italiani che ovviamente non dovevano essere lì… i biglietti che prima si trovavano a prezzi folli, nei canali di rivendita on line sono crollati e potevi comprarli a 100-150 dollari. Un prezzo francamente ridicolo se pensi che una sessione normale come il primo turno costa 80 dollari per l’ultimo anello…
Dimmi la verità, voi giornalisti italiani almeno un pochino avrete esultato per la finale tutta italiana…
C’è una regola non scritta tra i giornalisti: No cheering in the press box. Però francamente ti direi una bugia se ti dicessi che non abbiamo esultato per la vittoria di Robertina. E ti dirò anche per la vittoria di Fognini contro Nadal che poi è passata in secondo piano ma è stata ugualmente una partita storica: la prima sconfitta di Nadal in 170 partite agli Slam in cui non aveva mai perso da due set avanti. A mio parere è stata insieme alla partita con Murray in Coppa Davis la migliore della carriera di Fabio. Poi ovviamente noi giornalisti avevamo un motivo in più per festeggiare questo Slam, è giusto dire che i risultati televisivi e il numero di click sui siti dipendono dalla portata delle notizie e quando sono di questo genere non può che far piacere anche in termini numerici.
(Allo Us Open 2015 – Brutti i posti in tribuna stampa, mi dicono -)
Com’è la giornata tipo di un inviato allo Slam?
(Risata di sottofondo) Mi viene da ridere perché è la giornata di una persona che se non ha la passione per quello che fa, và tranquillamente a fare dell’altro, perché si lavora sempre, incessantemente. Agli Slam seguo il sito di Eurosport, spesso preparo la parte delle interviste video, poi la sera c’è da fare il punto della giornata con Jacopo (Lo Monaco, n.d.r.) per la diretta. Si comincia al mattino presto e si chiude di sera tardi con le ultime interviste. Schematizzando è: sveglia alle otto, colazione, si va fino a Manhattan per prendere l’autobus della transportation che porta gli addetti ai lavori a Flushing Meadows, che è nel Queens, sperando che non ci sia traffico. Una mattina ci abbiamo messo 1 ora e 40 per un tragitto che normalmente dura 25 minuti. Si seguono le dirette scritte, si sentono le conferenze stampa dei tennisti che ti interessano, si scrivono i report… tutto questo fino a quando non finiscono i match della sessione serale, si riprende correndo l’ultimo bus della transportation, che ovviamente è un’ora scarsa dopo l’ultima conferenza stampa. E poi si collassa in albergo. Si vive di tennis per due settimane intere, cosa che all’inizio ti dà tantissima carica, poi quando diventa routine si trasforma in un lavoro massacrante ma bellissimo insieme. Capisci subito se non sei portato o meno, uno che non lo fa per passione si domanda: “Ma chi me lo fa fare?” E cambia mestiere.
Facciamo un balzo indietro al “Ma chi me lo fa fare?” Come hai cominciato e come si è sviluppata la tua carriera?
Ho iniziato nel 2010 con uno stage sul sito di Sportmediaset, praticamente alla fine del mio percorso universitario, poi alla fine del 2011 è arrivata l’opportunità con Eurosport dove oggi vivo felicemente di tennis.
Da piccolo cosa volevi fare?
Questo. Non avevo altri sogni. Il regalo per la mia comunione mi ricordo è stato l’abbonamento a TelePiù per farti capire il livello di malattia per gli sport fin da piccolo. Non potevo che fare questo.
A proposito, oltre a essere malato di tennis hai altre patologie sportive?
Uuuh sì, il calcio inglese di cui mi occupo sempre per Eurosport. Il calcio in generale ma quello inglese in particolare.
In bocca al lupo a Simone per il suo straordinario (e invidiato) lavoro e grazie infinite per la sua disponibilità.
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