da Londra, Matteo Torrioli
Neanche dopo la finale dei Campionati Europei ci ero rimasto così male. Non vedere Andrea Baldini almeno sul podio nel fioretto maschile mi è sembrata una vera e propria ingiustizia. Non per decisioni arbitrali o per scorrettezze altrui. Assolutamente. Un’ingiustizia perché meritava una medaglia, punto e basta. Lo sport ci regala spesso delle storie che, durante il loro svolgimento, pare debbano avere un finale felice. Così, purtroppo, non è stato. Era il luglio del 2008 ed io ed Alessandro intervistammo in radio proprio Baldini a pochi giorni dalla partenza per Pechino. Primo nel ranking mondiale, Andrea si sarebbe presentato ai Giochi Olimpici come favorito numero uno per l’oro. Poi è arrivato il fango del doping, quel maledetto diuretico che impedì al nostro schermidore di conquistare la Cina. Dopo alcuni mesi e grazie al lavoro di una regina del foro come l’avvocato Giulia Bongiorno, Andrea riuscì a dimostrare la sua innocenza e ad essere “riabilitato”. L’Olimpiade, però, era ormai passata. L’accusa, alla fine, fu di negligenza: un’assurdità. Come essere accusati prima di omicidio per poi passare a “schiamazzi notturni”. Dal maggio 2009, dunque, Baldini è tornato in pedana, vincendo in breve tempo una gara di coppa del mondo, il bronzo negli assoluti italiani, un doppio oro (individuale ed a squadre) agli europei di Plovdiv e coronando il 2009 con la vittoria ai mondiali di Adalia, sia individuale che a squadre. Una reazione da campione, insomma. Ieri abbiamo seguito tutte le gare di Andrea e il ruolino di marcia ci faceva ben sperare. Un vero e proprio schiacciasassi, capace di strapazzare il giapponese Miyake 15-9, battere facilmente Imboden ancora 15-9 e distruggere il russo Cherimisinov 15-5. Esaltati come non mai, abbiamo cominciato a fare un vero e proprio tifo da stadio al Media Centre, contenti anche per Cassarà ed Aspromonte che sembravano poter avere delle possibilità. Poi è arrivato il cinese Lei Sheng, alto una ventina di centimetri più di Andrea. Niente da fare. Il livornese tira alla grande, è spettacolare ma subisce un parziale troppo netto che non riesce a recuperare. La finale per il bronzo decidiamo di seguirla a Casa Italia, sui maxischermi. Mentre da un lato trasmettevano la Pellegrini, noi soffrivamo per Andrea. Un’ansia incredibile, una tensione che solo la scherma riesce a regalarti. Sul 14-14 con il coreano Choi sembrava che la sua storia potesse avere un finale stupendo. Invece lo sport può essere anche cattivo, spietato. Una stoccata andata male ed ecco il bronzo svanire. Lì per lì siamo rimasto di sasso, con la speranza che magari l’arbitro potesse cambiare la sua decisione: nulla da fare. È vero, adesso c’è anche la gara a squadre nella quale i nostri ragazzi potranno rifarsi. Ma il colpo è stato duro, soprattutto perché Andrea avrebbe potuto risollevare una giornata avara di soddisfazioni per i nostri colori. Lo sport è questo. Adesso speriamo che tutta la nostra squadra di fioretto sia riuscita a recuperare le giuste energie fisiche e mentali per tornare in pedana. Noi, almeno una medaglia la vogliamo. Vogliamo che quel libro che Andrea ha scritto, “Pechino 2008, la città proibita”, venga seguito da un altro, magari dal titolo “Londra, la mia rivincita”.
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