di Daniele Sforza
Numero 370 a fine 2014 e numero 75 un anno dopo. Parliamo di Daria Kasatkina, diciottenne russa che ha sorpreso gran parte degli appassionati di tennis ottenendo risultati incredibili nei vari tornei della stagione 2015. Spesso si dà il merito dei propri successi solo al tennista, sicuramente di talento, ma bisogna capire che dietro a questo c’è tutto il lavoro dello staff che segue la russa, staff composto da suo fratello Alex, da Vlado Platenik e da Maros Molnar. Abbiamo quindi intervistato il coach slovacco Vlado Platenik, con un passato da giocatore (ex top 10 juniores), e che in carriera ha allenato giocatrici del calibro di Cibulkova e Petrova (per fare due nomi non da poco), ottenendo sempre risultati importanti e portando loro ad arrivare a piazzamenti importanti nel ranking.
Partiamo da te. Sei stato un buon tennista, ma nel 2000 hai deciso di lasciare il circuito Pro per cominciare il tuo percorso da allenatore di tennisti professionisti. Come hai preso questa decisione? È stato difficile? Hai qualche rimpianto per la tua carriera da tennista?
Non è stato semplice e, veramente, sei il primo giornalista a chiedermelo visto che non avevo mai realizzato un’intervista a riguardo (ride). Tutta la mia vita è stata dedicata al tennis, ero no. 1 under 16 e under 18 nel mio paese [Slovacchia] e nei top 10 nel circuito juniores mondiale, ma vivevo una situazione difficile. I miei genitori hanno divorziato quando avevo 12 anni e così sono stato costretto, principalmente per continuare il mio percorso con il tennis, a spostarmi con mio padre in Slovacchia mentre mia madre è rimasta in Repubblica Ceca con mio fratello. Qui in Slovacchia non abbiamo avuto nessun aiuto e mio padre mi ha messo tanta, troppa, pressione e, anche se lo faceva per il mio bene, questa cosa mi ha dato una “mazzata” dal punto di vista mentale e così a 21 anni sono andato via di casa ed è stata la prima volta in cui ho pensato di smettere con questo sport. Poi, mi sono anche infortunato per la prima volta in carriera, una frattura alla caviglia, tuttavia ho provato a continuare a giocare per un paio di anni. Alla fine, nonostante il supporto della mia ragazza che ora è mia moglie, ho capito che giocando perdevo soltanto tempo ed energie e, prendendo tutti gli insegnamenti di questa carriera, ho iniziato ad allenare. Quanto vissuto mi ha aiutato tantissimo a diventare un buon allenatore, uno che prova sempre a capire le necessità e i problemi che ogni giorno affrontano i tennisti.
Nella tua carriera da coach hai avuto il piacere di allenare tanti buoni giocatori (Cibulkova, Petrova e Wickmayer per citarne qualcuno) e hai ottenuto tante soddisfazioni. Con te, Dominika Cibulkova ha raggiunto il no. 12 (partendo dal no. 155), Nadia Petrova è arrivata al no. 13 e Yanina Wickmayer ha vissuto la miglior stagione della sua carriera e non credo siano coincidenze (risata)… Tre tenniste diverse e tre ottimi risultati, cosa puoi dirmi di queste esperienze?
Innanzitutto prima di allenare loro mi sono dedicato a Henrieta Nagyova, portata al suo best ranking al no. 21. Poi ho allenato anche Ludmila Cervanova portata al no. 73 dal no. 180, Ksenia Pervak portata dal no. 98 al no. 36 e anche Alja Tolmljanovic che dal no. 160 è giunta al no. 76. Non credo siano solo coincidenze (risata), io cerco sempre di aiutare queste persone, presentandomi come sono e volendo portare ogni giocatore a raggiungere il suo massimo potenziale, sviluppando il giocatore in maniera diversa a seconda dei suoi punti di forza. Con ogni tennista si ha un’esperienza diversa ed è anche questo che mi aiuta a migliorare di volta in volta. Ho sempre lavorato con buoni tennisti, ma erano tennisti su cui pochi puntavano e allora potresti chiedermi il motivo di ciò. La ragione è semplice, i top player cercano il nome importante e quindi ho dovuto provare a tutti di ottenere risultati con giocatrici underdog, inoltre non sono il tipo a cui piace essere al centro dell’attenzione e voglio mostrare a tutti non me stesso ma i miei risultati. Tra tutte queste esperienze da allenatore è impossibile sceglierne una in particolare, ognuna aveva qualcosa di speciale. Ludmila Cervanova era un buon talento ma era un po’ pigra e quindi dovevi trovare il modo giusto per renderle l’allenamento qualcosa di interessante, Henrieta Nagyova era una stacanovista e perciò dovevi trovare il modo per farla allenare meno ma con più intensità, Dominika Cibulkova è invece il miglior esempio di underdog. Quando era no. 160 nessuno credeva in lei, esclusi i suoi genitori, ed era perfetta da allenare sul campo visto che faceva qualsiasi cosa le dicessi, ma fuori dal campo si dimenticava dell’esistenza del tennis e perciò dovevo assegnarle dei “compiti” per farle capire cosa fosse il tennis fuori dal campo da gioco. Nadia Petrova era un’ottima tennista, la aiutai a migliorare in tutti i fondamentali e quell’anno vinse anche con Serena e Venus Williams, ma sfortunatamente non fui in grado di controllare le sue emozioni. È stato davvero un peccato perché aveva un ottimo ranking sia per il singolare che per il doppio e stava giocando bene, ma dal punto di vista mentale non è riuscita a reggere la pressione.
Ora stai allenando una delle maggiori promesse del tennis internazionale, la russa Daria Kasatkina. Come è nata questa collaborazione? Cosa puoi dirci di lei come persona in campo e fuori?
Ho iniziato a lavorare con Daria dall’ottobre del 2014, il suo manager mi conosceva da tempo e mi chiese se volessi dare uno sguardo a lei; io ho subito creduto avesse un potenziale importante e così abbiamo iniziato a lavorare insieme. Lei è una ragazza tranquilla, flemmatica quasi e a volte negativa, perciò in alcuni situazioni la vorrei più attenta, ma questo la aiuta anche a non andare nel panico in campo, a rimanere concentrata nei momenti importanti. La sua caratteristica principale è il cuore, il suo essere una vera e propria lottatrice, perché si vede che ama davvero il tennis.
Se torniamo a dicembre 2014, Daria era no. 370 e ora, un anno dopo, è no. 75 con 5 vittorie in tornei Itf (quattro $25.000 ed un $50.000), 42 vittorie e tantissimi risultati nei tornei Wta. Ti aspettavi qualcosa del genere? Quando hai capito che davvero già da quest’anno poteva entrare in top100?
Allora, se devo dirti la verità non mi aspettavo un simile risultato. Penso che tu non possa trovare una persona appassionata di tennis che potesse aspettarsi qualcosa del genere. Intendo dire, quante persone nella storia sono migliorate in classifica così tanto nel corso di un anno? Ovviamente credevo in Daria, avevamo organizzato bene i tornei da giocare e con suo fratello Alex e il suo fitness coach Maros Molnar siamo migliorati a poco a poco. Ho iniziato a credere che Daria potesse chiudere l’anno nelle 100 dopo il torneo di Bad Gastein dove ha mostrato a tutti che poteva già competere con le migliori tenniste nel circuito.
Seguendo Daria in giro per i tornei avrai visto tante tenniste giocare, chi ti ha impressionato di più?
Sì, viaggio molto però cerco di concentrarmi sul mio giocatore. Detto questo, sicuramente ci sono giocatori giovani interessanti come Karolina Pliskova, Belinda Bencic, Ana Konjuh, Elizaveta Kulichkova, Jelena Ostapenko ma solo il tempo ci dirà dove loro possano arrivare.
Cosa pensi del circuito Wta? In questo momento è difficile per un giovane tennista entrare presto (dopo i primi 2-3 anni) nei top 50-100. Pensi che il tennis stia diventando uno sport più fisico e mentale rispetto agli anni passati?
Sono certo che il tennis sia diventato più fisico rispetto a molti anni fa, infatti tutti i top player viaggiano con un team di persone, allenatori, fitness coach, fisioterapisti… Per quanto riguarda gli aspetti mentali, è sempre stata la parte più difficile da migliorare e ogni top player ci lavora ancora su. Sui giovani, credo che stia tutto nello strutturare la loro preparazione nel modo migliore. Per fare un esempio, in quella che ancora era la Cecoslovacchia abbiamo strutturato un buon piano nel lavoro con i giovani ed è questo il motivo per cui abbiamo avuto tantissimi giocatori di livello in passato. Sfortunatamente dopo il comunismo tutto ciò non esiste più e i giovani tennisti devono finanziarsi da soli, il tennis è diventato un business dove i genitori sono persi nel seguire i pareri di esperti di tennis che promettono ai loro figli un ottimo futuro e nel frattempo prendono i loro soldi. Penso che sia semplicemente più difficile di prima, mancano la struttura e il “concetto” di questo sport, sport dove ognuno può diventare allenatore, ragazzo, ragazza, madre, padre e perciò diverso da tutti gli altri sport come il calcio od il basket ad esempio. Il mio pensiero è che molti tennisti non raggiungono il loro potenziale solo a causa di un cattivo allenamento.
Di cosa pensi abbiano bisogno i tennisti per arrivare in top 10? Ma soprattutto, cosa serve per rimanerci tanto tempo?
Questa è una bella domanda, mi fa piacere che tu mi abbia chiesto cosa serva non solo ad arrivare tra i migliori ma anche a rimanerci per un lungo periodo di tempo. Per arrivare in top 10 i tennisti devono essere completi tecnicamente, mentalmente, fisicamente, devono avere un buon team, un ambiente positivo intorno a loro, devono essere intelligenti, devono essere pronti per il successo e devono veramente amare il tennis e tutto quello che c’è dietro, il duro lavoro, il viaggio e il costante miglioramento.
Probabilmente il più bel ricordo di questo 2015 è il terzo turno raggiunto agli Us Open, entrando in tabellone come lucky loser, visto che Daria aveva perso nell’ultimo turno di qualificazioni contro la connazionale Kulichkova. Che settimana è stata quella?
In realtà per me il più bel ricordo di questo fantastico anno è stato il torneo di Mosca dove Daria ha battuto delle buone tenniste raggiungendo le semifinali in singolare e poi vincendo il doppio con Elena Vesnina. Come hai detto, agli Us Open Daria è stata fortunata visto che è stata sorteggiata come prima lucky loser e ha avuto la possibilità di entrare grazie al forfait di Maria Sharapova ma sono sicuro che tutto questo sia stato meritato e, infatti, ha confermato di essere una lottatrice che impara velocemente dai suoi errori. Nel suo ultimo turno di qualificazioni giocava contro una delle sue migliori amiche e non si aspettava un livello simile da parte sua, ne abbiamo parlato dopo il match e ci siamo detti che nel caso fosse riuscita ad entrare in tabellone come lucky loser avrebbe dovuto sfruttare questa chance, cosa che ha fatto perfettamente. Nel match con la Mladenovic, Daria si è innervosita fin da subito e non è riuscita a rientrare nel match mentre la sua avversaria, più esperta, ha giocato bene per tutto il match e non le ha dato occasioni.
Ora siamo in off-season, quanto è importante per un tennista questa parte della stagione? Puoi descriverci un normale giorno di allenamento e su cosa stai lavorando per migliorare il gioco di Daria?
A mio parere, è la parte di tempo in cui migliori di più. Mi piace fare 6 settimane di preparazione con i miei giocatori, in esse facciamo due settimane di fitness e preparazione sul tennis, 10 giorni di preparazione fitness sulle montagne e circa 3 settimane in Florida in cui ci concentriamo sul tennis. Daria inizia il giorno alle 7.30 con yoga e/o stretching e poi fa colazione. Alle 9.15 comincia a correre e si scalda prima di iniziare a giocare a tennis, dalle 10 alle 12. Dopo gli esercizi di cool down e la palestra, andiamo a pranzo alle 13 e ci riposiamo per 3 ore. Infine dopo un riscaldamento di 30 minuti alle 16, un’altra ora di tennis e altri esercizi di cool down e così, dopo la cena alle 19, termina la giornata. Stiamo lavorando per migliorare il rovescio di Daria, il suo dritto per renderlo un’arma più pericolosa, e la sua prima di servizio. Il principale obiettivo è quello relativo al miglioramento del tempo di reazione, caratteristica che permette di fare le scelte giuste nel momento in cui si è sotto pressione. Altro aspetto su cui lavoriamo è l’aspetto mentale, imparare a giocare dal primo all’ultimo punto al massimo delle proprie possibilità, che sia in allenamento o in partita.
Come suo allenatore quali possono essere gli obiettivi di Daria per il 2016 e per il futuro?
Il nostro obiettivo è quello di lavorare ogni giorno al 100%, essere in salute e essere felici per quello che facciamo. Sicuramente tutti vogliono diventare numeri 1 nel mondo e noi facciamo il massimo per arrivarci. In caso non ci riuscissimo direi che abbiamo fatto tutto il possibile per raggiungere questo traguardo. Molti tennisti fanno errori e hanno troppe aspettative, il che crea uno stress e una pressione inutili, per questo il nostro pensiero è dedito al lavoro ed al crederci sempre.
Dallo scorso anno stai anche lavorando nella Empire Tennis Academy a Trnava dove molti giocatori, Atp e Wta, si allenano. Come sei arrivato qui? Com’è strutturata l’accademia?
Sono molto felice di lavorare qui e con tutto il loro aiuto finanziario per lavorare e viaggiare con Daria non posso che ringraziarli. Lo scorso anno il direttore dell’accademia (il Signor Hlavna) mi avvicinò per chiedermi di lavorare e io accettai; abbiamo gli stessi obiettivi, volendo aiutare i giovani tennisti a realizzare i propri sogni. L’accademia è davvero molto bella, stiamo costruendo altre strutture per i giocatori, tra cui una palestra di 250 metri quadri, una piscina, altri 4 campi indoor e perciò abbiamo un vero progetto per far diventare questo posto un riferimento per i giocatori nel mondo. Qui poi abbiamo anche la possibilità di lavorare con uno dei migliori fitness coach, Maros Molnar.
A Trnava lavori anche con Dubrivnyy e Laguza, quanto è difficile allenare diversi giocatori nello stesso periodo? Come ti organizzi?
Quest’anno è stata dura, abbiamo 15 coach che lavorano in accademia e io ho 4 assistenti che mi aiutano con i top player, in modo da aiutarli a lavorare al meglio e con la persona giusta. Cerco sempre di organizzare la programmazione in modo da avere la possibilità di lavorare con tutti miei giocatori quando è possibile, ma, come squadra, siamo tutti flessibili e lavoriamo bene. Dubrivnyy è davvero un buon giocatore, già quest’anno ha ottenuto buoni risultati tra i Pro, tuttavia deve diventare più professionale in ciò che fa. Laguza ha iniziato molto bene ma si è fatta male ed è tornata a casa, perciò vedremo in futuro cosa farà; io credo che sia troppo giovane per stare lontano da casa per un lungo periodo, ovviamente spero si riprenda e continui a migliorare.
Come membro di una delle più importanti accademie in Slovacchia ti devo chiedere qualcosa sui giocatori di questo paese. Nel femminile ci sono tanti prospetti (la Mihalikova ha vinto gli Australian Open Juniores per esempio) e tra i ragazzi c’è ad esempio Klein che credo sia un buon giocatore. Chi pensi possa diventare un top player?
Sì, Tereza Mihalikova è davvero una brava ragazza e penso che abbia un’ottima chance per il futuro, poi ci sono le stesse Kuzmova e Schmiedlova che giocano davvero bene perciò credo che una di queste 3 ragazze possa farcela, forse anche tutte e tre. Tra i ragazzi sono rimasto davvero impressionato da Klein, l’ho visto giocare indoor è sono rimasto senza parole, poi ci sono Molcan e Blasko, altri bei giocatori che spero possano arrivare nel tennis che conta.
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