Terra rossa per te ho portato stasera

Clay
di Giulio Gasparin

Aprile non è solo un mese di transizione dall’inverno alla primavera in tutta Europa, ma è anche il momento di cambiare scarpe e adattare i propri colpi ai rimbalzi alti e lenti della terra rossa. Un primo assaggio era stato dato dal torneo di Rio de Janeiro in Febbraio, mentre questa settimana i campi di Bogotà stanno ospitando un altro evento sul rosso del tennis al femminile. Contrariamente ai colleghi dell’ATP che si stanno già contendendo il prestigioso Masters 1000 di Monte Carlo, le donne inizieranno la stagione europea della terra da Stoccarda (evento che seguiremo da bordo campo), dove le condizioni indoor favoriscono un graduale passaggio a quelle che saranno le peculiarità della terra di Roma ed infine del Roland Garros. Discorso a parte invece quello sul Premier Mandatory di Madrid, che è il secondo evento per punti e montepremi, ma giocandosi in altura presenta condizioni molto veloci e che spesso favoriscono giocatrici aggressive e dal servizio importante.

Si è discusso a lungo e spesso sulla riduzione dei tornei giocati su questa superficie, anche in connessione alla crisi economica e quindi la difficoltà di trovare sponsor nel vecchio continente, ma questo non è il fine di questo pezzo, che anzi prova, con uno spirito quasi ludico, di cercare di tracciare uno stato di forma e delle aspettative delle top player e delle azzurre da questi due mesi scarsi di gioco sulla terra. Perché si sa, non sono stati solo i tornei sul rosso a sparire, ma anche le specialiste della superficie, tanto che negli ultimi anni top spin e smorzate si sono fatti desiderare negli stadi finali dei prestigiosi tornei europei di primavera.

L’esempio più evidente è dato dalle vincitrici delle ultime tre edizioni dello slam parigino: Maria Sharapova, per ben due volte, e Serena Williams, due il cui gioco è parente ben lontano da quello di Justin Henin o Francesca Schiavone. La numero uno del mondo in passato aveva faticato e non poco sulla superficie, ma dopo una serie di sconfitte che poco le si addicevano, tra cui quella subita da Virginie Razzano nel 2012 a Parigi, si è voluta rifare e nel 2013 non ha perso nemmeno un match sul rosso, conquistando 28 vittorie, per un totale di 3 set persi. L’anno scorso non si era saputa avvicinare a quei livelli e, nonostante la convincente vittoria al Foro Italico, aveva poi ceduto di schianto con Gerbine Muguruza nella capitale di Francia. La condizione di forma eccelsa mostrata quest’anno e la voglia di rifarsi saranno due delle caratteristiche che probabilmente guideranno la numero 1 ad una stagione ricca di successi in terra europea, seppure dovrà vedersi da un paio di ostiche rivali. Un test importante sarà già questo weekend a Brindisi, dove avrà tutti gli occhi puntati addosso e la responsabilità di riportare in serie A la propria nazionale. Quello che risulta determinante per il successo sul rosso della Williams è la velocità di piedi, perché in condizioni di campi lenti non può affidarsi ai soli colpi di inizio gioco, come accade nelle giornate storte sulle altre superfici.

Maria Sharapova in passato si era definita lei stessa una “cow on ice”, una mucca sul ghiaccio, riferendosi alla propria incapacità di muoversi con sicurezza sulla scivolosa superficie argillosa. Così dal 2012 ad oggi la russa ha vinto per due volte lo slam sul rosso, ha conquistato un’altra finale e degli ultimi 10 titoli conquistati, ben 8 sono giunti su questa superficie, di cui 3 consecutivi proprio nell’evento di apertura stagionale al Porsche Open di Stoccarda. Con un record di 49 vittorie e solamente 4 sconfitte, anche quest’anno la numero 2 del mondo si presenta come favoritissima, nonostante l’infortunio che l’ha costretta a rinunciare alla Fed Cup questa settimana e la forma non eccezionale mostrata nelle ultime apparizioni. Quello che ha portato al cambio di marcia della russa sul rosso è stata la volontà di arginare i problemi dettati dai movimenti, intuendo che su una superficie più lenta le è data la possibilità di imprimere tutta la propria potenza con i colpi da fondo grazie ad un avvicinamento più facile e minor rischio di arrivare in ritardo. Questo, assieme alla grandissima tenacia e forza mentale hanno esaltato tutto il bagaglio della siberiana, che spesso ha recuperato match quasi persi e portato a casa vittorie doppiamente preziose. Da troppi anni non centra una vittoria contro Serena e, probabilmente, questa è la superficie in cui ha le maggiori possibilità, anche se tra le due sembra essere più un fattore mentale quello determinante.

La numero 3 del mondo, Simona Halep, ha un feeling speciale con la superficie, tanto che si potrebbe dire essere la prima vera terraiola nel ranking, seppure il suo gioco sia equamente efficace su tutte le superfici. La rumena è infatti cresciuta tennisticamente sul rosso ed è giunta al successo proprio al Roland Garros junior prima, e poi ha trovato lo stimolo per diventare una top player proprio al Foro Italico nel 2013, quando dalle qualificazioni è giunta alle semifinali e da lì non si è più fermata e ad oggi è in aperta battaglia con Serena Williams per il primato della Race to Singapore. Nella scorsa stagione si è arresa due volte a Maria Sharapova nelle finali di Madrid e poi del Roland Garros e quest’anno sarà ancora più agguerrita per andare un passo oltre. Velocità di piedi, grande lettura di gioco e capacità di variare spin e profondità sono le sue armi migliori per queste settimane a venire. Petra Kvitova invece è una giocatrice che ricorda, in un certo qual modo, la Sharapova che si autonominava mucca. La ceca non ha un record terribilmente negativo, con 25 vittorie e 12 sconfitte negli ultimi 3 anni, ma con l’esclusione dell’altura di Madrid, dove, come abbiamo già detto, il servizio è arma fondamentale, non è mai stata una delle favorite alla conquista dei vari titoli e, con una condizione tutta da scoprire dopo il lungo stop degli ultimi mesi, è difficile immaginarla protagonista nei tornei ad avvenire.

Discorso diverso ma stesso risultato per Caroline Wozniacki, che con 3 vittorie e 8 sconfitte sulla terra nelle ultime due stagioni ha dimostrato un’involuzione drastica sul rosso. Per la danese il problema non è dettato dai movimenti, ma dalla mancanza di penetrazione della palla, che si “aggiusta” facilmente consentendo alle avversarie di turno di dettare il gioco a loro piacimento. È difficile che riesca a fare peggio degli scorsi anni, ma è altrettanto difficile possa essere una sorpresa in positivo.

Ana Ivanovic, dopo il successo del Roland Garros 2008, con cui aveva confermato l’amore per la superficie su cui era cresciuta in Serbia e che aveva già portato alla finale nel 2007, non è più riuscita ad andare oltre gli ottavi di finale, trovando sconfitte ingiustificate sempre più spesso. La serba ha comunque dalla sua un gioco potente ma anche vario e che quindi ben si adatta al rosso, ma come spesso le capita è il fattore mentale quello che più spesso la penalizza. Con ben pochi risultati alle spalle dovrà cercare di ribaltare la propria stagione con il cambio di superficie. Stesso obiettivo per Eugenie Bouchard, che con l’esclusione di un buon Australian Open, è stata la grande assente fino ad ora. La terra per lei è una superficie dove può subire la difficoltà di colpire palle sopra la spalla, ma su questa ha comunque conquistato il primo, e ad oggi unico, titolo WTA, oltre che una semifinale slam. La crisi, soprattutto di fiducia, di questo 2015 potrebbe subire un ulteriore aggravamento qualora fallisse nel difendere quanto di buono fatto lo scorso anno.

Nelle retrovie della top 10 troviamo poi due che la terra poco la digeriscono, ovvero Agnieszka Radwanska e Ekaterina Makarova. La prima, in crisi di risultati, vive sul rosso una situazione simile a quella dell’amica danese, seppur si riesca a salvare grazie alle consuete magie, mentre la seconda viene logorata mentalmente dalla difficoltà di chiudere i punti, che spesso la trasforma in una fabbrica di errori gratuiti. Entrambe difficilmente avranno un ruolo diverso da quello di comparsa, almeno fino all’arrivo del mese sull’erba.

La grande sorpresa potrebbe arrivare da Carla Suarez Navarro, che quest’anno ha già mostrato una condizione mai avuta prima, tanto da essere quarta nella Race. La spagnola è cresciuta sulla terra e con un gioco che ricorda quello della nostra Francesca Schiavone ha tutte le carte in regola per causare diverse upset anche in match che contano. La vittoria del primo titolo ad Oeiras lo scorso anno l’ha sbloccata e ora si è resa conto di poter essere una vincente. Non è impossibile pensare che possa migliorare il quarto di finale raggiunto già due volte in terra parigina.

La rinascita di Andrea Petkovic, dopo i mille infortuni, era iniziata la scorsa stagione sulla terra verde di Charleston e poi si era confermata con la prima semifinale slam in carriera a Parigi, arrivata giocando tutt’altro che bene, ma continuando a vincere ed era quello che le serviva. Se dei 6 titoli vinti in carriera 3 sono arrivati sul rosso e un altro sulla terra verde, un motivo ci sarà.

Il capitolo azzurre si apre ovviamente con Sara Errani, che più di tutte ha dato e continua a dare su questa superficie: una finale, una semifinale e un quarto a Parigi, finale a Roma e, quest’anno, già un titolo a Rio de Janeiro. Il gioco e la determinazione di Sarita sono le chiavi del successo di questa sul rosso: il topspin di dritto e le variazioni in slice rendono il gioco dell’azzurra difficile da leggere e quindi anche difficile da attaccare. Sarà importante che però la romagnola non si limiti a giocare in difesa, ma trovi lo spirito d’attacco che l’ha portata lontano nelle scorse edizioni. Come detto sono poche le specialiste della superficie ed essendo una delle poche deve far valere questa sua peculiarità. Flavia Pennetta invece è tutta un’altra giocatrice da quella che batteva Venus Williams nella quasi notte di Parigi nel 2008. In passato si è considerata ed è stata considerata una terraiola perché cresciuta sulla terra, perché abilissima in difesa e perché tanti titoli sono giunti sul rosso. Poi è arrivato l’incantesimo di New York, è arrivata la consapevolezza di poter essere aggressiva, di poter battere le migliori sul veloce. Ad oggi Flavia è una giocatrice che esprime il proprio meglio sul cemento e non c’è da sperare in miracoli sul rosso. Ma l’esperienza è dalla sua parte e seppure il servizio non può aiutarla come altrove, dovesse ricorrere a maggiori discese a rete e alla palla corta con più frequenza, con l’assenza di vere specialiste anche la brindisina potrebbe dire la sua.

Discorso simile per Karin Knapp, che sul rosso è di casa, ma il cui gioco potente si adatta forse meglio al veloce. L’altoatesina è comunque in grado di difendere bene e una superficie leggermente più lenta le consente di coprire meglio il campo. L’inizio d’anno difficile deve essere messo alle spalle e il cambio di superficie potrebbe aiutarla a farlo. Mentre per l’ultima componente del quartetto azzurro, Camila Giorgi, la terra è forse la superficie meno favorevole, anche se lei ha dichiarato di non avere alcuna preferenza e di trovare tutte le superfici uguali. Certo, sulla terra è costretta a giocare più palle e spesso questo si risolve in più errori. In un certo senso non ha nulla da perdere da questa due mesi, per cui non può che sorprendere in positivo.

Parlare di Francesca Schiavone è sempre difficile, sappiamo tutti qual è il potenziale della vincitrice dell’unico slam al singolare della storia del tennis azzurro al femminile. Ma i fasti del 2010 e del 2011 sono quasi un ricordo lontano, ma ciò non toglie che se ispirata e supportata da una buona condizione fisica la leonessa non possa tornare a ruggire, magari regalandosi e regalandoci qualche bella vittoria. Troppi invece gli interrogativi sullo stato di salute di Roberta Vinci per poter dare una previsione. Per la tarantina, un po’ come per la corregionale Pennetta, le condizioni più favorevoli sono più veloci, ma sulla terra la mano e l’esperienza contano tanto quanto i fondamentali di gioco.

Prima di chiudere il pezzo, uno sguardo va dato alle possibili outsider, quelle che potrebbero regalare sorprese o risultare eroine di giornata nei vari big match. La prima a venire in mente è Garbine Muguruza, che l’anno scorso aveva eliminato nientemeno che Serena Williams al Roland Garros. La spagnola ha un gioco da superfici rapide, ma conosce bene la terra e, quando limita gli errori, può fare male anche sul rosso. Sam Stosur e Svetlana Kuznetsova non stanno passando il miglior momento delle rispettive carriere, ma sono due che sanno il fatto loro sulla superficie e in passato hanno mostrato di poter vincere e molto, per cui c’è sempre da temere un ritorno di fiamma. Tra le giovani invece tutti si aspettano la conferma di Belinda Bencic, che però quest’anno sta facendo molta fatica, mentre Sloane Stephens ha mostrato di sapersi ben adattare alla terra europea e da questa potrebbe trovare un nuovo slancio, come suggerito nel profilo scritto da noi non molto tempo fa.

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