Teliana Pereira, dalla povertà al sogno Olimpico

Pereira1

di Michele Galoppini (@MikGaloppini)

English version

Guadagnarsi un posto nei tabelloni di Rio De Janeiro, durante questo anno olimpico, è un obiettivo importante e sentito per buona parte dei tennisti. Rappresentare e portare in alto la propria nazione, giocare per il proprio pubblico, sotto i colori della propria bandiera, portano quella motivazione in più, che ti trasforma come persona e come tennista.  E per un popolo come quello brasiliano, dove il patriottismo e l’orgoglio nazionale sono insiti nel DNA, l’Olimpiade in casa è occasione irripetibile per spronare i propri portacolori.

Pereira Madre Florianopolis

Tra questi, orgogliosa rappresentante Verdeoro del tennis sarà Teliana Pereira, 27enne numero 1 del proprio paese, nata ad Aguas Belas, nell’entroterra arido dello stato del Pernambuco. Attualmente numero 46 del mondo, la Pereira ha interrotto nel 2015 un digiuno per il Brasile durato proprio 27 anni: era infatti dall’Open di Barcellona 1988 che una brasiliana non vinceva un titolo WTA, quando Neige Dias ripetè l’impresa di un anno prima, in cui in una storica finale tutta brasiliana battè Patricia Medrado per conquistare il WTA di Guaruja, in terra natia.

Il primo torneo della carriera della Pereira è arrivato a Bogotà, sulla amata terra rossa. “Un sogno che è diventato realtà, per me e per la mia famiglia. Qualcosa che è difficile da spiegare e che ancora non ho realizzato,” dirà lei. Entrata in tabellone da numero 147 del ranking, come ultima ammessa, battè, tra le altre, Schiavone, Svitolina e Shvedova e alzò le braccia al cielo una prima volta, ripetendo poi l’impresa in casa sua, a Florianopolis nella settimana del suo compleanno (in foto con la madre durante la premiazione del torneo). Le due imprese ed altri ottimi risultati in tornei minori le hanno permesso di entrare nella top50 del ranking, portandosi al terzo  posto nella storia brasiliana, dietro a Neige Dias appunto (numero 31) ed all’inarrivabile Maria Esther Bueno, numero 1 del mondo per anni, vincitrice di 19 Slam e di un Calendar Grand Slam in doppio nel 1960.

Una carriera già di per sé brillante diventa stellare se si considera la storia di Teliana, bambina brasiliana, nata nelle difficoltà e nel disagio di una terra che davvero poco ha gratuitamente dato al suo popolo. Una storia dove il vero successo non è stato un titolo WTA, ma la semplice sopravvivenza alla povertà ed alla natura ostica. La sua storia la raccontiamo con parti di una recente intervista che la Pereira ha tenuto con Marie-Claire, nella sua versione brasiliana.

“Vivevamo a Barra da Tapera, vicino alla città di Aguas Belas,” esordisce nel suo racconto. “La nostra casa era piccola e bianca, in una strada sterrata. Io ed i miei sette fratelli stavamo tutti assieme nella stessa stanza. Non avevamo nemmeno il bagno, che era in cortile. Ero terrorizzata ad andarci la sera.”

Pereira Madre NonnaPereira Famiglia

Le condizioni di vita sono sempre state molto dure, si viveva di agricoltura da dove lei proviene, e la siccità era una costante minaccia. Non abbiamo mai davvero sofferto la fame solo perché tutti a casa lavoravamo, non avevamo scelta dopotutto. Purtroppo ho comunque perso la mia sorellina Valdeni quando aveva solo sette mesi, per disidratazione. Mia madre ci soffrì davvero molto, ma è una vera guerriera e l’ha superata. Da piccoli avevamo tantissime responsabilità, non siamo mai andati a fare shopping o al cinema, ma ci divertivamo a modo nostro. I miei genitori ed i miei fratelli maggiori lavoravano nei campi. Io ero piccola e restavo a casa a prendermi cura della mia sorellina, sei anni più piccola di me. Ricordo che a volte scappavamo a casa dei miei cugini e ci divertivamo a fare il caramello con dello zucchero in un cucchiaio. Ricordo anche che a volte il sabato era un giorno davvero speciale, perché c’era una donna che passava in bicicletta e vendeva chinequinho, un panino dolce, e per noi era come una festa, perché potevamo mangiare sempre e solo riso e fagioli.”

Pereira Curitiba

La situazione, per fortuna di Teliana e della famiglia (nelle due foto sopra, con l’intera famiglia e con sua madre e sua nonna), cominciò a migliorare quando arrivò l’occasione di spostarsi in città. “Grazie al fatto che mio padre era anche muratore ed aveva lavorato a Curitiba, quando ero piccola ci siamo trasferiti là nella casa che nostro padre aveva costruito per noi. Tre giorni di viaggio. E tutto là era diverso. Io anche e finalmente cominciai ad andare a scuola quando avevo 8 anni. Adoravo la matematica, ero tranquilla, una brava studentessa.

Ed il destino avvicinò i genitori al tennis, e di riflesso Teliana ne venne conquistata. “I miei lavoravano in una scuola di tennis, manutenzione e pulizia. Io invece ci lavoravo come raccattapalle ogni tanto, ci ho guadagnato qualche soldo. Avevo 8 anni e non sapevo nulla di questo sport.”  Tra un turno e l’altro, la piccola si divertita a tirare qualche pallina con le racchette prese in prestito e quei pochi colpi ignari conquistarono il proprietario della scuola:Didier Rayon mi chiese se volevo allenarmi anche io, ed ora eccomi qua, quando allora pensavo sarei diventata un’insegnante di matematica. Didier è stato come un secondo padre: ha accolto la nostra famiglia, sapeva delle nostre difficoltà, andava al supermercato per noi. Mi ha permesso di viaggiare, mi ha insegnato inglese, francese e spagnolo. Se sono quello che sono oggi è anche grazie a lui.”

Pereira Giovane 2“Non avevo nemmeno i soldi per partecipare ai tornei,” prosegue nel racconto, cominciando a parlare delle prime esperienze sul campo internazionale, “ma Didier fortunatamente mi aiutava.” Quello fu l’inizio di una serie lunghissima di successi, soprattutto a livello nazionale dove dominava nelle categorie di età superiori alla sua:A 12 anni giocavo nella categoria under 18; immaginate questa ragazzina magra con gambe sottili contro ragazze o donne forti. Eppure vincevo tantissimi match.Se a livello nazionale dominava, le vittoria cominciarono ad arrivare anche a livello internazionale: “Il primo torneo vinto fu a Cali, in Colombia, e ricordo una vittoria in Argentina dove mi premiò Gabriela Sabatini, con $1.500. A 15 anni sono andata al Roland Garros e non avevo nemmeno idea di quanto fosse importante. Ho poi capito di lì a poco che il tennis sarebbe diventato la mia vita. Non mi credo certo una giocatrice supertalentuosa e che fa tutto perfettamente, ma sono una che ci mette estrema dedizione e l’anima in campo.”

Pereira Giovane 1La campionessa argentina degli anni novanta non fu l’unica grande personalità del tennis ad essere incrociata dal cammino della Pereira, che ricorda con il sorriso (e voglia di ‘rivincita’) l’incontro con Venus Williams: “A Nizza era la prima volta che vidi la neve, e nell’hotel dove alloggiavamo c’era Venus. Chiesi l’autografo ma me lo negò. Ero sconvolta. Ora ci scherzo su, un giorno quando la affronterò sul campo le dirò che io ero quella bambina a cui non fece l’autografo. Non costa nulla firmare un foglietto di carta.” Traspare lo spirito da guerriera, probabilmente ereditato dalla madre ed imparato dalle mille difficoltà sempre affrontate; eppure, citando nuovamente la madre, la 27enne ricorda la sua fortuna nonostante tutto. “Mia mamma dice sempre che sono fortunata, che se fossi restata nel Pernambuco avrei ora cinque figli attaccati alla sottana, un marito di cui prendermi cura e non avrei certo conosciuto il mondo.”

Le difficoltà di una vita di privazioni si rinnovarono in nuove difficoltà della vita da tennista. In rampa di lancio ed in repentina scalata del ranking, tra la fine del 2008 e l’inizio del 2009 arrivò un bruttissimo infortunio al ginocchio. “Ero vicina alle prime 200 al mondo, quando durante un torneo negli Stati Uniti, nel tentativo di recuperare un palla lontana sentii un fortissimo dolore al ginocchio. Continuai a giocare, non diedi ascolto al fisioterapista, avevo il menisco rotto. E così, dovetti tornare in Brasile addirittura in sedia a rotelle.” Teliana perse il ranking, la fiducia in se stessa, tanti soldi, dovendo ripartire completamente da zero. “Per me fu una tragedia, il momento peggiore della mia vita da tennista. Persi le sponsorizzazioni, un sacco di soldi che mi servivano, per me e per la mia famiglia, e ne ho spesi tanti per medici e trattamenti. Necessitai anche di un’operazione chirurgica, ma poi tornai a giocare troppo presto, ebbi una ricaduta e dovetti farmi operare ancora una volta. Non avevo nemmeno i soldi per farlo, alloggiavo in una topaia, non potevo camminare. Un disastro.

Un nuovo incontro fu decisivo per la vita e la carriera della Pereira. “Caddi in depressione, piangevo sempre. Però, incontrai il mio fidanzato, Alexander Zornig, che mi aiutò, mi spinse a fare tutte le dovute terapie. Tornai in forma ma senza soldi. Misi in vendita tutti i miei trofei, organizzammo una  lotteria, misi in vendita le racchette. La famiglia del mio compagno poi mi aiutò e tornai in campo.” Ed un’altra persona importante nella sua vita da tennista è il fratello Renato, tuttora suo coach e costante presenza in campo. Economicamente ora la situazione è certamente migliore: “Tutti i soldi che ho guadagnato sono stato sempre investito per partecipare ai tornei e per aiutare la mia famiglia,” tranne in un piccolo caso, in cui un’eccezione meritata è stata fatta; “dopo che ho vinto il WTA di Bogotà, mi sono concessa un eccesso: ho ingaggiato una steak-house e ho fatto un grande festa a casa di Alexander, dopotutto me lo ero meritato!

Tutto ciò che Teliana ha passato nella sua vita può giustificare in parte o quantomeno spiegare buona parte delle esternazioni colorite che la brasiliana mostra in campo, in situazioni complicate o per intimorire con la racchetta tra i denti l’avversaria dall’altra parte della rete. Come quando, in un momento di rabbia per un match quasi perso nell’ITF a Cagnes-sur-Mer lo scorso anno, la Pereira finì per essere squalificata per una racchetta che volò tra il pubblico. “Feci un movimento brusco e la racchetta scivolò di mano e colpì uno spettatore nel pubblico. Non era mia intenzione e di solito non faccio nulla di simile. La regola però è chiara: se la racchetta colpisce qualcuno, il giocatore viene squalificato. Fu un incidente, ma la squalifica fu giusta.

Pereira Kuerten

Allo stesso modo, come per il mezzo scherzo relativo a Venus Williams, non è una ragazza che le manda a dire e che con le sue colleghe non ha un necessariamente buon rapporto. Quasi a riprendere il recente discorso della Muguruza, dice: “Preferisco seguire il tennis maschile e farmi ispirare da loro, come dai miei idoli Gustavo Kuerten (nella foto accanto), Rafael Nadal e Roger Federer. Le donne sono bipolari, un giorno ti danno il cinque e sono amiche, ma in quello successivo si è in gara e si entra in campo per far bene, giocare bene, vincere e diventare una star. Il tennis è uno sport che rende egoisti e solitari, fortuna che comunque ho una grande famiglia vicina.

Anche il tennis di Teliana è costantemente migliorato negli anni. La sua principale caratteristica è l’estrema elasticità tattica, abbinata all’ecletticità del suo tennis. È difficile farsi un’idea chiara della Pereira, che da un match all’altro cambia repentinamente stile. È in grado di giocare da assoluta difensivista, per trasformarsi in giocatrice in costante spinta ed all’attacco, così come è normale vederla come tipica baseliner un giorno e giocatrice da numerose discese a rete il giorno dopo. I cambi di tattica sono giustificati dalla suddetta ecletticità tecnica: la brasiliana sa fare un po’ tutto senza eccellere in nessun comparto (combattività esclusa).

L’off-season è stata molto buona, probabilmente la migliore che abbia mai fatto,” ha dichiarato qualche giorno fa ad un giornale brasiliano locale. “Mi sono allenata molto su campi veloci, dove ho più carenze,” e dove i Giochi Olimpici verran giocati, su cemento seppur lento, “per apportare qualche modifica decisiva al mio gioco. Gli allenamenti sono andati benissimo e fisicamente sto alla grande. Ho cominciato con tornei difficili per me, ma resto concentrata sui miei obiettivi: l’Olimpiade e la top30.”

I punti da difendere sono davvero pochi da qui ad aprile, e la salita nel ranking è certamente possibile. “Non devo sprecare troppo tempo a pensare alla classifica però. Quando ci si pensa troppo il gioco non funziona. Si può usare come motivazione, ma esagerare non porta a nulla di buono. Preferisco pensare a cosa devo fare sul campo ed a giocare il mio miglior tennis. I risultati ne saranno conseguenza.

E proprio rispetto ai Giochi di Rio, in casa, le speranze sono anche di medaglia. In singolare è davvero quasi impossibile, ma in doppio, preferibilmente misto, la competizione è aperta. “Ho giocato i Giochi Pan-Americani a Rio, nel 2007, ed è stato fantastico. Ho avuto un assaggio di quello che sarà quest’estate, è stato emozionante. Il sogno di una medaglia è dolcissimo. Soprattutto mi piacerebbe giocare il doppio misto. Ci sono Marcelo Melo ed André Sá, che sono partner di lusso!

Boa Sorte Teliana, che la fortuna prima o poi possa pagare il suo debito.

Leggi anche:

    None Found