Lorenzo Sonego: “Il match point contro Haase una gioia incredibile”

Attualmente numero 173 delle classifiche mondiali, Lorenzo Sonego è stato uno dei protagonisti indiscussi dell’Italtennis agli ultimi Australian Open: classe ’95, nativo di Torino, il tennista piemontese è uno dei sette giocatori azzurri ad avere avuto accesso al main draw del primo Slam della stagione; l’unico, inoltre, insieme a Fabio Fognini e Andreas Seppi, ad aver vinto il match d’esordio. Alla sua prima partecipazione in un Major, partito dalle qualificazioni, ha avuto la meglio in ordine su Thiago Monteiro, Mohamed Safwat e Bernard Tomic; poi, prima di arrendersi in tre set al più quotato francese Richard Gasquet, ha sorpreso al primo round l’olandese Robin Haase, siglando la vittoria finora più importante della sua giovane carriera. Gli ingredienti ci sono tutti: quello di Melbourne, per il ventiduenne torinese, non può che essere il primo di tanti traguardi, ma allo stesso tempo, indubbiamente, un grande trampolino di lancio.

Lorenzo, sono passate due settimane, hai già giocato a Sofia, ma chiedertelo è inevitabile: cosa si prova a prendere parte per la prima volta ad un torneo dello Slam, superare i tre turni di qualificazione e aggiudicarsi contro i favori del pronostico anche il match di primo turno?
“Sono andato lì per fare semplicemente esperienza, senza aspettarmi risultati particolari. Ovviamente vedere come si comportano i grandi di questo sport mi ha fatto crescere, sono professionali e davvero umili. Era già difficile il primo turno di qualificazione, ogni partita è stata un’impresa vera e propria. Ho giocato senza pressione e ho sempre pensato a divertirmi esprimendo il mio miglior tennis: chiudere quel match point contro Haase è stata una vera e propria liberazione, una gioia incredibile”.

Voglio porre a te la stessa domanda che ho posto a Salvatore Caruso qualche giorno fa: cosa passa per la testa di un giocatore nelle ore che precedono incontri di questa portata? Meglio ancora: quando ci si avvia verso il campo, quali sono i pensieri in quegli istanti?
“Io l’unica cosa a cui penso è caricarmi, pensare di dare tutto e uscire dal campo senza rimpianti. Mi propongo sempre di giocare al massimo delle mie possibilità, senza pensare di giocare bene o male, o al risultato”.

Prima di parlare dei match di main draw, vorrei sottolineare la grande prova contro Bernard Tomic nel terzo round di qualificazione. Oltre all’indiscutibile talento dell’avversario, per ben tre volte lui ha raggiunto gli ottavi a Melbourne, è il suo Slam e aveva il pubblico dalla sua parte: in che momento hai pensato di poterlo battere e su quali aspetti hai insistito per concretizzare il tuo piano?
“Lui arrivava da una partita piuttosto dura (contro Tommy Paul ndr), giocata appena ventiquattro ore prima. Io sono entrato in campo convinto: come hai detto, Tomic è un giocatore talentuoso, ma spesso e volentieri ha dei passaggi a vuoto a livello mentale. Era importante prendere in mano il gioco e farlo muovere, servire bene variando tanto e concentrarmi soprattutto sul suo diritto, il suo colpo peggiore, se così si può dire!”

Nel tabellone principale, prima la vittoria contro Robin Haase, poi l’eliminazione patita da Richard Gasquet: cosa è funzionato con l’olandese e cosa, se così si può dire, non è invece andato contro il transalpino? Hai qualche rammarico?
“Contro Haase sono entrato in campo tranquillo, sono diventato subito padrone del gioco comandando quasi sempre lo scambio: il diritto quel giorno ha funzionato a meraviglia e sembrava che la palla non volesse mai uscire. Poi sono stato bravo a rimanere in partita dopo quei cinque match point consecutivi sprecati nel tie-break del terzo set, che psicologicamente avrebbero potuto affossarmi. Con Gasquet ero un po’ affaticato, sia per via della temperatura (quel giorno c’erano ben quaranta gradi!), sia perché ero reduce da match molto duri sul piano mentale e fisico. Lui è stato perfetto, in pratica zero regali: cercavo quindi di abbreviare lo scambio ma quasi sempre senza fortuna. Qualche rammarico? Ero dispiaciuto più che altro per le persone che mi hanno seguito e che mi avevano sostenuto per tutti gli Australian Open”.

Aneddoti simpatici sulla tua esperienza a Melbourne?
“Mi hanno detto che negli spogliatoi c’era Nadal che vedeva la mia partita con Haase e si stupiva di come stessi giocando nel quarto set dopo aver perso in quel modo il terzo parziale. Ho saputo inoltre cheFederer ha addirittura esultato dopo la mia vittoriasuTomic: niente male!”

Il risultato raggiunto in Australia ha cambiato la tua programmazione in vista dei prossimi mesi? Quali saranno le tue prossime tappe?
“Sì, la classifica raggiunta mi permetterà di essere sempre in tabellone nei vari tornei Challenger e, cosa importante per un ulteriore salto di qualità, potrò giocare le qualificazioni di qualche torneo ATP. Giocherò sicuramente Bergamo e a marzo volerò in Cina per diversi appuntamenti Challenger”.

Ho avuto modo di vederti all’opera per la prima volta al Challenger di Ortisei nel 2015, giocavi contro lo statunitense RajeevRam. Sono passati più di due anni da quella partita al cardiopalma, eri 426 del mondo e poco più che ventenne, ma di te si diceva già un gran bene: quali erano le tue sensazioni all’epoca e cosa pensavi del tuo futuro?
“Forse è stata proprio quella la partita che mi ha fatto iniziare a credere di poter diventare qualcuno! Diciamo che non pensavo di fare questi grandi passi, fortunatamente però il lavoro mi ha ripagato e sono riuscito a migliorare”.

Proprio Ortisei potrebbe rappresentare il termometro dei tuoi progressi: ottavi nel 2015, semifinale nel 2016, vittoria del torneo lo scorso ottobre. Ti abbiamo seguito settimana dopo settimana e i progressi sono stati costanti: su quali aspetti hai lavorato maggiormente nella tua crescita?
“Dal punto di vista tecnico, ho lavorato tantissimo sul mio servizio, cambiandolo anche varie volte, e finalmente credo di aver trovato la quadra giusta. Sono soddisfatto anche della risposta, che è migliorata sensibilmente, e con il rovescio sto cercando di fare molto più gioco rispetto a prima”.

Naturalmente gli Australian Open rappresentano finora l’apice della tua giovane carriera e, come noi tutti ci auguriamo, un punto di partenza per traguardi sempre più alti: a parte Melbourne, qual è stato il momento più emozionante nel circuito? Al contrario, quello più brutto?
“I momenti più belli li ho vissuti senza dubbio a Roma, agli Internazionali BNL d’Italia: nonostante le sconfitte, come quelle arrivate dopo lotte serratissime contro Sousa o Almagro, sono sempre uscito dal campo con il sorriso, l’atmosfera che si respira al Foro è speciale. Il più brutto quando a Mestre mi sono infortunato al polso e sono stato costretto a stare lontano dai campi per due mesi e mezzo”.

Ad agosto, circa cinque mesi fa, eri fuori dalla top-400, con questo splendido inizio di stagione sei stabilmente tra i primi 200: quali sono le speranze, in termini di classifica, per questo 2018?
“L’obiettivo di quest’anno è quello di riuscire a chiudere intorno alla centesima posizione: oltre alla classifica, però, la cosa più importante è quella di fare tantissime esperienze in giro per il mondo e confrontarmi con gente di alto livello”.

Qual è la tua superficie preferita? Se dovessi dirmi i nomi dei tuoi tre tornei preferiti, quali menzioneresti?
“Mi trovo a mio agio sia sulla terra che sul veloce, dove sono arrivati i risultati migliori anche perché grazie al servizio riesco ad essere più efficace. I miei tre tornei preferiti sono Ortisei, Roma e Melbourne, d’altronde quelli in cui ho provato le emozioni più forti”.

Tennisticamente parlando, qual è il tuo sogno?
“Il mio sogno è quello di entrare nei primi cinquanta giocatori del mondo, di conseguenza giocare un giorno in tabellone a Wimbledon”.

Grazie mille Lorenzo, in bocca al lupo per le prossime avventure!
“Crepi il lupo, grazie a te!”

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