Se avete letto il mio ultimo articolo sull’argomento, avrete capito quanto mi stia a cuore il problema delle partite truccate nel tennis. Innanzitutto, è un problema che danneggia tutto il sistema, dai giocatori ai tornei, alle agenzie di scommesse fino alla stragrande maggioranza degli scommettitori (ovvero quelli ignari della “truffa” in atto). Il mio amico Ian Dorward, profondo conoscitore dell’argomento, ha lanciato nei giorni scorsi un sondaggio che vi invito a riempire (in forma anonima, prenderà due minuti del vostro tempo) che aiuterà capire la percezione generale di questo problema.
A mio avviso, uno dei grandi assenti in questa lotta contro le scommesse truccate è stato il giornalismo. E’ fin troppo banale capire come una testata giornalistica non possa per motivi legali lanciare accuse prive di prove schiaccianti, ma troppo spesso negli ultimi mesi è calato il silenzio su match “altamente” sospetti su cui si poteva e si doveva scrivere di più, esattamente come ha fatto Spazio Tennis in occasione della finale del doppio del Challenger Izmir.
Quando ho letto che Marca aveva pubblicato un’inchiesta sul mondo delle scommesse truccate nei tornei ITF, mi sono felicemente meravigliato che un’importante testata giornalistica avesse preso a cuore l’argomento. La delusione è apparsa quasi subito leggendo le prime righe, in quanto si cita un fatto relativo ad una tifoso che dagli spalti avrebbe gridato ad una giocatrice in campo “Ti do 5000 euro se ti fai brekkare”. Il fatto è assolutamente inverosimile, innanzitutto perché le offerte ai giocatori si fanno o di persona lontano da occhi indiscreti o attraverso mezzi informatici criptati: un urlo dagli spalti (così come un semplice SMS) sono nel 2015 strumenti assai improbabili. Last but not least, un’offerta di 5000 euro per un break a livello ITF è assolutamente fuori mercato, visto che per un “accordo” del genere le cifre sono 10 volte inferiori.
L’incredibile scoop che Marca pensa di fare è quello relativo al cosiddetto ritardo dei livescore: secondo l’articolo, dalla conclusione del punto al cambiamento del punteggio sul livescore del boomakers passerebbero dai 20 ai 30 secondi, quindi i cosiddetti ”courtsider” avrebbero un vantaggio molto importante. Tralasciando il fatto che non sia possibile scommettere sul punto successivo (se si sta giocando il punto 2 di un game, si può scommettere sul punto 4 e così via), avere 20-30 secondi di vantaggio sarebbe comunque molto importante per uno scommettitore; però si tratta di una constatazione alquanto discutibile: sono stato sugli spalti di tornei di tennis a tutti i livelli, dagli Slam alle qualificazioni degli ITF e il ritardo non supera quasi mai i 2-3 secondi (i bookmaker sono collegati direttamente al giudice di sedia tramite sistemi forniti da società tipo Enetpulse) e, considerato che per le scommesse live i bookmaker una volta piazzata la scommessa attendono circa 5 secondi prima di accettarla, è ben difficile avere vantaggi per gli scommettitori a bordo campo. D’altronde se fosse così facile fare soldi, ai tornei ITF sarebbero presenti centinaia di scommettitori ogni giorno mentre spesso almeno nei primi turni le uniche persone sugli spalti sono i coach o i parenti dei giocatori.
Il fatto che non si citi nessun nome di giocatore o di allenatore nell’articolo fa assomigliare questa storia a quella del tifoso di Federer svegliatosi dal coma, partita da un racconto orale con nomi di fantasia e finita su i siti web di mezzo mondo senza che la veridicità fosse minimamente appurata (e con ogni probabilità si tratta di un falso).
Spendo due parole a proposito del “courtsiding” (molto spesso associato erroneamente al concetto di “fixing”). Ancora si continua a citare sul web l’esempio di Daniel Thomas Dobson, arrestato nel 2014 agli Australian Open. Nessuno si è premurato di scrivere come sia finita l’intera vicenda ovvero che i magistrati hanno fatto cadere ogni accusa nei suoi confronti perché non stava violando nessuna legge dello stato di Victoria.
Chi vi scrive non pensa che il fenomeno delle scommesse truccate sia minoritario o non urgente, ma il “polverone” va alzato nel modo giusto e non con inchieste giornalistiche fuorvianti.
La domanda importante rimane questa: come si combatte il fenomeno dei match truccati? La risposta che in molti danno è che a livello ITF la situazione sia così disastrosa perché i montepremi sono bassi e, truccando un match, un giocatore riesce quantomeno a pagarsi i costi di trasferta. I giocatori ITF sono senza dubbio penalizzati dal punto di vista economico, ma gli esempi più eclatanti di match sospetti di quest’anno sono venuti dal mondo Challenger, e quindi la tentazione c’è ovunque anche quando la situazione economica dei giocatori migliora.
Alcuni vorrebbero abolire tout-court le scommesse sul tennis o quantomeno quelle sul tennis “minore”: a mio avviso il proibizionismo è una falsa soluzione, non è chiudendo le gioiellerie che i ladri spariscono dalla faccia della terra.
Altri vorrebbero una maggiore collaborazione tra bookmakers e la Tennis Integrity Unit, ma i bookmakers non hanno molto interesse a gettare luce su un mercato che comunque consente loro enormi guadagni anche al costo di qualche perdita quando subiscono incontri truccati: hanno comunque un modo di difendersi piuttosto energico, in quanto, quando il trader che gestisce il match si accorge di un afflusso anomalo di puntate su un esito, il match viene sospeso per qualche secondo e poi viene riaperto con limiti di puntata molti bassi e che quindi non consentono più guadagni importanti a chi ha comprato il match. Oltretutto, una volta capito chi sia il giocatore che ha venduto il match, questo non viene quasi mai offerto nei tornei successivi, in special modo nei primi turni (è più difficile che un giocatore si venda una semifinale o una finale).
La vera domanda che dovremmo farci è questa: per squalificare un giocatore, la TIU dovrebbe avere in mano prove che lo ritenga colpevole aldilà di ogni ragionevole dubbio o sulla base di una ragionevole probabilità che il match fosse truccato? Secondo me, nel 2015, è impossibile per un giocatore essere così stupido da vendersi tramite sistemi informatici (e pagamenti) facilmente rintracciabili, per cui a volte l’andamento delle quote (come accaduto in alcuni dei match challenger citati nello scorso articolo) o l’atteggiamento inspiegabile dei giocatori (come il ritiro di Jaziri la scorsa settimana) potrebbe essere sufficiente per un primo ban.
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