“Ho appreso con grande sgomento la decisione del Tribunale Federale della FIT, che reputo assolutamente ingiusta ed ingiustificabile nei confronti miei e di Potito Starace”. Questo il commento di Daniele Bracciali dopo la sentenza di radiazione in primo grado. “Sia io che Potito non abbiamo commesso alcun illecito sportivo e men che meno reati penali, per cui confido che alla fine la nostra innocenza verrà affermata. Ovviamente ho già incaricato i miei legali, Avv. Alberto Amadio e Avv. Filippo Cocco di Rimini di procedere quanto prima alla presentazione dell’appello che spero venga fissato rapidamente e celebrato pubblicamente perché non ho nulla da nascondere, del resto ho sempre chiesto anche in primo grado che la stampa fosse ammessa alle udienze, proprio perché gli effetti mediatici di questo processo hanno procurato e continuano a procurare danni che poi nessuna assoluzione potrà mai riparare.”
“Sono dispiaciuto per i tennisti che davvero non meritavano tale sentenza” ha aggiunto l’avvocato Alberto Amadio. “Ritengo però che in appello essa dovrà necessariamente essere annullata, fondandosi su elementi solo presuntivi assolutamente non condivisibili, che se anche considerabili in fase di indagine non possono in alcun modo trovare spazio in una sentenza di condanna senza il benché minimo riscontro ed a fronte di un quadro probatorio a favore degli indagati di ampia portata. Inoltre, tutta la procedura si è caratterizzata da una serie di violazioni processuali che non potranno certo sfuggire ad un più attento esame da parte della Corte d’Appello Federale. Lunedì verrà da noi depositato l’appello con richiesta di immediata sospensione del provvedimento di primo grado.”
“E’ un giorno triste per il tennis italiano” conclude l’avvocato Filippo Cocco, “non per le presunte responsabilità dei tennisti, ma per la qualità dell’amministrazione della giustizia sportiva che esce con questa sentenza perdente specialmente a fronte del richiamo che il nuovo codice indirizza all’art.111 della Costituzione, ovvero al giusto processo. Non si possono condannare atleti che hanno vestito la maglia della nazionale sulla base di presunzioni, tutte superate da prove contrarie che neppure vengono prese in considerazione nella sentenza. A titolo esemplificativo cito il ns. consulente di parte il Generale Umberto Rapetto, che non è stato neppure ammesso a testimoniare, ed in sentenza la sua consulenza neppure menzionata, come non vengono neppure considerate le testimonianze di tutti i tennisti ascoltati in indagine dalla Procura che hanno escluso categoricamente di essere stati mai avvicinati da Bracciali. Meglio credere a Bruni che a tutti i tennisti della Federazione.”