da Roma, Alessandro Mastroluca
Alla sua età, papà era già diventato “Gattone”, secondo la felice definizione di Vittorio Selmi, tour manager dell’ATP. Con il padre, Miroslav Mecir condivide nome e stile di gioco. Ma a parte la notevole somiglianza fisica, il paragone non regge. Perché il talento non si trasmette per discendenza diretta. E Mecir jr, numero 303 del mondo con un best ranking di 169, a lungo ha fatto il tennista “per hobby”.
E’ il tuo secondo anno a Roma, al Garden, dopo i quarti dell’anno scorso. Hai avuto modo di visitare la città?
In realtà no, né l’anno scorso, né quest’anno ancora.
Dove e quando hai cominciato a giocare?
Ho iniziato a giocare nella mia città, a Praga. Quando ero piccolo mio padre stava allenando Karol Kucera, per cui sono andato con lui in qualche torneo ATP. Si può dire che il tennis faccia parte della mia vita da sempre.
E’ stato duro iniziare una carriera da tennista sapendo che ci sarebbero state su di te più attenzioni, più aspettative, per via di tuo padre?
Non lo so, forse, in realtà non ci ho mai pensato. Papà comunque mi ha molto aiutato, mi ha anche allenato per un po’ nei primi anni e ancora adesso ogni tanto mi segue nei tornei. Ho infatti deciso di provare di nuovo a giocare a tennis professionalmente, dopo averlo fatto un po’ per hobby per 4-5 anni
Qual è stato il miglior consiglio che tuo padre ti ha dato?
Di decidere da solo se volevo farlo o no, di seguire la mia strada.
Guardi molto tennis quando non giochi?
Non quando sono a casa, quando sono al torneo sì, cerco di vedere le partite dal vivo perché è diverso, puoi capire molte più cose. Poi quando sono nelle qualificazioni dei tornei ATP o degli Slam cerco di vedere anche gli allenamenti per vedere cosa posso apprendere dai loro metodi di lavoro.
Ne guardi molto anche in tv, quando non sei ai tornei?
Non ho televisione a casa. Mi piace la musica, ne ascolto molto, canto anche un po’, suono la chitarra e sto imparando il clarinetto.
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