di Sergio Pastena
Guardandola in punta di classifica, tra i tre tenori quello che aveva il tabellone più facile all’inizio era Rafael Nadal: esordiva col nostro Bolelli, entrato come alternate, mentre Federer e Djokovic avevano due ammessi di diritto. Inoltre, per i primi due del ranking, il miglior percorso teorico possibile dai sedicesimi in poi era il seguente: Florian Mayer (testa di serie numero 32), Dolgopolov (16), Tipsarevic (8), Murray (4). Beh, il maiorchino ne aveva beccati tre su quattro e agli ottavi il sorteggio gli propone una sfida non impossibile contro Monaco (o contro Raonic, ma sulla terra). Prima, però, dovrà battere Schwank che ha sorpreso Mayer.
Chiacchiere da bar, certo, che il tennis non si misura in base ai numeri ma a caratteristiche tecniche, stati di forma e giornate di vena. Il tabellone di Federer, però, pareva decisamente più scocciante: non era tanto il possibile scontro con Roddick al terzo turno, quanto piuttosto Nalbandian al secondo. La Nalba è uno dei pochissimi eletti che, quando sono in buona, se la giocano anche con i “Top 3”, anche se in giornata storta può tranquillamente fare disastri. Magari ad Indian Wells ti mette in fila Cilic, Tipsarevic, Tsonga e fa soffrire come un dannato Nadal, poi dopo un mese è capace di perdere al primo turno con Ungur. Sì, perché quello ha fatto David, spalancando a King Roger un tabellone da Challenger.
Primo turno in scioltezza contro Kamke, secondo contro l’esordiente rumeno, al quale lo svizzero ha lasciato un set al tie-break senza però rischiare di farsi sfuggire il controllo della partita (non ha mai perso il servizio). E il terzo turno? Contro quel Mahut che in 12 anni di carriera, ricordiamolo, ha vinto 6 match Atp sulla terra e alla vigilia del torneo aveva un bilancio di 1-9 al Roland Garros. Il buon Nicholas non ha fatto niente di eccezionale, ha solo applicato alla perfezione il carpe diem latino: dopo aver battuto al primo turno l’ologramma di Roddick, al secondo ha trovato Klizan. Per inciso, lo slovacco sulla terra è una brutta bestia, ma la differenza di tecnica e di esperienza a favore di Mahut e il fattore campo lasciavano presagire un match equilibrato e in effetti è stato così: il francese ha vinto in quattro, ma facendo solo una decina di punti più dell’avversario. Quelli decisivi, però.
King Roger, in teoria, avrebbe quindi dovuto avere il primo test probante negli ottavi di finale contro uno tra Stepanek e Feliciano Lopez, ma anche lì la sorte gli è venuta in soccorso: il ceco si è inceppato contro il belga Goffin, Lopez si è ritirato dopo pochi games contro Serra, che a sua volta ha beccato un cappotto da Kubot. Sarà proprio il vincitore di Kubot-Goffin, quindi, a sfidare Federer negli ottavi, sempre che lo svizzero non perda da Mahut (ah ah ah, buona questa). Lukasz Kubot, altro personaggio amato dalle urne e dal fato: l’anno scorso fu bravissimo a superare l’esordio complicato contro Almagro, guadagnandosi un’autostrada con annesso terzo turno contro Falla e potenziale ottavo di finale contro Chela. Non la sfruttò, perdendo dal colombiano, mentre negli Australian Open del 2010 aveva battuto un altro colombiano, Giraldo, ricevendo poi in dono il forfait di Youzhny per degli insperati ottavi. Ora un altro tabellone da brivido: Karol Beck, Serra, Goffin, al punto che per indicare un sorteggio fortunato da ora in poi userò il termine “colpo di Kubot”. Peraltro la sorte, che spesso carica a coppe, ha ingolfato a pochi spot di distanza Del Potro, Cilic e Berdych, che con Anderson si giocheranno un posto nei quarti.
Non si può certo lamentare neanche Djokovic, che al posto di Hewitt e Melzer si è trovato davanti Kavcic e ora affronterà il francese che non ti aspetti, Devilder, in uno slam che ai Nicolas transalpini ha portato davvero bene. L’unico davvero sfigato è Murray, per il quale piove sul bagnato: dopo Ito è arrivato Nieminen, che lo ha portato al quarto, poi ci sarà un terzo turno accettabile contro Giraldo ma, subito dopo, arriveranno Gasquet e Ferrer, per motivi diversi due brutte bestie per Andy in questo momento nel quale non sembra essere al meglio. Non potrà trovare Isner, che ieri sera con Mathieu quasi dava vita al remake del match contro Mahut: sotto di un set, il francese ha rimontato, ha ceduto il quarto e infine l’ha spuntata per 18-16 al quinto, in una partita che non batte record di lunghezza ma sicuramente si colloca ai primi posti delle classifiche di durata con le sue 5 ore e 46 minuti.
Descritta un po’ la situazione, però, ora proviamo a rovesciare il discorso: i primi quattro, infatti, ai quarti di finale ci arrivano quasi sempre e raramente soffrono le pene dell’inferno, quindi salvo rare eccezioni l’importanza del tabellone va intesa in chiave prospettica. I tabelloni troppo facili rischiano di far patire al big di turno uno sbalzo improvviso, quello che rischia di avere Federer quando si imbatterà in Del Potro o Cilic dopo quattro turni giocati al piccolo trotto. I percorsi troppo duri, invece, rischiano di spompare l’atleta prima delle partite che contano. In questo senso, annoverando anche Djokovic tra quelli che hanno avuto un tabellone troppo facile, probabilmente quello che avrà la possibilità di adattarsi più gradualmente sarà Rafa Nadal, che dopo Bolelli e Istomin dovrebbe avere Schwank, Monaco/Raonic, Tipsarevic/Almagro, Murray/Ferrer e Djokovic/Federer in un crescendo abbastanza costante di difficoltà.
Sia chiaro che il miglior tabellone possibile, in realtà, sarebbe quello di Thomas Johansson agli Australian Open del 2002: neanche un Top Ten dall’inizio alla fine, vittoria Slam insperata. Ma son tabelloni non riservati ai comuni mortali, semplici colpi di Kubot…
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