Risaliva al primo turno dello US Open 2014, con una triste sconfitta per 6-1 6-3 contro Barbora Strycova, l’ultima apparizione su un campo da tennis per Ashleigh Barty in un torneo ufficiale. E nonostante avesse precedentemente passato tre turni di qualificazione, estromettendo l’eterna promessa mai mantenuta Melanie Oudin, la giovane australiana (che non ha ancora compiuto 20 anni) ha deciso in quel momento che la pressione era troppa e le avrebbe impedito di raggiungere la giusta serenità, necessaria per ambire a risultati di spicco.
Che fosse in un certo senso satura e logora lo si è capito quando, nella stessa edizione dell’Open degli Stati Uniti, la Barty e la sua storica compagna di doppio e connazionale Casey Dellacqua hanno ceduto sempre al primo turno, contro le non irresistibili Gabriela Dabrowski e Alicja Rosolska. Il quadro è perfettamente chiaro se paragoniamo questa prestazione a quelle della stagione precedente, nella quale Barty e Dellacqua avevano raggiunto tre finali Slam (Australian Open, Wimbledon, US Open) senza vincere il trofeo.
Ashleigh Barty si era presentata al grande tennis delle adulte con la sua presenza alla Hopman Cup del 2013. In un team “baby”, in coppia con Bernard Tomic, la giovane australiana aveva impressionato gli appassionati italiani in un match del round robin contro Francesca Schiavone, dominato. Un metro e 66 centimetri di altezza (e 16 anni di età) non le permettevano certo di essere esageratamente esplosiva ma la Barty, pur essendo un po’ lenta di gambe, aveva il baricentro sufficientemente basso per essere sempre raccolta e pronta sulla palla. Il risultato è stato sbalorditivo: 6-0 6-3 in un’esibizione dal perfetto mix di aggressività e precisione, perfettamente centrata (potete apprezzare gli highlights di quel match nel video qui sotto).
Ashleigh Barty non sembrava avere il profilo tipico della predestinata, non tanto a livello tecnico quanto soprattutto a livello fisico e purtroppo anche mentale, nonostante la precocità che l’ha portata al successo nel torneo juniores di Wimbledon del 2011 a soli 15 anni. Giudicando a posteriori la sua scelta di abbandono a fine 2014 è fin troppo facile intuire qualche fragilità nel suo carattere. Quella scioltezza evidenziata nel match di Hopman Cup contro la Schiavone (che, per l’appunto, è un torneo di esibizione) non si è invece ad esempio vista nella finale del doppio agli Australian Open del 2013 contro Errani e Vinci. Nonostante qualche abbozzo di sorriso, provocato più che altro dai tentativi di incitamento della più anziana amica e compagna Dellacqua, la Barty è scesa in campo estremamente tesa soprattutto nel primo set, dove ha mancato un numero eccessivo di risposte e dove la coppia australiana ha ceduto per 6-2 di fronte a una versione non perfetta delle “Cichis”.
Il best ranking ottenuto dalla Barty è quello di numero 129 nel settembre del 2013. Ad appena 17 anni e mezzo non dovrebbe di per sé rappresentare un problema: non se quella cifra rappresenta un punto di partenza anziché di arrivo. Il 2014 è invece la stagione della discesa: nonostante i molti turni di qualificazione superati, Ashleigh Barty si abbona alle sconfitte nei primi turni dei tabelloni principali e non solo contro avversarie del calibro di Serena Williams e Alizé Cornet (che al Roland Garros è una mina vagante anche per le primissime). Le eliminazioni alle qualificazioni nei tornei su erba (Birmingham e Wimbledon, rispettivamente contro Irina Falconi e Anett Kontaveit) e il successivo fallimentare US Open sembravano averne sancito la fine della brevissima carriera, a poco più di 19 anni di età.
La (parziale) fragilità mentale di Ashleigh Barty è perfettamente riassunta nelle sue dichiarazioni al momento di firmare per una squadra di cricket femminile australiana, le Brisbane Heat. La teenager non aveva nascosto i suoi problemi ad affrontare da sola i momenti difficili, sottolineando invece che nel cricket “quando hai un momento di difficoltà, non sei mai da sola nel campo. Ci sono 10 altre compagne che ti possono aiutare e farti uscire dalle situazioni più complicate”. Parole che hanno lasciato più che perplessi gli appassionati di tennis che non dimenticano quanto competitiva sia stata la Barty in doppio, con la concreta possibilità di aprire davanti a sé una produttiva carriera almeno in quella specialità. Dove, guarda caso, non si è soli in campo.
Ed è ritornata proprio lì, in doppio (dove ha lasciato i suoi migliori ricordi) all’ITF di Perth, grazie ad una wild card e in coppia con la connazionale Jessica Moore, numero 314 WTA in singolo e 134 in doppio. Con il rischio di bruciarsi (“era successo tutto davvero in fretta“) che sembra fortunatamente scongiurato e con una maggiore consapevolezza di se stessa. Nella speranza che non sia caduta (e che non cada mai) nella stessa trappola mentale che ha imprigionato Mardy Fish.