di David Di Segni
Che bella giornata, oggi vado al circolo e una bella partita a tennis ci sta tutta. Arrivi, ti cambi, e inizia la partita. Già dopo pochi scambi, ti rendi conto che qualcosa non va. La racchetta risponde in maniera strana e avverti un fastidio al gomito… Te ne freghi, passerà. Il giorno dopo succede la stessa cosa, e continui a giocare e a sentire quel fastidio sordo al gomito mentre stringi il manico della racchetta. Proprio questo atteggiamento è quello responsabile della comparsa di una patologia che colpisce sopratutto chi gioca a tennis: l’epicondilite laterale.
Per spiegare bene di cosa si tratta, va fatto un cenno anatomico dell’area. I muscoli della mano sono molti e, data la vastità dei movimenti che una mano può fare, l’attivazione di essi in sincrono o in parte è molto importante. Quasi tutti hanno una origine lontana dalla mano ed in particolare originano in un area anatomica del gomito chiamata epicondilo, o da un’altra area opposta chiamata epitroclea. In realtà, la conformazione anatomica determina una suscettibiltà elevata, in quanto inserendosi su di un solo punto, determinano un area di molto stress. Se riflettiamo poi che la presa è spesso ben salda, per oltre un’ora, capiamo benissimo che nel tennis questa patologia è molto frequente.
Ad accentuare il problema concorre sicuramente il fattore individuale di pressappochismo che colpisce la maggior parte degli sportivi, che non “rispettano” minimamente i segnali che il proprio corpo invia, fregandosene e continuando a giocarci sopra, aumentando il rischio di una cronicizzazione del problema, con conseguente aumento a dismisura dei tempi di recupero da questo infortunio.
Tutti i maggiori esperti del settore riabilitativo concordano inoltre che uno tra i fattori di rischio alla comparsa di una epicondilite è la presenza di disturbi cervicali, che spesso necessitano a loro volta di essere trattati, pena un ritardo nella risposta di guarigione.
Se sono affetto da questo dolore, che cosa devo fare? Per prima cosa, riponi la racchetta nel fodero per alcuni giorni e nascondila alla tua vista (così eviti di farti prendere da “strane voglie” di fare due scambi con il tuo amico). Il riposo è certamente uno tra i primi rimedi da prendere. Applica del ghiaccio, 3 volte al giorno per circa 10 minuti (non esagerare, altrimenti rischi un ustione da freddo). Puoi provare ad applicare una crema antinfiammatoria 2 volte al giorno massaggiando bene la zona, fino al completo assorbimento.
Se questi rimedi non bastano, ed è passata più di una settimana, probabilmente hai bisogno di un intervento più incisivo, e necessiti di una visita da un fisioterapista. Di solito, la diagnosi è abbastanza facile, ma ricordo sempre che spetta al medico, meglio se è specialista in ortopedia.
Il fisioterapista, interviene con varie tecniche:
– la Laserterapia (ad alta potenza, meglio se a sorgente de ndYag, o a bassa potenza);
– la Tecarterapia: molto importante per risolvere il problema infiammatorio;
– Onde d’urto: terapia un po’ dolorosa, ma davvero molto efficace nelle tendiniti;
– Terapia manuale, stretching, massaggio: sono alcune delle tecniche che spettano al fisioterapista, che in base al proprio bagaglio culturale sceglierà per aiutarti a risolvere il tuo problema;
– Utilizzo di un tutore per “scaricare” la tensione dall’inserzione sull’epicondilo e permettere all’area di rigenerarsi e far scomparire l’infiammazione.
Quando esporrai il tuo problema, non scordare di parlare degli eventuali problemi cervicali, che spesso sono il motivo per cui l’epicondilite non passa. Generalmente una o più vertebre sono in disfunzione e delle manovre chiropratiche o osteopatiche ne possono riallineare la colonna e dare sollievo.
Ultimo aspetto, da non sottovalutare, è certamente valutare se si è cambiato da poco la racchetta, oppure se le corde sono accordate in maniera diversa o hanno perso tensione. Ultimamente sul mercato hanno fatto la loro comparsa alcune racchette specifiche per persone con epicondilite, e se proprio non passa, puoi valutarne l’acquisto.
In conclusione, cerca di rispettare il tuo corpo ed ascolta i segnali che ti invia. Se un dolore non passa dopo pochi giorni, probabilmente non passerà da solo dopo alcune settimane.
Hai solo un corpo e ti accompagnerà fino alla vecchiaia, meglio lo tratti e meglio ti premierà.