di Alessandro Mastroluca
“I talenti di oggi fuggono dai Paesi di cultura tennistica come la Russia, grande scuola, sia da altri di minori tradizioni come la Corea. Mi preoccupa chi per soldi va in posti come la Freshwater Academy. Diventa un giocattolo in mano a pochi arrivisti in doppiopetto. Questo sport non è più dialogo tra i popoli”.
La Freshwater Academy, fittizia accademia per giovani tennisti della Florida che si rivelerà un mare nero e non un’oasi chiara e trasparente dove realizzare sogni e passioni, fa da sfondo al primo romanzo di Pierpaolo Renella, Tropical Connection, uscito in ebook per Lettere Animate Editore. Un titolo che inevitabilmente fa venire in mente la Pizza Connection, l’inchiesta portata avanti tra il 1979 e il 1984 dall’FBI in collaborazione con Giovanni Falcone che ha portato a smantellare i legami tra la mafia siciliana e americana nella gestione del traffico di eroina.
Nel libro non si parla di droga, ma di conti fiduciari, di fondi neri, di sospetti crack aziendali, di segreti da non dire tra pedinamenti, avvelenamenti e sparatorie. Lapo Curtaz, la giovane promessa di maggior talento che frequenta l’accademia diventa la guida in questo viaggio nell’industria sportiva del terzo millennio, in cui niente è come appare, in cui tutti hanno un prezzo e niente ha un valore. “Nello sport l’approccio troppo sistematico ha interposto troppi problemi tra l’atleta e la coscienza di sé” si legge in un altro passaggio, in cui riecheggiano l’odio di Agassi per il Drago, la macchina sparapalle costruita dal padre per allenarlo all’interiorizzazione con l’ossessività della ripetizione, e i metodi dell’Enfield Tennis Academy della famiglia Incandenza protagonista di Infinite Jest.
E così come il capolavoro di Foster Wallace non è un romanzo sul tennis, così come in “The art of fielding”, splendida opera prima di Chad Harbach che ha per protagonista una promessa universitaria del baseball non è un romanzo sul baseball, anche in Tropical Connection il tennis fa da collante, fa da tessuto connettivo di una storia che assume i contorni del thriller hard-boiled con accenti Ellroyani.
Il viaggio di Lapo, che ci viene raccontato attraverso gli occhi del reporter Paul Ricaldi, è una road to perdition di un giovane improvvisamente catapultato e intrappolato in una realtà da incubo, con un padre nevrotico e megalomane, un giornalista che sa fare il suo mestiere fa troppe domande e una valigetta con 12 milioni di dollari. È un affresco sul tennis moderno, scosso anche in Italia dalle ombre delle partite truccate e delle scommesse illecite, come le intercettazioni della procura di Cremona disposte nell’inchiesta sul Calcioscommesse hanno tristemente dimostrato. E sull’America di oggi, al tempo della crisi finanziaria e del credit crunch.
Un affresco che arriva da un occhio privilegiato. Perché Pierpaolo Renella, analista finanziario che tiene il blog Main Street su Linkiesta, lavora in banca da circa quindici anni e ha maturato una significativa esperienza internazionale sia nel mercato dei capitali che nell’investment banking. E, si legge ancora nel suo profilo, “crede nel valore di una società fondata sul principio di libertà, sul libero mercato, compreso il mercato finanziario” che Luigi Zingales ha definito “l’elisir che permette al sistema capitalista di ringiovanire continuamente”.
Folgorato fin da piccolo dai Talking Heads e dalla passione per la scrittura, conosce la Florida e il mondo del tennis, ci spiega, sottobosco compreso. “Ho dei cari amici a Pompano Beach e nei miei frequenti viaggi sono entrato in contatto con il mondo del tennis. La Florida fino a dieci anni fa era la capitale mondiale del Tennis, una sorta di Mecca per noi appassionati. Il massimo era l’Orange Bowl nella vecchia location di Flamingo Park a South Beach. Da brividi. L’incrocio con il mondo del betting è avvenuto in Italia, a Milano. C’è stato un periodo in cui mi vedevo per il caffè dopopranzo, quasi tutti i giorni, con uno scommettitore professionista”.
Temi, sottotrame, si susseguono con rapidità, forse anche troppa. Renella infatti ha scelto il formato della short novel per una storia densa, che avrebbe potuto essere sostenuta anche da una struttura meno agile e più profonda. La scelta stilistica però nasce da una convinzione precisa, ci spiega. “Sono cresciuto a pane e Francis Scott Fitzgerald e avevo in mente una struttura simile a quella del Grande Gatsby, dove in 40 mila parole dici tutto. La perfezione della scrittura sta nel breve. Io non sono Fitzgerald, intendiamoci, ma è verso quel modello che voglio tendere”.
L’ambizione è certamente lodevole, la scrittura piacevole, la scelta dei contenuti una scommessa vinta, nonostante una cura redazionale non sempre all’altezza della qualità della scrittura. Comunque, promette Renella, Tropical Connection è solo il primo di una lunga serie. “Paul Ricaldi è un protagonista seriale, come Lazzaro Santandrea nei libri di Pinketts. Ci saranno altri episodi dedicati alle “avventure” di Ricaldi”.
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