“Ho preso tutti i segni per meraviglie e ogni meraviglia per un segno”. Come nell’aforisma di Luke Davies, poeta e sceneggiatore australiano tra i più apprezzati, segni e meraviglie hanno accompagnato Flavio Cipolla, che in Australia ha vinto solo due partite, ma indimenticabili. È un sarto, Flavio, che recupera il tennis antico ma non passato di moda, modellato da autodidatta con papà Quirino che studiava lo slice di Arthur Ashe. Il tennis come forma d’arte, con quel chop stretto e anticipato che fa sempre male, le variazioni col back che mettono in crisi avversari abituati a un gioco schematico e soluzioni standard. Esalta il tennis come geometria e, dopo aver giocato un set alla grande con Nadal al Roland Garros del 2007, due anni dopo inizia la sua prima grande stagione.
“Nel 2009 iniziai subito molto forte” ci racconta, “qualificandomi a Chennai senza perdere un set e vincendo 64 61 con Wawrinka giocando una grande partita”, dopo essere andato avanti di due set contro lo svizzero pochi mesi prima agli Us Open, a un passo dagli ottavi. “Sono quindi arrivato a Melbourne in fiducia e già rodato con dei buoni match alle spalle”. Supera le qualificazioni senza perdere un set contro Olejniczak, Prodon e Kudryatsev. “Eppure non avevo sensazioni buonissime in allenamento”.
Per Flavio, numero 138 del mondo, il sorteggio è subito duro, contro Dmitry Tursunov, “top 30 e testa di serie. Dalla mia avevo il vantaggio che lui non mi conosceva molto, non ci eravamo mai incontrati. Ero sicuramente in palla e sentivo di avere le mie chance”.
Fa caldo, quel giorno, a Melbourne, “molto più caldo dei giorni precedenti. Siamo entrati in campo nel pomeriggio quando il sole era ancora alto”. E Cipolla gioca con una maglia speciale, “in Lycra della Shot, l’azienda di mio papà. Una maglia che ha la caratteristica di tenere molto bene il freddo, è molto consigliata a temperature calde”. È un duello di opposti estremismi, la geometria contro la potenza, l’intelligenza contro la forza. Cipolla crea anche quando difende, e gioca con la libertà di chi non ha niente da perdere. Nel primo set, “ricordo che a causa del calore più intenso dei giorni precedenti avevo qualche problema a controllare la palla, mi scappava un pochino dalle corde”: è 6-4 Tursunov. “Dal secondo set in poi quando è calato il sole mi sono trovato più a mio agio e più in controllo, riuscivo ad arginare meglio il suo servizio e ad essere più incisivo”. Gli slice e i cambi di ritmo aumentano gradualmente i dubbi del russo. Il secondo set non ha storia, 6-2 per l’azzurro, che alla fine del terzo, sul 3-5 e sul 4-5, annulla due set point prima di firmare il 9-7 al tiebreak. “Soprattutto nel terzo e nel quarto set, è stata una lotta furiosa” ricorda. “Nel quarto la situazione iniziava a farsi complicata perché ero sotto di un break (4-2) e avevo un inizio di crampi: infatti ho chiamato una o due volte il fisioterapista al cambio campo. Stavo giocando molto bene ed ero entrato in una sorta di trance agonistica”, che lo porta a chiudere 7-5 al secondo match point. “Ma non ricordo né il match point né quello che ho pensato”.
Il secondo turno è ancora più duro. Dopo la vittoria su Tursunov lo aspetta Tommy Haas, tre volte semifinalista all’Australian Open (1999, 2002 e 2007). “E’ stato bello affrontare un giocatore del suo calibro su uno show court, ma avendo battuto una testa di serie al turno precedente avrei potuto avere un turno un bel po più agevole…” ammette. “C’era molto vento, ma nonostante questo credo che lui abbia giocato molto bene. È entrato molto concentrato, sapeva cosa fare e come affrontarmi. .Ricordo di averlo visto nel riscaldamento la mattina giocare col coach e si allenava a colpire gli slice che gli arrivavano. Sicuramente non mi ha preso sottogamba”. E per Flavio non c’è nulla da fare: 61 62 61 e di nuovo a casa. Ma con una consapevolezza nuova, che lo porta due anni dopo a battere Roddick a Madrid, “la partita più bella che ho giocato, sia per il palcoscenico che per la qualità del giocatore e anche per come è andato il match”.
Il 2012 resta il suo anno migliore, raggiunge il best ranking di numero 70 con la semifinale di Casablanca. Un anno iniziato con un’altra impresa in Australia, un’altra di quelle partite che stravolgono logica, classifica, gerarchie, epifanie del bello dello sport, dove come scrive Eduardo Galeano, il pesce piccolo può ancora mangiare il pesce grosso.
C’è vento, molto vento, a sparigliare destini e fortune nella prima giornata dell’Australian Open. Cipolla è il primo italiano a scendere in campo, contro Nikolay Davydenko, che non è più il tennista “versione playstation” del Masters 2009, e ormai è sceso al numero 52 del ranking. “Sapevo che non era in forma come quando era numero 3. E poi il vento andava a mio favore. In più avevo iniziato l’anno a Doha perdendo al secondo turno contro Tsonga 76 63 essendo stato sopra 53 e avendo avuto 2 set point nel tie break. Quindi sapevo di poter competere con giocatori di alto livello”.
E’ stato un match molto particolare, con 20 break complessivi, 7 solo nel secondo set. “Nessuno di noi due ha un servizio straordinario, soprattutto io, entrambi rispondiamo bene, soprattutto lui, quindi visto il vento,era facilmente prevedibile una partita con molti break”. Cipolla parte bene, allunga 5-2 e toglie il servizio al russo nel gioco che il parziale: 6-4. Ma nel secondo e terzo set l’azzurro è meno incisivo al servizio. Davydenko, che ha battuto Cipolla pochi mesi prima a Montreal e convertirà 9 palle break su 11, alza il livello e firma il sorpasso: vince il secondo 6-4, il terzo 6-3. “Giocava molto bene, con una grande intensità. Non la vedevo benissimo dopo quei due set ma all inizio del quarto ho pensato solo a crederci e a dare tutto perché le cose potevano cambiare e così è stato. Appena gli sono andato sopra lui è calato sia mentalmente che fisicamente e ho vinto facilmente quarto e quinto”. Negli ultimi due set lascia solo tre game all’avversario, chiude 64 46 36 62 61 al primo match-point, dopo 3 ore e 21 minuti.
Dopo quella vittoria, Andrea Scanzi conia per lui il soprannome, decisamente azzeccato, di “Rincoglionitore”. “Avevo letto quell’articolo, mi aveva fatto sorridere. Credo sia abbastanza azzeccato per il fatto che il mio gioco, direi atipico, spesso non fa esprimere al meglio i miei avversari, li fa giocare male (purtroppo non sempre)”.
Anche stavolta, si ferma al secondo turno, battuto 75 76 62 da Feliciano Lopez. Il resto dell’annata è altalenante. Batte Seppi a Marsiglia, lotta alla pari con Tsonga, Gasquet, Tipsarevic. Dopo Casablanca, però, le sconfitte aumentano ma Flavio salva la stagione negli ultimi mesi con i quarti a San Pietroburgo e la finale nel challenger di Saint Remy e chiude l’anno in top-100.
Restano però due perle, due gemme incastonate in una carriera puntellata con la cura michelangiolesca dello scultore che modella la materia e l’adatta al suo istinto. Due vittorie che esaltano lo spirito di Flavio Cipolla: “la mia piccolezza”, come recita un altro degli aforismi di Luke Davies, “resa infinita dall’energia”.
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