di Sergio Pastena
Il titolo, meglio specificarlo, va preso con le molle: non bastano tre vittorie di fila, anche se in un Master 1000, a decretare l’avvenuta maturazione di un giocatore, specie se reduce da una sconfitta oscena nel torneo precedente. Ad ogni modo Grigor Dimitrov ha eliminato Tomas Berdych in quella che è stata la prima grande sorpresa di un torneo fin qui senza grossi sussulti (29 teste di serie su 32 al terzo turno, se non è un record poco ci manca).
Avevamo lasciato il bulgaro ad Indian Wells, dove si era fatto piallare indegnamente da David Ferrer. Lo spagnolo, per un giovane, è uno dei peggiori avversari possibili, ma quello che aveva colpito era stata la prestazione scialba di Dimitrov, quasi al limite della rassegnazione: vagonate di gratuiti, rovesci sparati in rete svogliatamente, servizio fuori fase. Il buon Ferrer non aveva avuto neanche l’occasione di mostrare le sue proverbiali capacità difensive perché l’avversario sbagliava quasi subito.
A Key Biscayne la situazione era parsa da subito differente: esordio in scioltezza con Kukushkin e vittoria al terzo set, recuperando da una situazione di svantaggio, contro Juan Ignacio Chela, un altro tennista tignoso all’inverosimile. La partita contro Berdych, quindi, assumeva la valenza della classica “prova del nove”: non ci si attendeva la vittoria, ma quanto meno una sconfitta dignitosa.
Grigor è andato oltre: la sua partita non è stata, va detto, una sfilata di capolavori e colpi impossibili, ma finalmente il bulgaro ha messo in mostra la cosiddetta “consistenza”, ovvero quella cosa senza la quale nel tennis non vai avanti, anche se hai talento. Nel primo set, estremamente equilibrato, Dimitrov è stato freddo nell’annullare due palle break a un Berdych troppo falloso e, quando ha avuto la sua occasione sul 4-3, l’ha sfruttata alla perfezione, tirando fuori una risposta ai limiti del concepibile su una prima fortissima del ceco.
Il secondo set ha visto Berdych salire subito in cattedra e togliere il servizio all’avversario: quando, sul 3-1, il ceco ha tenuto il servizio annullando due break point all’avversario, il set è praticamente finito. Dopo il 6-2 che aveva pareggiato i conti, quindi, era logico ritenere favorito il numero sette al mondo, che non a caso ha messo pesantemente in difficoltà Dimitrov sulla sua battuta. A quel punto, però, il bulgaro è stato bravo a rimanere in partita annullando tre palle break, una delle quali con un coraggiosissimo ace di seconda di puro piazzamento, che ha spazzolato la riga centrale mandando ai matti Berdych. Poco dopo è arrivato il break decisivo.
Anche tatticamente il bulgaro è stato ineccepibile, tenendo lo scambio da fondocampo e stancando l’avversario con ripetuti back di rovescio profondissimi, che han portato spesso e volentieri Berdych a forzare e sbagliare. A vederlo giocare si capisce bene perché lo abbiano soprannominato “piccolo Federer”: il rovescio è eccelso, sia d’attacco che in back, i movimenti di una fluidità che solo Roger e pochi altri (tipo Malisse) riescono ad avere. A questo va aggiunto un servizio che pare decisamente migliorato, cosa non da poco considerando che era uno dei talloni d’Achille di Dimitrov: in particolare la seconda appare più solida e Berdych ha faticato spesso ad aggredirla. Mouratoglou sostiene che il bulgaro possa sfondare a breve in virtù anche di miglioramenti a livello mentale. In effetti durante il match è stato molto freddo: qualche doppio fallo di troppo (ben nove), ma nei punti decisivi non ci sono stati errori.
Per Dimitrov, alla vigilia del torneo numero 101 del mondo, è la prima vittoria in carriera contro un Top Ten e la prima volta che ottiene tre successi di fila in un torneo del circuito maggiore. Un successo che porta con sè punti e fiducia e tira fuori Grigor da una situazione di empasse che durava da qualche mese. Su Berdych, poco da dire: in questo periodo non è brillante come ad inizio anno e, escludendo la debacle contro Robert nello scorso Roland Garros, non perdeva contro un giocatore fuori dai primi 100 dal 2009, periodo per lui di crisi. A sorprenderlo fu Fabio Fognini (all’epoca numero 108) a Monte Carlo, mentre poco prima il buon Tomas, a Rotterdam, era stato sbattuto fuori a sorpresa da un 17enne che poi al secondo turno aveva tolto un set a Nadal rivelandosi al mondo.
Il suo nome? Grigor Dimitrov.
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