di Sergio Pastena
Nel tennis esiste una categoria di giocatori, abbastanza rara, che potremmo definire “polarizzati”. Sono quelli che, in buona sostanza, riescono a rendere benissimo su un tipo di superficie mentre su altre sono totalmente negati.
Si badi bene, qui non si parla dei cosiddetti “terraioli” che però riescono a raggiungere buoni risultati e fare punti anche sul cemento, né di tipi come Murray che magari la terra non la amano ma, in virtù del proprio talento, fanno semifinale al Roland Garros. No, qui si parla di giocatori come il francese Mahut, una scheggia sull’erba ma a livelli da Challenger se messo sul rosso (no, la vittoria contro Roddick a fine carriera non cambia niente). In senso inverso, ci sono tanti terraioli che rendono solo ed esclusivamente sul rosso e noi abbiamo uno degli esempi più clamorosi: un esempio che risponde al nome del nostro veterano Filippo Volandri.
Perché parliamo di Volandri? Beh, la vittoria nelle Atp Challenger Tour Finals sarebbero già un buon motivo per parlarne, ma a questo giro il motivo è la Coppa Davis, e per la precisione il primo turno che giocheremo a fine gennaio contro l’Argentina. A dispetto dei pronostici di tanti, infatti, la nazionale albiceleste giocherà contro di noi sulla terra battuta e questo ha rimesso in gioco prepotentemente Filo. Ma prima un piccolo flashback.
La disfatta africana
19 settembre 2003: ad Harare, in Zimbabwe, si gioca lo spareggio per non retrocedere nel Group II mondiale.
I nostri avversari non sono più la formazione che nel 1998 aveva stupito il mondo andando a battere a domicilio l’Australia nel primo turno del World Group per poi essere battuti proprio da noi nel secondo: Byron Black si è ritirato, Wayne ha trent’anni e Ullyett è un ottimo doppista senza grossi spunti in singolare. Stavolta si gioca in Africa sul duro, e le nostre classifiche in teoria parlerebbero chiaro: solo due gli atleti nei Top 100, Volandri al numero 48 e Sanguinetti al 96. Qualcuno, però, prova ad avvertire: attenzione, sul duro Volandri non vale i Top 100…
La scelta in realtà non è semplicissima per Barazzutti: Galimberti da qualche mese ha risultati “moscetti”, Pescosolido ha timbrato da poco un quarto di finale Challenger sul veloce, ma a 32 anni rischiarlo sui cinque set potrebbe essere un azzardo. Ancora imberbi tanti giocatori alle proprie spalle, alla fine capitan Barazza segue le classifiche e manda in campo Filo. Il primo singolare è contro Ullyett e il disastro si materializza in un batter d’occhio: Volandri vince un set contro il meno quotato avversario, al massimo numero 107 del mondo in singolare, poi ne perde tre di fila. Wayne Black demolisce Sanguinetti, il doppio è pura formalità e noi retrocediamo nel secondo gruppo.
Il giorno dopo mezzo tennis italiano chiede teste sparse, da Barazzutti a Binaghi: era stato l’Italia-Zambia 0-4 del tennis.
Per un punto Martin perse la coppa…
L’Argentina ha scelto ed ha scelto a sorpresa: stretta tra un Del Potro al massimo sul cemento e altri giocatori decisamente di più a proprio agio sulla terra, alla fine han scelto il rosso. Il ragionamento deve essere stato del tipo “Vabbè, tanto Del Potro anche sul rosso parte favorito, così ottimizziamo le chance del secondo singolarista”.
Mesto errore, se è vero che Delpo non l’ha presa bene ed è partito un caso diplomatico mica da ridere: l’argentino ha annunciato che non prenderà parte alla sfida e ha accusato la Federazione di non averlo assolutamente consultato nelle scelte. E così per l’Italia si apre all’improvviso un varco: con Delpo fuori salvo ripensamenti e Nalbandian andato in pensione col sogno della Davis rimasto tale, adesso i primi due argentini risponderebbero ai nomi di Carlos Berlocq e di un Juan Monaco sempre pericoloso ma non al meglio, seguiti a ruota dalle alternative Delbonis e Zeballos. Quanto basta per tentare il colpaccio, potendo contare su due singolaristi dalla classifica migliore e tutt’altro che a disagio sulla terra.
Qui si apre il capitolo Italia.
Ritorno in grande stile?
Difficile, va detto, che Volandri possa arrivare a scalzare Fognini o Seppi, ma se tanto ci dà tanto il terzo del ranking, al momento, è lui ed è al numero 70. Insomma, si potrebbe prospettare un ritorno mica da poco. L’ultima volta che Volandri ha giocato in Davis è stata nel 2010, contro la Bielorussia: vittoria in un singolare ininfluente contro Vasilevski, niente da ricordare.
In precedenza, però, c’è stata una storia breve ma intensa, fatta di molti bassi e qualche altro. La sconfitta epica con Nadal nel 2006, dopo aver battuto Robredo, l’incolpevole crollo contro Ullyett, i due schiaffi presi in Marocco da El Aynaoui e Arazi, l’impresa al quinto contro Ivanisevic al Foro Italico, purtroppo inutile.
E ora? Beh, un ritorno sarebbe un giusto premio per un giocatore dato da anni per morto dai becchini professionisti, accusato di fame di celebrità al punto da essere dipinto come un Francesco Coco del tennis, antipatico a tantissimi ma che, smentendo tutti, ha saputo rialzarsi creando un finale di carriera più che dignitoso, con tanto di rientro nei Top 100 e inattesa finale a Sao Paulo nel 2012.
La meriterebbe, non trovate?
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