di Marco Mazzoni
Le partite di tennis non sono tutte uguali. Certi momenti in una vita sportiva rappresentano un crocevia, un passo in avanti, una svolta. Oppure un crollo, una discesa. La fine. Per capirlo basta ascoltare le parole dei vari big della racchetta, che rispondendo a precisa domanda su quando hanno capito di “potercela fare”, di potersi sedere al banchetto dei grandi, rispondono sempre con una data precisa, un match scolpito nella memoria. Magari anche perso, ma che ha segnato la vita sportiva in modo indelebile. Sono quelle partite in cui il giovane è riuscito per la prima volta in modo consapevole a tirar fuori dalla propria racchetta tutto il proprio potenziale, a volte anche ad andare oltre, giocando con la lucidità e serenità che deriva dalla consapevolezza. La conferma di uno scatto di crescita, e che il domani sarà diverso.
Questo per esempio accadde a Federer il 2 luglio 2001. Sul centrale di Wimbledon, quello che diventerà il “suo” campo, quel giorno un 19enne Roger sfidò il Re dei Championships, Pete Sampras. In un match passato alla storia il campione americano fu superato dal talentuoso svizzero in 5 set. Federer scoppiò in lacrime, mentre Sampras uscendo dal campo con volto scuro intuì immediatamente che si era chiusa un’era, e che a breve si sarebbe aperta quella del suo giovane rivale.
Ieri sera Grigor Dimitrov ha sconfitto in match epico, segnato da mille episodi e colpi di scena, il n.1 Novak Djokovic. Perché la similitudine con il match Federer – Sampras? E’ la prima sensazione che ho avuto, appena terminato il match. Non sarà questa volta un passaggio di consegne. Intanto Madrid non è Wimbledon; Djokovic è tutt’altro che sul viale del tramonto, anzi… ha un’occasione forse irripetibile quest’anno di lottare per un clamoroso Grande Slam, se mai riuscirà a battere Nadal sulla terra parigina. E Dimitrov ha ancora parecchia strada da fare per crescere e potersi sedere a quel famoso banchetto tennistico vip. Però la vittoria del talento bulgaro di ieri sera in terra iberica pare proprio esser uno di quei match turning point, quello che ti può cambiare una carriera. E non solo per la vittoria.
Recentemente avevo già parlato di Dimitrov, dopo i due Master 1000 Usa di primavera, in cui il bulgaro aveva affrontato con coraggio Nole e Murray, dando segnali di grande tennis ma anche di non riuscire a giocare il suo miglior tennis per più di un’oretta, e crollando nei tiebreak per eccesso di voglia di vincere. Dopo un mese a Monte Carlo altro test coi fiocchi, Nadal sulla sua terra preferita, dove era di fatto imbattuto. Aver assistito dal vivo a quell’incontro è stato un privilegio, un’orgia di momenti tennistici alti, di giocate stupende e di emozioni. Nadal se la cavò, ma il modo in cui Dimitrov riuscì ad imporre il suo gioco per un’ora al più grande terraiolo dell’era moderna non lasciò indifferenti. Fu un altro segnale importante della crescita di Dimitrov, che il ragazzo stava imboccando la strada giusta, che i vari tasselli di un talento cristallino stavano trovando il loro posto.
La partita di ieri sera contro Djokovic è stata la conferma definitiva dello scatto di crescita di Dimitrov. Non solo per la vittoria, ma per come è arrivata. Vero che le condizioni a Madrid sono molto particolari, che in altura la palla viaggia di più, che quel campo seppur non blu è a dir poco veloce e instabile, mettendo in difficoltà uno come Nole che scarica a terra un’enorme potenza; ma queste condizioni c’erano per tutti e due i contendenti, e l’esperienza e maggior “cattiveria” agonistica del n.1 avrebbero dovuto aiutarlo nelle difficoltà. Invece Dimitrov ha giocato una partita stupenda sul piano tecnico, generosa su quello fisico e straordinaria sul piano mentale.
Tecnicamente Dimitrov è stato superbo nel tenere sulla diagonale del rovescio, contro quello che è oggi il miglior rovescio del circuito. Bravo a reggere lo scambio con rovesci in top quasi mai cortissimi, incredibile il bulgaro per l’uso del back, vera arma che ha spesso destabilizzato il piano tattico di Djokovic. Erano anni che vedevo un rovescio tagliato ad una mano così efficace come quello di Dimitrov: una rasoiata secca, in assoluto controllo, con la palla che galleggia maligna depositandosi senza peso nei pressi della riga, difficilissima da rimandare con forza e da raccogliere sotto con un classico top spin. Inoltre la meccanica esecutiva, così snella e con un uso del polso strepitoso, consente a Grigor di mascherare fino all’ultimo la traiettoria, tanto da sorprendere Djokovic alternando cross tagliati lunghissimi, tagli lungolinea millimetrici che quasi non rimbalzano, e improvvisi back stretti a tagliare le gambe del rivale. Enciclopedico. Era da tempi di Edberg che forse non si vedeva ad alto livello un rovescio in back così efficace.
Inoltre Dimitrov è stato superbo per la capacità di tenere il palleggio in forcing del n.1, non buttando quasi mai via lo scambio, anche nelle condizioni di massima fatica, e riuscendo anzi spesso ad accelerare col dritto con botte lungolinea improvvise, spesso vincenti o capaci di ribaltare l’inerzia dello scambio. Capacità quindi tecnica ma anche fisica (enormemente cresciuta la sua resistenza in campo e il footwork è notevolmente migliorato) e mentale, per la applicazione, la capacità di soffrire restando lucido e concentrato.
Non ingannino i crampi che ancora una volta l’hanno colpito sul finire del 2° set: sono soprattutto crampi da stress, da tensione. Un aspetto che migliorerà con l’esperienza, anche se consiglierei di rivedere in parte quegli insistiti allunghi in recupero, che tendono a scatenare proprio la meccanica dei crampi.
E’ stato il classico match che può davvero segnare la carriera di Dimitrov. Attenzione: da giovedì non vi aspettate vittorie continue. Sarà forse naturale un periodo di assestamento, con altri alti e bassi, magari qualcuno pure clamoroso. E come scritto recentemente, sulle spalle del talento dell’est pesano moltissimi dei tifosi di Federer, che atterriti dal prossimo ritiro del loro idolo aspettano l’arrivo di Grigor come quello di un Messia, a salvarli da un tennis troppo arrotato e monocorde.
Però il match di ieri ha certamente dato a Dimitrov non solo una vittoria prestigiosa, ma la conferma che la strada intrapresa è quella giusta. Che il momento è d’oro e deve continuare a spingere sull’acceleratore per aumentare la cilindrata del suo tennis, ossia il “minutaggio” in cui riesce a giocare al top. Che il suo tennis è tutt’altro che antico e “superato”. Che il suo talento cristallino può portarlo a vincere contro i grandi campioni nei grandi palcoscenici. E, detto da un amante dei “gesti bianchi”, che si può ancora vincere con tennis classico, vario e offensivo, portando un pizzico di diversità in un mondo troppo standardizzato.
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